lunedì 12 aprile 2021
Presentata la nuova edizione, dal titolo “How will we live together?”, che il prossimo 22 maggio: «Clima, migrazioni e disuguaglianze al centro: sono i problemi che hanno generato la pandemia»
Arquitectura Expandida, "La Casa de la Lluvia [de ideas"]", spazio comunitario culturale e ambientale a Bogotá. Autocostruzione, 2012 - in corso

Arquitectura Expandida, "La Casa de la Lluvia [de ideas"]", spazio comunitario culturale e ambientale a Bogotá. Autocostruzione, 2012 - in corso - Arcquitectura Expandida/LaBiennale

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Una «Biennale espansa». Definisce così il curatore Hashim Sarkis la 17ª Mostra internazionale di architettura che aprirà il prossimo 22 maggio, dopo l’annullamento imposto dal Covid l’anno scorso. «Questo non è stato un anno perso. Come diceva Olmi, non pensate che i tempi morti siano inutili» ha commentato il presidente della Biennale Roberto Cicutto presentando ieri la manifestazione, che ha per motto “How will live together?”, ossia “Come vivremo insieme?”.

Un titolo che parrebbe coniato in seguito alla pandemia e invece la precede: «La pandemia ha reso la domanda ancora più rilevante. Molti dei partecipanti non hanno modificato il progetto perché la domanda verteva già su una serie di emergenze che della pandemia sono le concause: clima, migrazioni, polarizzazione politica, crescita delle disuguaglianze sociali. I progetti non trattano come la pandemia li ha cambiati ma si concentrano alla radice dei problemi. Allo stesso tempo però il dibattito che si è sviluppata ha trasformato la Biennale da evento in processo».

La mostra vede 112 partecipanti provenienti da 46 Paesi con una maggiore rappresentanza da Africa, America Latina e Asia e uguale rappresentanza di uomini e donne. Accanto a questa ci sono due nuove sezioni fuori concorso, numerose collaborazioni con artisti, filosofi, antropologi, comunità («Vorremmo dimostrare – spiega Sarkis – che l’architettura può essere casa per le altre arti, uno spazio di interazione, passando da una concezione dell’architetutra come arte esclusiva a quella di arte inclusiva»), saranno presenti nell’elenco dei partecipanti anche fotografi, registi, artisti concettuali, mentre del tutto inedita è la cooperazione con il settore Danza: «Su invito del presidente Cicutto abbiamo iniziato a pensare alla Biennale come una piattaforma. Con il coreografo Wayne McGregor esploriamo il rapporto tra spazio e corpo, non solo biologico ma anche tecnologicamente esteso, attraverso tre performance ambientate in altrettante installazioni».

Una mostra espansa anche a livello di modalità espositive («Avremo realizzazioni in scala 1:1, sculture, robot, progetti speculativi, postazione fisiche ed elettroniche...») sebbene alcune modalità più interattive sono state messe da parte in obbedienza al protocollo sanitario elaborato sulla base del successo di quello adottato per la scorsa Mostra del cinema.

Collettività resta però una parola chiave attraverso un focus sullo sport e con eventi anche nei padiglioni nazionali, che quest’anno ammontano a 63 partecipazioni, con i nuovi ingressi di Grenada, Iraq, Uzbekistan e Repubblica dell’Azerbaijan. Saranno anche online i Meetings on Architecture, dedicati tra l’altro a temi come sostenibilità, rifugiati e ricostruzione, educazione architettonica, e online è il “cantiere” delle varie installazioni, con l’obiettivo di «descrivere e condividere anche il processo di costruzione». L’espansione infine è a livello globale con «mostre satellite che gireranno il mondo dopo la fine della Biennale».

Il Leone d’oro speciale alla memoria sarà attribuito a Lina Bo Bardi: «La sua carriera di progettista, editor, attivista, come coordinatore – conclude Sarkis – è esemplare della tenacia dell’architetto in tempi difficili. I suoi potenti edifici sanno mettere insieme come nessun altro la vita e le arti».

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