venerdì 14 maggio 2021
Un volume raccoglie le vicende di bimbi in fuga dall’America Latina svelando le ipocrisie e mettendo in relazione il dato umano col Discorso della montagna: la prefazione del presidente Usa
Uno dei disegni realizzati dai piccoli migranti le cui vicende sono narrate in "Blessed are the refugees Beatitudes of immigrant children"

Uno dei disegni realizzati dai piccoli migranti le cui vicende sono narrate in "Blessed are the refugees Beatitudes of immigrant children" - -

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Questo piccolo libro ha un cuore grande. Vi si possono ascoltare le storie di bambini che sono fuggiti dalla violenza del Centro America e sono riusciti a sconfiggere una violenza straziante. Le loro storie sono uniche e potenti, ma anche purtroppo così comuni nel nostro mondo contemporaneo. Nei miei incontri con i leader politici del Centro America ho scoperto di nuovo quanto sia importante il contatto personale così come l’impegno per costruire relazioni interpersonali non solo per comprendere le persone ma anche per dare vita a politiche creative. Mentre altri hanno affermato che 'tutte le politiche sono locali', io sostengo da tempo il principio che 'tutte le politiche sono personali”. Quanto più tu conosci qualcuno, tanto più grande diventa la possibilità di fidarsi. E con la fiducia noi posiamo raggiungere una comprensione maggiore, una cooperazione migliore e risultati più ampi nel campo della pace. Continuiamo a vivere in un mondo con un numero di rifugiati e profughi sempre più grande dal tempo della Seconda guerra mondiale. Siamo sfidati da questo fatto come Paesi, come politici chiamati a prendere decisioni, e cosa, più importante, come esseri umani. Abbiamo bisogno di voci come quella di padre Leo J. O’Donovan, Scott Rose e gli altri coautori di questo libro che ci ricordano la nostra comune umanità – e gli obblighi che ne derivano, gli uni rispetto agli altri. Qualche volta questo può diventare disagevole perché spesso noi non siamo all’altezza. Ho il privilegio di conoscere padre Leo J. O’Donovon da diversi anni. Lungo tutto questo periodo, egli ha offerto alla mia famiglia e a me stesso una grande sapienza e un grande conforto. E io sarò sempre grato per la sua presenza e le sue parole gentili al funerale di mio figlio Beau. Con questo libro, io spero che altre persone potranno godere della sapienza di padre Leo J. O’Donovon e di quella dei suoi coautori, e che il cuore dei lettori possa dilatarsi incontrando i bambini protagonisti di queste storie.

(Traduzione di Lorenzo Fazzini © Orbis Book - © Avvenire)

Joe Biden

Joe Biden - -


Il Vangelo riletto nelle storie dei migranti

Lorenzo Fazzini

C'è la storia di Maria, la ragazzina salvadoregna abusata dalla nonna e dal nonno, che si vede costretta a scappare di casa a 16 anni, incontrando sulla sua strada un’altra stagione di violenze, soprusi e sofferenze. Come l’avvelenamento per aver bevuto da una mangiatoia di mucche, «un parallelo con la povertà e l’umiltà di Gesù bambino». C’è la vicenda di Adana, anche lui dal Salvador, che a 18 anni lascia il suo Paese perché il padre era già stato costretto a partire a causa della violenza endemica che attraverso lo Stato centroamericano. C’è il dramma di Gabriela, quattordicenne che si vede obbligata a fuggire dal natio Honduras e intraprendere il viaggio verso gli Stati Uniti. Camila, anche lei, non riesce più a sopravvivere nel suo Salvador dove le gang rivali dei MS-13 e Calle 18 causano ogni giorno assassini e morti. I primi, famosi per usare coltelli e machete per eliminare i rivali; i secondi celebri per usare "solo" pistole per far fuori i nemici, salvo poi esibirne in pubblico i cadaveri a mo’ di lezione per le maras avversarie. Anche Camila, finita nel miritno di MS-13, decide di lasciare il Paese e attraverso Guatemala e Messico cercare di arrivare negli Stati Uniti. Ancora peggiore la sorte toccata a Juan, il ragazzino salvadoregno che la mafia locale voleva uccidere per far sì che non andasse a ingrossare le fila delle bande locali: il povero ragazzo era dunque preso in una morsa, schiacciato da due gang rivali. Solo dalla strada verso gli agognati Usa poteva scaturire per lui un briciolo di speranza.

Si fa presto a dire «immigrati» di fronte ad una persona di un’altra etnia. Lo spiega bene il testo Blessed are the refugees. Beatitudes of immigrant children (Beati sono i rifugiati. Beatitudini dei bambini immigrati), un libro edito dall’americana Orbis Book (espressione di una congregazione missionaria importante come i padri di Maryknoll, presenti in tutto il mondo), che si avvale della prefazione del cattolico Joe Biden, al tempo della pubblicazione del libro "semplice" senatore, oggi presidente degli Stati Uniti d’America, che qui presentiamo in esclusiva italiana. Il testo da cui sono tratte le storie a cui abbiamo accennato e i disegni visibili in questa pagina ("firmati" da Ana Silvia Herrera Delgado e Jose Enrique Portillo Delgado, anche loro giovani rifugiati) sono il frutto del lavoro di un centro per l’accoglienza di bambini rifugiati non accompagnati, chiamato Esperanza center, situato nella città di Baltimora, che assicura assistenza legale e diversi altri servizi a migranti di 150 Paesi diversi del mondo. Il Centro opera sotto il "cappello" del Jesuit refugee service, l’ente per i rifugiati della Compagnia di Gesù, istituito dall’allora preposito generale padre Arrupe sull’onda della vicenda boat people della Cambogia.

Migranti in cerca di asilo presso El Paso, tra Usa e Messico

Migranti in cerca di asilo presso El Paso, tra Usa e Messico - Reuters/Jose Luis Gonzalez

Il pregio del volume che Joe Biden ha deciso di prefare è quello di mettere in parallelo le vicende personali di alcuni minori centroamericani con la parola evangelica, in particolare le beatitudini predicate da Cristo. Ma ancor di più ha il merito di squarciare il velo di ipocrisia quando si parla di migrazioni: «La parola "immigrato" si applica a quella persona che sceglie di stabilirsi in un altro Paese per migliorare le prospettive future per se stesso o per i propri cari. Per contro - scrive Scott Rose, diacono della diocesi di Baltimora e avvocato all’Esperanza Center - un rifugiato è portato altrove per il semplice motivo che vuole sopravvivere. I bambini di cui raccontiamo in questo libro e che fuggono dal Centro America cercando solamente di scappare dalla violenza sono dunque rifugiati».

Leo L. O’Donovon, il gesuita che Joe Biden ringrazia per la sua vicinanza in occasione della perdita del figlio Beau (fu lui a celebrare il funerale di Biden jr), firma le preghiere e le invocazioni che intercalano le storie dei migranti. È figura di spicco del mondo cattolico Usa: è stato lui a tenere l’orazione religiosa al momento del giuramento di Biden a Washington come nuovo inquilino della Casa Bianca. Presidente emerito della Georgetown University, l’ateneo dei gesuiti che forma la classe dirigente di Washington, è stato presidente della Catholic theological association e attualmente è direttore del Jesuit refugee service negli Stati Uniti. È lui che ricorda come la presenza migrante nel Paese abbia dato origine ad alcune delle storie di maggior successo dell’american dream. Rifacendosi al senatore George Mitchell, annota: «Tre delle imprese di maggior successo nel mondo oggi sono Apple, Amazon e Google. Apple è stata creata da Steve Jobs, il cui padre era nato in Siria. Amazon è stata craeta da Jeff Bezos, il cui patrigno era nato a Cuba. E il cofondatore di Google, Sergey Brin, è nato in Russia».

Le preghiere di padre O’Donovon danno il tono spirituale di radicalità evangelica a questo racconto di bambini rifugiati. Come quando il gesuita chiede all’Altissimo: «Oh Dio, ti tieni la testa tra le mani, senza aiuto, davanti all’orrore di tutti i rifugiati del mondo di oggi? Buon Dio, i rifugiati nel mondo oggi assommano a tutta la popolazione della Gran Bretagna. Non abbiamo visto niente di simile dalla Seconda guerra mondiale. Dove sei? Qual è la tua risposta?». Domande di fede che trovano nell’impegno di tanti volontari del Centro esperanza - anche di estrazione ebraica - una possibile, timida ma convincente risposta.

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