giovedì 9 gennaio 2014
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La sua vocazione è la fuga. Staccare tutti, per inebriarsi in un assolo che lo proietti sempre più in alto. In verità Vincenzo Nibali in alto c’è da tempo. È il numero cinque del ranking mondiale, anche se per lui quella attribuzione dei punti è poco credibile. «Va rivisto qualcosa, non è possibile che chi vince una corsa in linea incameri punti quasi quanto chi vince un Tour de France o un Giro d’Italia…», dice il siciliano. Difatti, il numero uno è lo spagnolo Joaquin Rodriguez, buon piazzato nei Grandi Giri, e sufficientemente vincente nelle corse in linea, che precede Froome, Valverde, Sagan e il nostro siciliano volante. «Per quello che abbiamo fatto vedere e raccolto un anno fa – aggiunge Nibali –, non dovrebbero esserci dubbi: il numero uno è Chris Froome e alle sue spalle ci sono io».La sua vocazione è la fuga, ma non è fuga di cervelli e nemmeno di gambe forti e ben tornite. Vincenzo è un emigrante del pedale da sempre, da quando appena 14enne ha deciso di lasciare la sua Messina per trasferirsi in Toscana - a Mastromarco - per diventare corridore. Poi, per puntare a traguardi sempre più ambiziosi ha scelto l’Astana, una squadra nazione che ha deciso di investire pesantemente nello sport, nel ciclismo, nell’Italia e negli italiani, a incominciare proprio da Nibali, che con la maglia azzurra del Kazakistan, lo scorso anno ha vinto Tirreno Adriatico, Giro del Trentino e Giro d’Italia, e ottenuto un secondo posto alla Vuelta e un quarto al Mondiale.Ieri l’Astana, il fiore all’occhiello di una nazione che si è messa in bicicletta avvalendosi di un fortissimo nucleo italiano, si è presentato a Villa Fenaroli, a Rezzato, in provincia di Brescia. A conferma che per il Kazakistan l’Italia è una nazione strategica. «È un grande riconoscimento – dice Nibali –. Conoscono la nostra storia, amano il nostro Paese, per questo hanno investito tanto nell’Italia e negli italiani per imparare a fare ciclismo di alto livello».Tre i tecnici italiani: Beppe Martinelli (direttore sportivo di lungo corso con Pantani, Garzelli, Cunego e Simoni), Stefano Zanini e Paolo Slongo, che del team è anche preparatore. Due i medici: Andreazzoli e Uliari. Tre i massaggiatori: Inselvini, Pallini e Saturni. Quattro i meccanici: Astori, Tosello, Borselli e Bonini. Poi Federica Martinelli, segretaria. Corridori dieci, lo stesso numero dei kazaki, per una rosa totale che è composta di 29 atleti. Insieme a Nibali, la grande speranza del ciclismo italiano Fabio Aru, il nuovo acquisto Michele Scarponi, il gregario dei gregari Alessandro Vanotti, l’amico fidato del capitano Valerio Agnoli, poi, il cacciatore di classiche Enrico Gasparotto, l’attaccante Francesco Gavazzi, i velocisti Andrea Guardini e Jacopo Guarneri. Infine, il tosto Paolo Tiralongo. Ma non è tutto, oltre a un team giovanile (Continental), autentico serbatoio per la squadra maggiore, da quest’anno l’Astana ha sposato anche un altro progetto e sempre tricolore, quello di Walter Zini, team manager della BePink, formazione femminile di livello mondiale. «È una grossa opportunità, che noi italiani dobbiamo sfruttare al meglio in questo villaggio globale che è ormai il ciclismo», ha detto Zini.«È un gruppo molto solido e affiatato il nostro – spiega invece Vincenzo Nibali –. Siamo orgogliosi di esportare la nostra cultura ciclistica nel mondo, attraverso una squadra-nazione come la nostra. È vero, negli ultimi anni il ciclismo anglosassone ha fatto passi da gigante in avanti, oggi è chiaramente un punto di riferimento, ma il nostro movimento non è inferiore a nessuno, e la scelta operata dal nostro team ne è la riprova». Ieri, a Rezzato, assieme a tutti i dirigenti kazaki e davanti alle telecamere che trasmettevano la diretta “oltrecortina”, c’era anche Michel Pein, strategical advisor di Astana, un Presidential Club del quale fanno parte 10 sport, tra i quali il ciclismo: il vero fiore all’occhiello. «L’obiettivo di questo progetto – ha spiegato Pain che in passato ha lavorato per il Cio e con Ecclestone, padre padrone della Formula 1 – è quello di far crescere tutto lo sport in Kazakistan e di portare il nostro Paese ad essere tra i più forti del mondo».L’Astana punta grosso sull’Italia e su Nibali. Vincenzo, subito dopo il Giro d’Italia, ha rinnovato il contratto fino al 2016 per quasi quattro milioni di euro a stagione: un salario che rende il siciliano, il ciclista più pagato al mondo o quasi. È sui livelli di Bradley Wiggins e Alberto Contador, e un po’ più su di Philippe Gilbert e dello stesso Chris Froome, con cifre toccate tra gli italiani forse solo dal Marco Pantani degli anni d’oro.«Subito dopo il mio successo al Giro mi hanno invitato ad Astana per siglare il rinnovo del contratto – ricorda il siciliano –. Mi hanno festeggiato con tutti gli onori nella capitale Astana, davanti alle più alte cariche dello Stato, su tutti il presidente della Repubblica, Nursultan Nazarbayev e il Primo Ministro, Serik Akhmetov». Alexandr Vinokourov, il boss della squadra, è entusiasta di Nibali. Così come tutti i dirigenti kazaki che vogliono farne un simbolo non solo sportivo, visto che il Paese asiatico attende con ansia la vetrina mondiale dell’Expo 2017, che si terrà proprio nella capitale. Intanto, il nostro Paese gode degli investimenti kazaki per far diventare ancora più grande il nostro ciclismo. Nibali potrebbe essere il secondo italiano dopo Felice Gimondi, e il sesto della storia, a vincere in carriera le tre grandi corse a tappe (gli altri sono Merckx, Anquetil, Hinault e Contador). E per arrivare a certi traguardi, il team di Vinokourov non bada a spese: Un budget da 18 milioni di euro a stagione e bonus mirati soprattutto per lo “squalo dello stretto”: il Tour de France vale un premio extra di 500mila euro e il Mondiale 250mila. I conti dicono di un investimento globale da parte dell’Astana di oltre 12 milioni di euro solo per Nibali, da qui alla fine del 2016. Astana è la capitale di un paese immenso, di 2.725.000 chilometri quadrati, che tocca da un lato il Mar Caspio (quindi l’Europa) e dall’altro la Cina, mentre a nord, il confine corre con la Russia. Un Paese ricchissimo di risorse naturali come oro e argento, gas petrolio e metano, ma anche un gigante sfigurato dagli esperimenti nucleari dell’Urss, ferite radioattive che sanguinano ancora. A questo va aggiunto che i kazaki, in origine tribù nomadi, sono stati costretti dai coloni russi a diventare sedentari, scrivere in cirillico e parlare in russo. Insomma, un passato difficile ma un futuro di grandi prospettive. Grazie anche al contributo del ciclismo italiano.
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