Che «la musica in tempi di crisi aiuta ad andare avanti» suona come una frase buona per molte occasioni. Andrea Bocelli, però, non si ferma qui. E accusa: «Oggi questo effetto è vanificato in quanto quotidianamente siamo di fronte a un abuso di musica: musica in auto, in ascensore, al ristorante mentre si mangia. E il rischio è che a teatro la gente non si accorga più della musica». Il tenore toscano, da sempre diviso tra pop e lirica, è a Palermo dove sta provando il Faust di Gounod che canterà al Teatro Massimo il 20 marzo. «Debutto in un ruolo – racconta il cantante – che sogno da sempre perchè, prima di tutto, sono un grande appassionato d’opera».
Scusi, Bocelli, vuole dire che se avesse potuto scegliere avrebbe fatto solo il cantante lirico? Senza alcun dubbio. Poi, però, la mia storia mi ha portato su altre strade. Sfido qualsiasi collega onesto a dire che al mio posto avrebbe chiuso la porta al pop. Certo la prima volta a Sanremo ero molto in imbarazzo tanto è vero che ho portato un pezzo ibrido, a metà tra lirica e pop. Poi ho trovato un mio stile.
Ma questa formula, che nel mondo funziona, in Italia fatica un po’ a decollare. Penso che, però, dipenda non da una diversa sensibilità del pubblico, ma dal fatto che agli inizi della mia carriera ho trascurato l’Italia per ragioni meramente commerciali. Quest’anno, con i concerti nelle piazze, sono tornare a girare la mia terra. La risposta della gente è stata positiva tanto che sto già pensando al bis.
Nel frattempo vuole anche conquistare un pubblico colto come quello dei teatri d’opera. La parola conquista non mi piace anche perché ritengo che il pubblico è sempre stato dalla mia parte sostenendomi nelle scelte che ho fatto.
Qualcuno, però, di fronte alle sue incursioni nella lirica storce il naso. Lo fanno certi critici: ed è giusto che sia così perché non si può piacere a tutti. Ma dovranno farsene una ragione perché non smetterò di cantare l’opera.
Il «Faust» di Palermo sarà in forma di concerto, senza scene e costumi. Una scelta per far fronte ai tagli? In questo caso no: era già previsto prima della riduzione del Fus. Una scelta che, però, non mi dispiace perché mi consente di registrare meglio l’opera. Non c’è ancora un progetto preciso. Nel cassetto ho già pronto
Andrea Chenier di Giordano.
Certo, i suoi progetti, dovranno fare i conti con la difficile situazione in cui si trova la musica classica. Inevitabilmente. E questo mi dispiace: se siamo arrivati a questi punti è perché qualcuno ha fatto scelte sbagliate sprecando soldi. È ora che si faccia un mea culpa e si riparta. Certo in Italia non si può pensare di non fare più l’opera: occorre cercare altre soluzioni.
Lei, andando a cantare il 27 marzo al festival di Abu Dhabi, una soluzione sembra averla trovata. Affidarsi agli sceicchi milionari che nel paese degli Emirati arabi radunano i grandi nomi della musica (oltre a Bocelli concerti con Angela Gheorghiu e Jonas Kauffman, ndr). Ritengo che la musica vada dove le vengono aperte le porte: sarebbe un peccato rifiutare. Io porterò l’opera, ma anche il mio ultimo disco,
Incanto.