Il grande affresco del ’600 restaurato sulla facciata della Matrice Vecchia di Castelbuono. Rappresenta l'Assunzione della Vergine
«Finalmente si dà luce e colore a un dipinto che prima era lasciato alla libera interpretazione di chi passava, con quei volti sbiaditi, segnati dal tempo, fragili, anonimi. Un’opera d’arte destinata a finire per sempre torna invece a parlarci. E lo fa magnificando l’ignoto e la bellezza che ha prodotto. L’ignoto autore che ci regala una visione straordinaria degli apostoli nella scena dell’Assunzione di Maria. E che possiamo ammirare adesso ogni giorno passando da questa incantevole piazza». Monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, parla con il cuore. È fuori dal suo territorio pastorale, ma qui è di casa. Perché a Castelbuono, in provincia di Palermo, è nato settant’anni fa e al suo papà, Antonio Mogavero Fina, si devono le pagine di storia su cui si può leggere il passato e la memoria della città. Insieme all’arcivescovo emerito di Palermo, il cardinale Paolo Romeo, Mogavero ha presenziato, suggellandola solennemente, all’inaugurazione del restauro dell’affresco della prima metà del XVII secolo che campeggia nel portico della facciata della Matrice vecchia, la chiesa di Maria SS. Assunta risalente al XIV secolo, nel cuore del comune palermitano. Un gioiello riscoperto grazie al prezioso lavoro di restauro realizzato da Michele e Angela Sottile, padre e figlia uniti dalla passione per il recupero dei beni artistici con il loro laboratorio Poliarte che da 35 anni opera nel territorio. Intervento sostenuto finanziariamente dall’azienda dolciaria Fiasconaro conosciuta in tutto il mondo per i suoi panettoni “made in Sicily” che a Castelbuono rappresenta un vivo esempio di mecenatismo e di sviluppo territoriale: «Da sempre cerchiamo di valorizzare le materie prime di qualità provenienti dalla Sicilia. Guidati dallo stesso amore per la nostra città, con i miei fratelli e l’intera azienda – ha detto Nicola Fiasconaro –, abbiamo voluto contribuire alla rinascita di questo storico affresco. Mi riempie il cuore di gioia vederlo oggi splendere di nuova bellezza». Così nell’antico borgo medievale posto sui pendii del Parco delle Madonie, lo scorso weekend si poteva vivere e respirare aria di festa. In coincidenza con le giornate del Fai non sono mancate iniziative, i musei aperti, i giovani ciceroni sparsi in tutti i luoghi culturali per accogliere i numerosi visitatori e turisti. L’inaugurazione dei lavori di restauro dell’affresco di Santa Maria Assunta era di certo l’evento più atteso. Temperatura fredda, le nuvole cariche di pioggia e alle spalle la neve sui monti, anche con l’ingresso della primavera: eppure quando il parroco, don Angelo Calì, ha avviato la cerimonia, davanti al vicesindaco, Anna Maria Mazzola, e alle autorità della zona, ecco che un raggio di sole ha illuminato la chiesa della Matrice vecchia e l’opera d’arte, permettendo di ammirare in tutto il loro splendore e la loro luce i colori del dipinto ritrovato. Un segno.
La scena raffigura l’Assunzione della Vergine, così come descritta nel Nuovo Testamento. «Con grande sorpresa – ha detto la restauratrice Angela Sottile, che è anche presidente del Museo Civico di Castelbuono – l’intervento di pulitura ha portato alla luce elementi e figure prima illeggibili, come alcuni apostoli, dai volti definiti e meravigliati, ma anche putti e una figura con il manto rosso, probabilmente Gesù, di cui si intravede il piede, accanto alla Vergine. Tra le figure riscoperte spicca per interesse e particolarità quella di un’anziana donna, in cielo, alla destra del dipinto, con le braccia incrociate al petto. La ricerca di fonti ha permesso di dar forza a quella che inizialmente era solo un’intuizione: sant’Anna, la madre di Maria, assiste all’Assunzione in Cielo della figlia in un’iconografia insolita che trova senso nel contesto storico in cui il dipinto veniva realizzato e, soprattutto trova conferma nella plurisecolare e sempre viva devozione del popolo di Castelbuono per la Santa, patrona del paese» (si consideri che nella Cappella Palatina del Castello dei Ventimiglia, dal 1454, è custodita una importantissima reliquia di sant’Anna, il teschio). L’affresco – ha evidenziato lo storico dell’arte Gaetano Bongiovanni della soprintendenza di Palermo riprendendo la storiografia locale per la penna proprio di Mogavero Fina – è opera di «ignoto quanto maestro del pennello, vigoroso, espressivo, che potrebbe chiamare in causa la scuola del rinomato monrealese Pietro Novelli».
Un dipinto dunque giustamente da salvaguardare e da valorizzare. Invece versava in gravissime condizioni di conservazione. «L’intonaco – ha spiegato Massimo Sottile, che si è formato nei laboratori di Brera, fra gli anni Sessanta e Settanta – si presentava quasi del tutto rigonfio con gravi difetti di adesione al supporto murario. Le sacche vuote interne costituivano un reale pericolo di caduta del dipinto, come già verificatosi in ampie zone dell’opera. Le estese lacune sono state in passato rappezzate con malta. I numerosi fori, stuccati grossolanamente in un precedente intervento degli anni Settanta, sono riferibili probabilmente alla plurisecolare abitudine di affiggere festoni di edera e alloro sulla parete della chiesa durante varie celebrazioni e soprattutto per la festa di sant’Anna per creare una ricca scenografia ». «Le operazioni di restauro – ha aggiunto la figlia Angela – sono state dunque mirate al consolidamento degli intonaci. La pulitura ha permesso di ridare vita alla figurazione liberando la superficie pittorica da uno strato grigio che rendeva impossibile la lettura della scena dipinta. Grazie all’intervento finale di integrazione pittorica eseguito con materiali inalterabili e compatibili e con tecnica riconoscibile secondo i dettami dell’odierna metodologia del restauro, è stato possibile eliminare visivamente le numerose lacune, donando finalmente al dipinto unità e leggibilità e riconsegnando così un bene artistico alla comunità che aveva poco a poco nei decenni smesso di guardarlo fino quasi al punto di dimenticarlo ».
Adesso l’affresco domina la piazza. Icona di una memoria ritrovata. Simbolo di rinascita, del fermento di una città che negli ultimi anni ha saputo diventare attrattiva, con interessanti iniziative culturali e stimolanti proposte per i giovani che qui riescono a esprimersi senza essere costretti alla diaspora dell’emigrazione. Non è quindi un caso che Castelbuono con il suo Castello, il Museo Civico e il suo patrimonio artistico faccia parte delle del programma di Palermo Capitale della Cultura 2018. «C’è in questi progetti l’impegno – ha detto il cardinale Romeo – di consegnare al futuro quello che abbiamo ricevuto dai nostri padri. E c’è quello stile, caro a don Pino Puglisi, del “se qualcuno fa qualcosa”... Qui c’è qualcuno che ha voluto fare qualcosa per la città. Nella piazza, cuore di convergenza della gente». Per ritrovarsi davanti a un dipinto. Di autore ignoto. Ma non più anonimo.