Luis Bacalov (Ansa)
Argentino di nascita, ebrei bulgari la famiglia di origine – madre praticante, padre socialista –, italiano per scelta di vita e sul passaporto: nella complessa geografia della vita di Luis Bacalov, scomparso oggi a 84 anni, si rispecchia il volto multiforme di un musicista che aveva fatto del crossover la propria cifra prima ancora che venisse inventato il termine. Qualcosa che gli derivava proprio dalla sue origini argentine: «Da ragazzino – aveva raccontato ad “Avvenire” – vivevo a Buenos Aires, all’epoca una città davvero interessante dal punto di vista culturale. Ho sentito grandi solisti e direttori di orchestra, mi sono nutrito bene... Ma in America latina rispetto all’Europa non si fa differenza tra musiche. Se si studia Beethoven o Chopin non è che non si fa folklore e jazz. In Europa la tendenza è a chiudersi: si guarda con imbarazzo se non disprezzo ciò che non è grande musica occidentale. Eppure praticare gli altri generi è un ottimo allenamento, è un bagno di flessibilità e di rigore».
Il pianista, compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra si è spento nell’ospedale San Filippo Neri di Roma dove era stato ricoverato una decina di giorni fa in seguito a un’ischemia. Nell’Urbe ci era arrivato sessant’anni fa dopo un lungo giro iniziato in Argentina come bambino prodigio del pianoforte, quindi in Colombia ventenne per sbarcare poi in Spagna, da cui parte per sfuggire al franchismo, e a Parigi per studiare composizione.
Quindi eccolo in Italia: la Roma della Fonit Cetra e la Milano degli anni gloriosi della Rca. Bacalov diventa uno degli arrangiatori più apprezzati: Rita Pavone (da La partita di pallone e Il ballo del mattone a Che m’importa del mondo) ma soprattutto Sergio Endrigo, con il quale stringe un legame artistico essenziale: Io che amo solo te, Era d’estate, Canzone per te.
Se compone per Gianni Morandi Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte, il vero capitolo autoriale di Bacalov nell’ambito rock lo scrive con i New Trolls nel 1971 con Concerto grosso e nel 1976 con Concerto grosso n.2 (c’è anche un terzo capitolo, del 2011, meno interessante), caposaldi della stagione del progressive, in cui l’autore dimostrava la sua profonda cultura musicale con una partitura in cui, alla maniera del concerto grosso barocco, la band dialoga con il “tutti” dell’orchestra sinfonica.
Il secondo ambito in cui Bacalov si muove con immediato successo è il cinema.
Nel 1964 scrive le musiche originali per il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, ma lo troviamo anche in Django di Sergio Corbucci (1966), che Tarantino riutilizzerà per il suo Django Unchained, quindi con registi come Fellini, Lattuada, Damiani, Scola, Rosi e insegnando composizione di musica per film all’Accademia Chigiana. Nel 1994 firma la colonna sonora del Postino, per la quale è premiato con l’Oscar. L’antico amico Sergio Endrigo gli fa causa per plagio: melodia e condotta armonica del tema deriverebbero da un brano inciso nel 1974, Nelle mie notti, composto assieme al cognato Riccardo Del Turco e a Paolo Margheri. La lunga vicenda ha fine solo nel 2013, otto anni dopo la morte di Endrigo, quando Bacalov cede e conferma alla Siae la copaternità della colonna sonora del film con i tre.
Ma è il tango la vera cifra della musica di Bacalov. Una musica a cui arrivò relativamente tardi, solo dopo i quarant’anni. «Mio padre ascoltava il tango alla radio. E cantava. Inconsapevolmente mi sono imbevuto di quei ritmi. Per un po’ non li ho frequentati, ma ora riaffiorano nella mia produzione. Ma a lungo il tango è stato considerato solo come qualcosa di folkloristico, non degno dei grandi compositori. Non escludo che questa mentalità abbia influenzato anche me. A 40 anni ho deciso che dovevo conoscere tutto del tango».
La ricerca che sfocia in numerose composizioni, tra concerti, pezzi sinfonici e opere-balletto, su tutte la Missa tango, del 1997, nella quale «seguendo liberamente la scansione dei cinque momenti della messa, ho voluto realizzare una sorta di partitura ecumenica, capace di parlare a tutte le religioni. E ricordo che mentre stavo scrivendo, in alcuni momenti particolarmente intensi, avevo la sensazione che qualcosa che era altro da me mi stava guidando la mano. Rimasi profondamente impressionato. E da allora capii che per scrivere musica sacra occorre una capacità speciale di comunicazione che potrei chiamare ispirazione». E al sacro Bacalov, grande ammiratore del connazionale papa Francesco, ha dedicato molta attenzione, scrivendo, tra gli altri brani, anche uno Stabat Mater, una Messa per Madre Teresa, tre Salmi del Re David.
La carriera: dall'Oscar per "Il postino" alla Messa tanguera
Un maestro al cinema
L’Oscar nel 1995 per Il Postino (foto sopra) è stato il culmine di una carriera, condotta soprattutto tra Italia e Francia, che l’ha visto raccogliere con le sue colonne sonore dal David di Donatello al Nastro d’Argento al Bafta. Ha collaborato con Fellini, Pasolini, Lattuada, Damiani, Scola, Petri, Wertmüller, Rosi. Quentin Tarantino le ha riprese per i suoi Kill Bill e Django Unchained. Ma proprio dal Postino gli arriverà anche uno dei grattacapi più grandi, con la causa di plagio intentatagli e vinta (post mortem nel 2015) dall’ex amico Sergio Endrigo.
L’anima pop
Al suo arrivo in Italia trovò subito la propria strada nella “musica leggera”. Sui nostri anni 60 ha lasciato una grande impronta, arrangiando per Nico Fidenco, Rita Pavone Umberto Bindi, Lucio Dalla, Gino Paoli, ma soprattutto Sergio Endrigo (foto sotto) con capolavori come Io che amo solo te, Se le cose stanno così, Era d’estate, Canzone per te, Lontano dagli occhi e L’arca di Noè. Un’amicizia finita in tribunale. Fondamentale il suo apporto al progressive rock: oltre che con i New Trolls, collaborò con Il Rovescio della Medaglia e gli Osanna.
In ascolto del sacro
«L’arte occidentale – diceva – è così impregnata di sacro che è impossibile non fare i conti con la trascendenza. Nella mia vita ho sentito il bisogno di entrare attraverso la musica in contatto col divino, e l’ho fatto. Semplicemente». Un passo condotto attraverso la Misa Tango e una dedicata a Madre Teresa (foto sopra): «Ero perturbato, essendo nato in una famiglia di ebrei. Correvo il rischio che anche gli ebrei mi criticassero. Io ho un grande rispetto per la figura di Gesù, c’è qualcosa che mi sconvolge nel suo messaggio».