giovedì 10 novembre 2011
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​«L’industria musicale sarebbe pronta a mollare i cd entro la fine del 2012». A rivelare quello che definisce «un piano segreto internazionale» è la rivista online Side-Line, rilanciata in Italia da Rockol. Di ufficiale, non c’è nulla. Ma la rivista ne è sicura: «il piano prevede la sostituzione quasi totale dei compact disc con la musica in streaming e in download distribuita attraverso piattaforme come Spotify e iTunes». L’industria discografica internazionale non conferma e non smentisce. Mentre quella italiana, per bocca di Enzo Mazza, presidente di Fimi, ci dichiara: «Il cd durerà ancora anni.È uno dei prodotti più versatili e a basso costo. Ancora oggi rappreseneta il 50% del venduto (in Italia il 75%)». Anche l’autorevole rivista americana Billboard la pensa così: «L’industria discografica continuerà a dipendere per anni sulla vendita di supporti fisici. Non ha senso alcuna eutanasia del supporto, finché c’è così tanta gente che lo vuole». A confermare entrambi c’è una ricerca dell’americana Gartner, che proietta per il 2015 uno scenario in cui la musica digitale varrà complessivamente 7,7 miliardi di dollari (contro i 6,3 miliardi di fine 2011; nel 2010 erano 5,9) mentre quella "fisica" calerà in valore da 15 a 10 miliardi di dollari: restando comunque la fonte di ricavi più importante per le case discografiche con un margine di circa il 30 per cento. Eppure che il mondo dei compact disc sia in crisi, lo dimostra in Italia anche il caso della Ims, una delle più grandi aziende italiane che producono cd e dvd, ora a rischio chiusura dopo la richiesta di messa in liquidazione decisa dalla proprietà. «La faccenda è seria e io ci posso fare poco... ma posso dare visibilità ai lavoratori» ha scritto Vasco Rossi, al quale gli operai a rischio si erano rivolti. Insomma, si vendono sempre meno cd e gli mp3 a pagamento si vendono troppo poco. E allora, come finirà? Ciò che nessuna ricerca ufficiale vi dirà è qual è una delle strategie dell’industria per aumentare i fatturati a fronte del calo delle vendite: produrre sempre più compact disc in edizione limitata e deluxe destinati al pubblico dei fan e dei collezionisti e per questo venduti a prezzi da capogiro. Cioè, da tre a dieci volte il costo di un cd normale. Detta così, sembra una follia. Ma basta andare in un negozio per capirlo. Nelle ultime settimane sono uscite le ristampe in costosi cofanetti deluxe di Dark side of the moon e Wish you were here dei Pink Floyd, Nevermind dei Nirvana, Achtung baby degli U2, Quadrophenia degli Who e Aqualong dei Jethro Tull; per non parlare di Smile dei Beach Boys o del doppio cd speciale, con doppio dvd di Peter Gabriel o del cofanetto (costosissimo) con tutta la discografia dei Pink Floyd rimasterizzata. Insomma, i compact disc non moriranno domani, ma dopodomani. E il merito sarà dei nostalgici che già hanno fatto una gran fatica digerire la morte dei vecchi vinili e l’arrivo del piccolo dischetto digitale chiamato compact disc.
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