Dipinto dedicato alla battaglia delle Midway: un aerosilurante TBD Devastator attacca una portaerei giapponese - U.S. Navy National Museum of Naval Aviation
La battaglia di Midway tra giapponesi e statunitensi iniziata il 4 giugno 1942, sette mesi dopo l'attacco a Pearl Harbor (7 dicembre 1941), è una di quelle svolte storiche di guerra che 80 anni fa portarono agli attuali assetti del mondo; e che sarebbero stati, in Oriente, completamente diversi se a prevalere in questa battaglia fossero stati - come parve all'inizio - i nipponici, mentre essa segnò l'inizio della fine per la loro politica di espansione. Dopo Midway, il Sol Levante rimase, di fatto, amputato di una parte rilevante della sua flotta, in particolare di 4 portaerei di cui 2 pesanti (Akagi, Kaga) e due più leggere (Soryu, Hiryu), con tutti gli aerei imbarcati, essenziali a un impero del mare nei mesi precedenti allargatosi a macchia d'olio sul Pacifico e sull'Indiano. Dopo Midway, la capacità del Giappone di rimpiazzare le perdite in mezzi (soprattutto portaerei) e uomini (piloti ben addestrati e specialisti per la manutenzione degli aerei), divenne in breve insufficiente, a fronte del volume industriale bellico e delle tecnicalità addestrative avversarie che consentirono di gestire molto più agevolmente le perdite. Dopo Midway, anche se il Giappone tentò ancora di conquistare nuovi territori, di fatto l'iniziativa strategica passò nelle mani degli Alleati, e in pochi mesi i nipponici furono costretti a trincerarsi in una problematica difesa di terraferma delle grandi acquisizioni di Indocina, Filippine, Indonesia, Singapore, oltre a innumerevoli isole del Pacifico come le Salomone, che inarrestabilmente, di settimana in settimana dalla fine del '41, avevano visto issare la bandiera del Sol Levante.
L'ammiraglio Yamamoto (al centro) attorniato da alcuni dei suoi collaboratori: da sinistra, gli ufficiali Ugaki, S. Fuji e Y. Watanabe - WikiCommons
Ma questa è la "lettura di poi". Ecco invece qual era la situazione subito prima della battaglia. Dopo aver messo in campo un inutile diversivo al largo delle isole Aleutine, una corposa flotta giapponese (il numero di navi è incerto, ma non inferiore a 80 che scortavano 4 portaerei) faceva rotta verso l'atollo di Midway - base prima commerciale, poi militare degli Usa, molto al largo delle coste occidentali delle Hawaii - certa di assestare un altro colpo definitivo alla presenza Usa nel Pacifico. A far confidare in questa prospettiva era stata soprattutto, settimane prima, la battaglia del Mar dei Coralli: lì non aveva giocato l'effetto sorpresa - per contenere in un eufemismo bellico quanto accaduto a Pearl Harbor; si era combattuta una battaglia attesa dagli statunitensi e, nonostante ciò, conclusasi con una loro sconfitta tattica in termini di perdite navali, cui era corrisposta una sola conseguenza positiva in termini strategici, con l'impedire ai giapponesi l'occupazione di Port Moresby in Nuova Guinea e, di conseguenza, col privarli della base di attacco all'Australia. I nipponici si erano tuttavia inebriati della loro vittoria tattica e tale perdita di lucidità si sarebbe rivelata fatale a Midway, aggravata da una tragica sottovalutazione del potere di attacco dell'aviazione Usa. Dal canto loro gli americani, seppure in condizioni di inferiorità quanto a numero di navi - cioè 3 portaerei (Enterprise, Hornet, Yorktown) contro le 4 giapponesi - avevano il vantaggio di conoscere in anticipo l'intenzione del nemico di attaccare l'atollo, grazie al fatto di aver parzialmente decifrato il codice della marina giapponese e intercettato i messaggi su Midway.
La dinamica della grande battaglia fu piuttosto confusa ed entrambe le parti commisero errori, ma, come spesso accade in guerra, la vittoria arrise a chi ne fece meno. La battaglia iniziò la mattina del 4 giugno con l'attacco degli aerei giapponesi all'atollo, vanamente contrastato dai caccia americani che soffrirono pesanti perdite. I danni inflitti alla base non furono invece troppo pesanti; infatti piloti giapponesi segnalarono subito la necessità di un secondo attacco, per favorire lo sbarco delle loro truppe in programma tre giorni dopo. Ma nel frattempo i ricognitori americani avevano individuato la flotta giapponese. Da questo momento in poi, l'azione acquistò un ritmo convulso, tra gli americani che lanciavano a più riprese contro la navi giapponesi tutto quello che avevano tanto da Midway quanto dalle portaerei, e i caccia di scorta giapponesi che facevano strage in particolare dei vetusti aerosiluranti americani. Anche i ricognitori giapponesi avevano nel frattempo avvistato navi americane, e ciò portò a ripetuti cambi di armamento degli aerei da attacco giapponesi, passando dalle bombe per il necessario secondo attacco a Midway ai siluri per colpire le navi nemiche. Di fatto però le continue incursioni americane, seppur inefficaci e tragiche per gli sventurati piloti, costrinsero i giapponesi sulla difensiva e impedirono loro di effettuare qualsiasi ulteriore attacco alle loro navi o all'atollo. Quando a metà mattinata tre squadroni di bombardieri in picchiata americani arrivarono in vista del nemico, sorpresero le portaerei giapponesi senza scorta (i caccia erano nel frattempo atterrati per fare rifornimento) e gli aerei da attacco ancora a bordo con bombe e siluri sparsi negli hangar. In rapida successione i bombardieri colpirono a morte la Akagi, la Kaga, la Soryu e tornarono indietro. La Hiryu, unica portaerei giapponese scampata temporaneamente al disastro, riuscì a lanciare i propri aerei da attacco i quali, seguendo i bombardieri americani, arrivarono alle portaerei e colpirono irreparabilmente la Yorktown la quale dovette essere abbandonata e in seguito affondata; nel tardo pomeriggio gli americani avvistarono però anche la Hiryu, la attaccarono con gli aerei e la affondarono.
I bombardieri in picchiata Dauntless - U.S. Naval History and Heritage Command
La battaglia finiva con quattro portaerei e un incrociatore giapponesi affondati, un altro incrociatore danneggiato e oltre 3.000 morti, al "prezzo" per gli Usa di una portaerei, un cacciatorpediniere e 300 morti tra piloti e marinai. Per la prima volta il Sol Levante perdeva migliaia di uomini, inghiottiti da quel mare che era sembrato un'inarrestabile estensione dell'impero, per essersi trasformati da predatori in prede del furioso attacco da loro stessi scatenato. Qualcuno (tra gli storici della particolare categoria ascrivbile ai... profeti del "prima") ha sostenuto che gli americani sembrarono non capacitarsi della loro vittoria, favorita anche da elementi di fortuna, come l'eccessiva complicazione del piano di Yamamoto, l'assoluto tempismo dell'arrivo dei bombardieri in picchiata sulle portaerei giapponesi e soprattutto dal mortale blocco in coperta dei loro aerei che, non levatisi in volo, potevano solo essere vittime senza scampo degli americani, come avvenne. C'è tuttavia un'altra lettura di più ampio respiro che può trarsi a 80 anni dal fatidico 4 giugno 1942, quella di una insormontabile differenza di preparazione bellica tra giapponesi e americani, tutta a vantaggio dei secondi. Nagumo e Yamamoto, i quali si dimisero, erano grandi ammiragli, ma si dimostrarono impreparati all'azione americana e rivelarono che ubriacatura da precedenti successi, cieca sottovalutazione del nemico e fanatismo, che a Tokyo impediva di rappresentare opinioni dissenzienti, non potevano aver ragione di una macchina da guerra come quella Usa, la quale da Pearl Harbor attendeva solo di dispiegarsi dal cielo con la micidiale potenza di ciò che sarebbe passato alla storia come "battaglia di Midway".