Con Pecco e la Ducati, l'Italia che va corre più veloce di tutti
lunedì 7 novembre 2022

L’Italia, quando sa o quando vuole, corre più forte del resto del mondo. Sa farlo nello sport dove ha l’uomo più veloce del pianeta, il campione olimpico dei 100 metri, Marcel Jacobs. E ora ha anche il centauro più forte del mondo, il campione del mondo della MotoGp Francesco Bagnaia.

“Pecco” per gli amici e soprattutto per sua sorella Carola (20 mesi di differenza, «siamo quasi gemelli») che lo ha ribattezzato così da piccola, quando non riusciva a pronunciare il nome dell’amato fratello che oggi segue come un’ombra, in tutti i circuiti del “circus”.

Un vero “fratello d’Italia” Pecco Bagnaia, torinese, per niente falso e cortese, sabaudo nei modi aggraziati, il ragazzo della porta accanto, timido e un po’ chiuso, ma sempre a disposizione di tutti. Un “normal one” a differenza del suo fenomenale e vulcanico maestro di pista e di vita, Valentino Rossi. Prima di laurearsi campione del mondo della MotoGp Pecco infatti si è diplomato all’Academy VR46, la scuola motoristica del “Dottore di Tavullia”.

Francesco Bagnaia

Francesco Bagnaia - Ansa

Il paese del «Michelangelo del motociclismo», disse Lucio Dalla di Valentino il giorno che all’Università di Urbino divenne davvero dottore honoris causa in Scienze della Comunicazione. Tavullia è appena quattro tornanti sopra alla Pesaro di Bagnaia, e quel triangolo tra Marche, Romagna e l’Emilia che si affaccia sull’Adriatico si conferma la terra dei piloti d’oro e del miglior artigianato motoristico.

Nel cuore del triangolo ha sede la fabbrica dei sogni di Borgo Panigale (Bologna), la Ducati, che è sempre di più l’eccellenza assoluta dei motori su due ruote. «Quando vincevo sulla MV Augusta, portavo la tecnologia italiana nel mondo», ha detto il grande Giacomo Agostini salutando l’impresa di Pecco Bagnaia che 50 anni dopo il mitico Ago è il primo pilota italiano a vincere su una moto, anzi “la moto” italiana. Sì perchè la Ducati per chi di motori si intende è «la moto». Un congegno meccanico perfetto, quanto difficile da guidare. «È come uno splendido cavallo selvaggio che va domato», dicono i ducatisti di lungo corso che baratterebbero qualsiasi cosa pur di avere tutti i modelli della Rossa di Borgo Panigale in garage. Un gioiello che fa gola agli emiri, come alle star di Hollywood: Brad Pitt è uno che nel suo box privato custodisce gelosamente una Ducati Moster e una MV Agusta 910.

Questa è l’Italia che va, sempre più forte. È quella trainata dalle vittorie di Pecco Bagnaia il campione per bene (leale con tutti gli avversari, a cominciare dal suo antagonista Fabio Quartararo), come del resto il suo predecessore, Casey Stoner, l’australiano che nel 2007 portò per la prima volta la Ducati sul tetto del mondo, ma poi a 27 anni frenato dal male oscuro decise di dire stop alle corse. Bagnaia a 25 anni ha raccolto i frutti di una gavetta cominciata a 16, quando i professori del liceo gli dicevano che era portato per lo studio e che era meglio che scendesse subito da quella moto che ora lo fa sfrecciare a 300 km orari.

Ma poi è arrivato Valentino che lo ha convinto a seguire la sua scia iridata e ha avuto ragione. Scommessa vinta quella di Rossi che nella vittoria di Pecco, 13 anni dopo il suo ultimo titolo iridato (con la Yamaha), è come se si fosse cucito al petto la stella del 10° Mondiale. Quel decimo titolo sfuggitogli di mano, forse unico rimpianto di una carriera scolpita a caratteri d’oro, e che avrebbe potuto conquistare proprio in quella Valencia che domenica ha incoronato il nuovo re della MotoGp, Pecco I.

Quella domenica di novembre del 2006, Rossi perse il titolo per una banale caduta dopo una rimonta straordinaria sull’americano Nicky Hayden che si ritrovò campione del mondo. Il ragazzo del Kentucky poi è morto a 37 anni, nel 2018, su quelle stesse colline romagnole (investito da un’auto mentre pedalava in bicicletta) dove Vale e Pecco si allenavano da ragazzini nelle loro prime “piegate” a “manetta”. «Gli eroi son tutti giovani e belli», canta ancora Francesco Guccini, lassù nel suo rifugio di Pavana, sull’Appenino tosco-emiliano.

E la vittoria di Bagnaia è anche un po’ quella del “Sic”, Marco Simoncelli, figlio di un’altra collina di Romagna che guarda al mare, Coriano, volato via nel 2011, a 24 anni, quando il sogno di vincere un Mondiale cominciava ad accarezzarlo anche lui. Sorrideva sempre il “Sic” dopo ogni suo «Diobò!» e vivendo a fianco alla sostenibile leggerezza dell’essere Valentino Rossi, ha imparato a sorridere anche Pecco. E con Bagnaia adesso ride anche l’Italia intera, con l’emozione o l’illusione di sentirsi più veloce del resto del mondo.

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