Un ritmo lento, cadenzato, ha animato le strade del-l’Italia del Sud nel triduo pasquale. Scandisce la Passione di Cristo sotto gli occhi commossi di chi assiste alle processioni. Dalla Sicilia al Lazio risuonano nenie tristi proposte da centinaia di bande. Fiati e percussioni, con le loro marce funebri, sono simbolo della Pasqua popolare, un patrimonio devozionale prezioso. A Mottola, paese della provincia di Taranto, si tiene ogni anno l’unico concorso nazionale per marce inedite della Passione, con il patrocinio della presidenza della Repubblica ed il coinvolgimento di conservatori ed istituti musicali. L’edizione 2015, che si è appena conclusa, è stata la tredicesima. Scopo della manifestazione è mantenere vive le tradizioni ed accrescere il repertorio di marce funebri da suonare durante i riti della Settimana Santa. Ad organizzarlo la confraternita del Santissimo Sacramento e Rosario di Mottola con il presidente don Sario Chiarelli ed il vicepriore Giovanni D’Auria, il supporto fattivo del Comune di Mottola che, su iniziativa del sindaco Luigi Pinto, sovvenziona i cinque premi dei finalisti, ed il sostegno di Regione Puglia e Gal “Luoghi del Mito”. «Sono composizioni che generalmente – spiega il direttore artistico del concorso, il maestro Pietro De Mitis – prendono forma per ricordare un parente o amico defunto. Si basano su uno schema classico 'Aba'. Dopo la prima parte, chiamata presentazione, si sviluppa un tema minore, poi ripreso nel finale, che rappresenta il pianto del musicista per la dipartita, a cui succede un tema maggiore che racconta invece la speranza della Resurrezione». «Le marce – racconta il maestro Rocco Pellegrino, direttore del complesso bandistico di Mottola, che esegue le musiche finaliste nella serata di premiazione – storicamente nascono per portare il teatro nelle piazze. In pochi un tempo potevano permettersi di andare al San Carlo di Napoli, unico al Sud, ed allora l’opera veniva trascritta apposta, sostituendo alle voci dei solisti, i tricorni, strumenti a fiato che diventavano “sopranini”, “soprani”, “tenori” e “baritoni”. Da qui, l’esigenza delle casse armoniche che ornano le piazze dei paesi meridionali. Lì ci suonava la banda, con i fiati che si alzavano a turno al momento di “recitare” la loro parte». Orsomando, Piantoni, Alise, Mascolo, Abbate sono alcuni dei grandi compositori del panorama delle marce, in cui si inserisce la singolarità di quelle funebri. «In Puglia ed in Sicilia c’è una scuola delle marce da processione ma anche in Lazio stanno crescendo – aggiunge il direttore artistico De Mitis – e Campania e Basilicata restano protagoniste. Qualche anno fa al concorso arrivò una marcia della Val d’Aosta e ne sono giunte anche dall’Umbria e dal Piemonte, in passato. Quest’anno erano diciassette. Tutte inedite. Concluso il concorso ed ultimata la registrazione alla Siae, le presentiamo ad associazioni e confraternite perché le usino per integrare il repertorio delle loro processioni». Le musiche giungono in plico chiuso e vengono associate ad un codice. Una commissione fatta di compositori e direttori d’orchestra, designa le cinque finaliste, senza saperne la paternità né il nome. Poi durante la serata finale, le cinque vengono eseguite dal complesso bandistico guidato da Pellegrino e giudicate da una commissione popolare ed una tecnica, diversa dalla precedente, quest’anno presieduta dal direttore d’orchestra Nicola Samale. L’edizione del 2015 l’ha vinta la Sicilia, con “Parentibus”, del maestro Sebastiano Pappalardo, originario di Ragusa. «Sono cresciuto con le note. Mio padre era insegnante di musica e mia madre voleva imparassi uno strumento. Questa marcia è stata scritta a metà anni ’90, strimpellando al pianoforte, proprio pensando a lei, morta quando avevo 17 anni. Ora che anche mio padre non c’è più la dono ad entrambi. Era la prima volta che mi cimentavo con una marcia funebre. Finora solo marce militari e sinfoniche. Speravo nella vittoria ma non ci avrei scommesso. Da credente, sono convinto che fosse questa la volontà del Signore e non posso che ringraziare, oltre che la giuria, chi mi è stato vicino». Le marce sono repertorio esclusivo delle bande. «A differenza del Nord, dove i complessi bandistici restano amatoriali, nel Mezzogiorno le bande – racconta Pellegrino – un tempo composte da contadini ed artigiani, oggi sono fatte da professionisti, che dalla Settimana Santa e fino ad ottobre, animano la vita dei paesi con processioni e feste patronali. Si viaggia in pulmini con 55-60 elementi, si dorme su brandine. La banda di Mottola, ad esempio, ha un’età media di 35 anni ed al suo interno sono assunti ragazzi appena maggiorenni, studenti del conservatorio con cui si fanno anche 150 serate in un anno». Ed ora che è calato il sipario sul concorso, si pensa già al prossimo anno. «L’obiettivo sarà quello di valorizzare ulteriormente i giovani compositori – conclude il direttore artistico De Mitis – promuovendo borse di studio per gli alunni dei conservatori italiani, che già in questa edizione abbiamo coinvolto. Resta il problema della custodia del patrimonio bandistico per cui dovrebbero venirci incontro anche le istituzioni. I comitati, che vivono di piccole offerte private, ormai faticano».