martedì 10 marzo 2009
Oggi e domani con le gare di ritorno degli ottavi di finale il triplice confronto con il calcio britannico. Ma Juve, Inter e Roma arrivano con troppi infortuni. Il dottor Volpi: «Stress e troppa competitività interna le cause degli incidenti» E il Times ci deride: «Ormai il calcio italiano è senza denti».
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Siamo all’ultima curva della stagione internazionale, ma negli ultimi 90 minuti degli ottavi di Champions, le no­stre tre “grandi sorelle”, Inter, Juve e Roma, rischiano di finire a bordo pista. E dopo 7 anni, il calcio italiano si ritrove­rebbe senza una squadra ai quarti di finale in Europa. «Che gli infortuni non siano un alibi», proclama Arrigo Sac­chi. Ma ad alimentare i timori della vigilia, oltre ai preceden­ti sfavorevoli (non battiamo le inglesi da due anni e non fac­ciamo loro gol da 9 partite di fila) ci si mettono pure gli inci­denti di percorso dell’ultima ora. Al pienone dei due stadi O­limpici di Roma e Torino, risponde anche il tutto esaurito del­le infermerie di giallorossi e bianconeri. La Roma ha 5 gioca­tori fuori uso. Cicinho rischia 6 mesi di stop (infortunio al gi­nocchio) e contro l’Arsenal, con un Totti ancora a mezzo ser­vizio, a centrocampo si potrebbero far sentire le defezioni pe­santi di Perrotta e Pizarro. Ranieri alla Juve rischia di fare an­che il record di infortuni stagionali. Con la rottura del piede di Sissoko (nel derby con il Torino) e il numero dei casi di “crac” - muscoli, ossa e affini - sale a quota 54. Appena due in meno dei punti in classifica della Juve che con il Chelsea non disporrà di 6 titolari (forfait fina­le di Legrottaglie). Anche Mourinho a 48 ore dalla sfida decisiva di Old Trafford ha poco da sentirsi speciale, visto che deve risolvere il problema difesa: Chivu, Materazzi e Burdisso neppure voleranno a Manchester. Ancora una volta, nel periodo agoni­sticamente più caldo, siamo costret­ti a registrare il fenomeno, apparen­temente solo italiano, delle rose infi­nite che si assottigliano di giornata in giornata, causa ko epidemici. Secon­do il professor Carlo Vittori, gli infortuni a catena sono legati alla preparazione atletica non necessaria per quei giocatori che sono già in forma. «Questi calciatori – spiega il prof. Vittori – nei momenti di calo hanno bisogno di distogliere la loro at­tenzione da comportamenti pedissequamente ripetuti e te­diosi, perché quando sono stanchi e tediati rischiano di farsi tutti i mali possibili ed immaginabili». La debolezza psicologica è la causa scatenante anche per il dottor Piero Volpi (Consulente medico dell’Aic) che però tie­ne a precisare: «I dati sull’incidenza di infortuni dei nostri club rispetto a quelli inglesi, non sono così distanti come si vuol far credere. Tanto per rifarci all’Arsenal, Adebayor e Fa­bregas sono stati fuori per 4-5 mesi e nessuno a Londra ha gridato allo scandalo. In Italia invece si punta spesso il dito sui medici sportivi per via dei tempi di recupero che si “al­lungano” dopo un infortunio. Ma nessuno dice che a 20 an­ni il tempo di recupero si dimezza rispetto a quello che oc­corre a un giocatore di 30. Le rose dei nostri club impegnati in Champions hanno un’età media di 29 anni contro i 24-25 di quelli inglesi che negli ultimi tempi ci sono stati superio- ri anche per una maggiore freschezza fisico-atletica. Non e­siste poi una partita in cui si respiri una pressione mediati­ca e in campo così elevata quanto quella di una gara di Serie A. Nelle nostre rose “ipertrofiche” l’elevata competitività in­terna comincia ben prima della gara ufficiale, visto che già in allenamento si verificano un gran numero di infortuni mu­scolari. Nella Premier, stress e pressione sono gestiti meglio, con un “terzo tempo” reale e non virtuale come accade in I­talia. Serve lo psicologo? Il miglior psicologo è l’allenatore che deve smussare le tensioni e trasmettere la giusta tran­quillità a ogni componente della squadra. E poi non dimen­tichiamo il “fattore campo”, inteso come le condizioni pieto­se dei nostri terreni di gioco che non sono mai curati e tan­to meno riscaldati come quelli della Premier dove si gioca lo stesso numero di gare in notturna». Argomentazioni che se arrivassero al “Times” potrebbe rin­carare la dose sui club italiani definiti ieri «leoni senza denti». Secondo la stampa britannica «non c’è nulla da temere» con­tro le nostre formazioni. Gli inglesi si sentono di nuovo i pa­droni del mondo, almeno nel calcio. «Perchè lottare, sudare e spendere per arrivare tra le prime 4 in Premier League se poi, in Champions, bisogna rigiocare contro una delle 3 squadre connazionali, con una finale come quella di Mosca (Man­chester United-Chelsea) che somiglia in maniera sospetta ad una 39ª giornata di campionato giocata all’estero?». Insom­ma secondo i tabloid del Regno le nostre squadre stanno per andare incontro al destino degli “zero titoli” stagionali di Cop­pa. Ora abbiamo capito chi ispira le conferenze settimanali di Mourinho.
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