Raul Gabriel, “Seven acts of medicine", backstage. Brescia, Fondazione Poliambulanza - © Raul Gabriel 2023
All’epoca in cui ogni mestiere era incapsulato in una struttura sociale organizzata, i pittori facevano parte dell’arte dei medici e degli speziali (ossia i farmacisti). E questo per un motivo semplice: macinavano e impiegavano gli stessi elementi minerali e vegetali per creare i loro composti. Forse all’epoca nessuno si rendeva conto che sia medici che artisti, ognuno a suo modo, curano gli uomini.
L’arte negli ultimi due decenni è entrata nelle corsie d’ospedale con una funzione terapeutica, ma non di rado quasi come una forma di lenitivo, se non di tranquillante. Il compito, da sempre proprio dell’arte, di collocare il dolore a una distanza utile a gestirlo diventa così quello di allontanarlo a una distanza indefinita. Esattamente il contrario di quanto fa Raul Gabriel in Fondazione Poliambulanza, ospedale bresciano tra i più importanti della Lombardia, con Seven Acts of Medicine, “sette atti della medicina” che rimandano idealmente ai sette atti della misericordia.
Realizzata in occasione di Bergamo Brescia Capitale italiana della Cultura 2023 e aperta fino alla fine dell’anno, non è una semplice mostra ma una complessa operazione artistica. E soprattutto non viene accolta in un ospedale ma dell’ospedale fa la materia viva: «È la relazione che ho instaurato con il luogo – spiega l’artista – , il quale ha generato come un magnete l’aggregazione dei contenuti estetici. È un vero cambio di paradigma. Si tratta di comprendere che la bellezza non è mettere un bel quadro, una bella immagine, ma che anche un cerotto è bello, che il tubo di una flebo è bello. Sono tutti strumenti che riscattano il corpo e quindi la bellezza della vita».
Raul Gabriel ha collocato nella galleria che costituisce l’asse vitale dell’ospedale una serie di lavori (commentati dallo stesso artista in una audioguida) che vanno dalla pittura su tela a quella su polistirolo – dove il materiale di scarto acquisisce l’evidenza della carne – a un enorme trittico di pittura digitale su cartone fino a una serie di video. Un unico pensiero forte che si articola in più forme espressive. «Il digitale è visto come asettico. L’ospedale è un luogo asettico – osserva Paolo Bolpagni, curatore del progetto – Qui abbiamo polistiroli di cantieri. E gesti digitali che sono tutt’altro che asettici. Quello che ci mostra Raul Gabriel da sempre è il tema della corporeità. Anche la tecnologia più impalpabile, e questa esperienza lo dimostra, può creare materia. Ci sono molti media in questa operazione artistica: ma tutto è corpo. Che è esattamente il terreno comune che unisce la medicina e l’arte, gemelle diverse. Questi “sette atti della medicina” sono dunque anche i sette atti dell’arte».
È il frutto di una frequentazione di Poliambulanza durata oltre un mese. «L’ospedale è un luogo di verità, e quindi è un luogo sacro» spiega Raul Gabriel: «Non c’è ipocrisia che resista al bisturi del chirurgo. Ci sono elementi di verità dell’uomo che in un ospedale emergono spontaneamente. Proprio come quando si taglia la pelle diventa visibile tutto ciò che c’è all’interno. È bellezza, anche se non è come l’abbiamo inscatolata. Bellezza di sostanza, non di cosmesi».
Raul Gabriel, “Touch”, frame da video. L'opera è parte di "Seven acts of medicine", Brescia, Fondazione Poliambulanza - © Raul Gabriel 2023
Gabriel è entrato nei tempi e nei luoghi di una realtà che, grazie all’impegno e alla lungimiranza della Ancelle della Carità, in oltre un secolo di cura e assistenza è diventata un centro di riferimento nell’area cardiovascolare, oncologica e ortopedica. Nella sede di Poliambulanza ogni anno vengono effettuati complessivamente 32mila ricoveri, 400mila accessi per attività ambulatoriale e nascono circa 2.700 bambini. Una macchina che richiede un funzionamento pressoché perfetto, nella quale Raul Gabriel si è introdotto come un trickster, scompaginando le carte e entrando in relazione con la realtà umana spesso nascosta dietro il servizio. Di norma quando l’arte entra negli spazi ospedalieri si rivolge ai pazienti. Il primo destinatario di Seven Acts of Medicine è invece chi vi lavora e vi vive. Sono i medici, gli infermieri, le religiose, gli amministrativi, i custodi.
Non è un reportage, un racconto. È una restituzione, un guardare contemporaneamente da dentro e da fuori. Uno svelamento del luogo prima di tutto alla sua stessa popolazione. «Un ospedale è come un corpo, composto di tante membra e tanti organi. Una realtà così molteplice che rischia di diventare dispersiva, in cui ogni elemento si concentra solo su se stesso e perde l’unità dell’orizzonte. Gli atti sono molti ma tutti insieme sono un corpo. In un ospedale nascita e morte stanno a pochi metri tra loro. Sono un paradosso, a cui non c’è una risposta precisa, che ci mette tutti tranquilli. Tutti gli atti sono un paradosso: sono sette ma se non “vedi” nessuno di questi sussiste. Vedere è il primo, unico atto. Impossibile da immaginare, impossibile da trasferire. È un’esperienza per forza di cose personale. E vedere è la vera originalità che ha dato vita a questo corpo complesso che è Poliambulanza». Per l’artista e il medico è fondamentale la capacità di riconoscere. La diagnosi e la cura sono qualcosa che ha a che fare con l’intuizione della forma. Forse è quello che per Paul Dirac era il metodo della bellezza. «Non serve capire, serve fidarsi. Vedere e fidarsi. Allora il paradosso si può affrontare».
Anche il presidente di Fondazione Poliambulanza Mario Taccolini riconosce nel paradosso la virtù della presenza di Gabriel. «Perché l’arte nel cuore di Poliambulanza? Non è difficile intravedere nell’ispirazione, nell’identità, nel tessuto connettivo che pervade la nostra realtà la risposta plausibile e convincente a questo interrogativo. Abbiamo affidato al linguaggio inconfondibile, raro e penetrante di Raul Gabriel la responsabilità di interpretare e narrare la storia, la cultura, l’identità, la mission di Poliambulanza, radicate coerentemente in quell’umanesimo cristiano il cui dinamismo e la cui fecondità si declinano nella pagina evangelica di Matteo: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Raul Gabriel ha intessuto un appassionato e insistente colloquio con noi. La sua arte intende ridestare nella profondità della nostra coscienza le domande di sempre, gli interrogativi intramontabili, le ragioni del nascere e del morire. Penso alle parole sapienziali recentemente pronunciate dal vescovo di Brescia, Pierantonio Tremolada: “Potremmo dire che la vera cultura è segnata da una alternanza: quella tra le lacrime di ammirazione e le lacrime di dolore, tra la contemplazione e l’afflizione. I poeti e in genere gli artisti sono i più capaci di introdurci in questo paradosso, accompagnandoci fino al limite estremo della tensione del cuore, senza la pretesa di offrire una risposta ragionevole alla domanda che necessariamente sorge: perché?”. Come non accogliere la sfida di questo incessante paradosso?».