Maria Bordoni con alcuni dei bimbi di cui si prese cura - .
Ci sono i tratti della spiritualità ecclesiale e mariana della Venerabile Maria Bordoni, anche nel suo influsso su noti “preti romani”– il fratello teologo Marcello, studioso di cristologia; Domenico Dottarelli, con lei cofondatore dell’Opera Mater Dei; l’erudito Giuseppe De Luca, fondatore delle Edizioni di storia e letteratura, e altri – nel nuovo volume di Nicola Ciola, teologo, già decano alla Lateranense ( Al centro il sacerdozio di Cristo; Cittadella, pagine 378, euro 23). Pagine che avvicinano a una figura da scoprire o riscoprire, ai sodalizi da lei intessuti a beneficio della comunità, alla sua ricerca del carisma mariano nel sacerdozio, ai doni mistici da lei celati sui quali si espressero personaggi come il medico e ministro Antonino Anile, il gesuita Riccardo Lombardi o il frate grafologo Girolamo Moretti, il mariologo padre Gabriele Roschini o il teologo padre Réginald Garrigou- Lagrange. Tutti concordi nei loro giudizi favorevoli sulle virtù e le manifestazioni soprannaturali di Maria Bordoni che, ventiduenne, dal 1938, sottolinea Ciola, «fece esperienza anche fisicamente delle piaghe delle mani di Gesù».
«Il fenomeno delle trafitture del corpo di Gesù si ripeté spesso e l’accompagnò un po’ per tutta la vita con dolori alla testa, al cuore, ai piedi. Voleva essere come una lampada che si consuma, desiderava essere compagna nel dolore di Gesù, offrirsi come 'vittima', vivere una 'passione di offerta' e tutto questo per immedesimarsi a Cristo-Sacerdote che si fa offerta di immolazione per il genere umano», continua Ciola: spiegando che Maria Bordoni faceva questo affinché i sacerdoti fossero illuminati dallo Spirito. Un impegno di vita, rinnovato in pellegrinaggi a Loreto con alcune compagne, sfociato dapprima in una professione religiosa privata nel ’39, poi resa perpetua nel ’41, infine nella direzione come “sorella maggio-re”, nel ’43, della Piccola opera Mater Dei, costituitasi nel frattempo. Configuratasi inizialmente come Fraternità laicale domenicana e solo nel ’92, quattordici anni dopo la morte di Maria, come Istituto religioso di diritto diocesano.
«Finalmente mi sono legata a Gesù per sempre con i tre voti; ora Egli è tutto mio e io sono tutta sua, sono la sua piccola sposa, nessuno più mi potrà separare da Lui... bruciami con le fiamme del tuo amore, poiché mi sono legata a Te anche con il voto di vittima!», così scrive Bordoni sul suo Diario spirituale (inedito) nel ’39. Senza fermarci qui sulla dimensione mistica o i segni che l’accompagnarono, non più importanti della precoce disponibilità alla condivisione delle gioie e sofferenze altrui, del suo amore all’Eucarestia e alla preghiera di cui fu intrisa la sua spiritualità responsabilmente incarnata nella vita quotidiana, fra contemplazione e azione a favore dei piccoli e dei poveri, ciò che colpisce in questa storia di santità tra l’Esquilino e i Castelli Romani, è un duplice dato: lo spazio rilevante occupato dalla missione particolare verso i sacerdoti in unità di amore per la Vergine delineato già nella fondazione di “Mater Dei”; la vasta presenza di religiosi e presbiteri con i quali fu in contatto.
Qui sottolineiamo quello con don De Luca, sacrificando il rapporto con il fratello Marcello e la sua esperienza ecclesiale e intellettuale, che nel volume è al centro di un lungo capitolo che ne scandaglia il “sentire spirituale” come “forma” del credere e la teologia soteriologica della Croce, pensata insieme a una teologia della Risurrezione. Un rapporto, quello col sacerdote-intellettuale, ben documentato dall’epistolario del quale si conoscevano schegge nella biografia scritta da monsignor Giovanni Antonazzi per la Morcelliana nel 2000. De Luca conobbe Maria nel ‘52, quand’era già minata nella salute, e non se ne distaccò sino alla morte, pronto ad assorbirne consigli come «Chi lavora con pazienza e perseveranza in profondità mette le nuove radici, e farà perciò molto per il Regno di Gesù anche se tutto rimarrà nell’ombra» (così scrive Maria a don Giuseppe il 23 agosto 1953.) Dal loro carteggio, osserva Ciola, si nota quanto nella Bordoni fosse spiccato quel «carisma profetico », fondato sul «sacerdozio battesimale » e che implica il «discernimento degli spiriti». E si avverte che davvero Maria fu per De Luca «la stella» della sua «navigazione». Leggiamo in una lettera spedita dai Grigioni a fine anni Cinquanta: «Quando verrò da lei, mi ritenga a suo pieno e perpetuo servizio: le faccio tutto quello che posso fare (…). Ma anche lei mi aiuti. Alcune volte sono pazzo di solitudine e di terrore. (…) Non perda più tempo a scrivermi, anche perché voglio tornar presto a casa: ma se può e quando può dica lei al Signore che vorrei amarLo anche io, e non so come sia, resto sempre fuori di casa al freddo e al buio». E in un’altra successiva da Bressanone: «Cara Maria (…) Sono giornate di paradiso, per quel che è il tempo; e io non riesco ancora, sali sali, a toccar l’orlo del pozzo di stanchezza nel quale ero caduto. Porto con me la certezza dell’amore di Dio, e ahimè quella del mio d’amore: chi vincerà? Sono tuo aff.mo dGDL».