Pedro Weingärtne, “Fiera di ceramica ad Anticoli”, 1908.
«A cinquanta chilometri da Roma esiste un piccolo paese abbarbicato sopra un monte, da cui si abbraccia tutta la Valle dell’Aniene e che pochi conoscono. È Anticoli Corrado, la sospirata meta degli artisti. Perché questo paese, che come paese propriamente detto si riduce a zero, tanto è primitivo e selvaggio, attira da decenni pittori di ogni nazionalità? Appunto per la sua quiete che invita al lavoro, per l’amabilità degli abitanti, ormai familiarizzati con gli artisti, per la bellezza del panorama e delle donne le quali posano volentieri da modelle e più volentieri – oneste come sono – finiscono col farsi sposare». Così si esprimeva lo scrittore e critico d’arte Arturo Lancellotti, a fine agosto 1932 sul supplemento letterario del quotidiano “Il Roma”. Non era però la prima volta che i fari dell’attualità si accendevano su Anticoli Corrado, un arroccato e isolato borgo della Sabina conosciuto dagli inizi dell’Ottocento, anche al di là delle Alpi, come il “paese degli artisti e delle modelle”.
Il segreto di tanta rinomanza lo spiega fin dalle prime battute del suo servizio Lancellotti: l’amenità del paesaggio, che coniuga armonia collinare a una certa asperità di tipo montano; l’accoglienza degli abitanti e la beltà delle donne che, consce di questo fattore e abituate alla presenza degli artisti, animate da pazienza e spirito collaborativo, non mostrano remore né riserve a stare immobili per delle davanti alla tela. E il mestiere sporadico, più che la professione fissa di modella, ben si presta per arrotondare i certamente non lauti introiti delle famiglie anticolane, derivati per la maggior parte da lavori agricoli e dalla pastorizia. Senza contare che diverse modelle si innamoravano e convolavano a nozze con quei giovani stranieri. Ragazze fiere che, abbigliate in costume locale, giungevano fino a Roma, in piazza Navona, dove attendevano di essere ingaggiate dai pittori della capitale, in cerca di volti e soggetti femminili. Un apposito censimento realizzato a metà degli anni 30, contava cinquantacinque studi di artisti all’interno del paese: un patrimonio culturale per molti versi unico che, dopo la decadenza nel secondo dopoguerra, viene oggi riscoperto e valorizzato. Infatti, il Civico museo d’arte moderna e contemporanea, nato a seguito della donazione di opere da parte di pittori e scultori ospitati nel borgo e inaugurato nel 1935 dall’allora ministro Bottai, promuove un bando annuale per accogliere, d’estate, artisti under 40 fra le pareti degli antichi studi ristrutturati. Un incentivo per rinnovare una tradizione che nasce all’epoca del Grand Tour quando, al principio del XIX secolo, gli emuli itineranti di Goethe si avventuravano nelle località poco battute a est e a sud della Città eterna, attirati dai panorami agresti dei monti Sabini e della Ciociaria.
Viaggiatori aristocratici, accanto ad artisti di varia estrazione e nazionalità. Tra i primi ad approdare ad Anticoli, lo svizzero di origine ebraica Ernst Stückelberg; poi la pattuglia di pittori danesi composta da Niels Andreas Bredal, Oluf Kristian Host e Otto Haslund. A cui si aggiungono i nomi di Augusto Bompiani, Carlo Randanini, che si spegne ad Anticoli nel 1884, Alessandro Morani, Nino Costa e Augusto Corelli, sul cui libro di memorie Un paese immaginario, pubblicato nel 1918, anno della morte, si legge: «Trovammo negli abitanti una cordialità e una gentilezza impareggiabili, di cui eravamo incantati». Da queste parti è passato anche Jean-Baptiste Camille Corot, come testimonia il ritratto del 1866 di una giovane di Anticoli: Agostina, oggi alla National Gallery di Washington. Nel secolo successivo fecero la loro comparsa Pablo Picasso e Marcel Duchamp che, dopo il soggiorno del 1925, ritornò a visitare il paese nel 1965, in occasione della personale a Roma nella quale presentava una quindicina di ready-made. Differente è la vicenda di Arturo Martini, che rimase qui tre anni e mezzo, dal 1924 al 1927.
All’epoca, lo scultore trentacinquenne viveva a Roma con scarsi mezzi e in condizioni precarie, vista la mancanza di commissioni: fu il collega statunitense Maurice Sterne che lo convinse a trasferirsi ad Anticoli. Inizia un periodo di depressione per il geniale Martini, che lavorerà in pratica al soldo e per conto di Sterne, tralasciando le proprie opere. Scrive all’amico Francesco Messina, in un’accorata lettera datata 4 settembre 1926: «Messina Messina non ne posso più, sono stanco e stomacato di tutto». Il legame dello scultore con il paese non viene però meno: Martini realizza una magnifica fontana, nota come Arca di Noè, che si trova ancora oggi in piazza delle Ville nel centro di Anticoli. La presenza nell’estate del 1930 di Oskar Kokoschka è attestata dalla tela Mietitura sui monti Sabini. Fu invece il pittore Pietro Gaudenzi a sposarsi in prime nozze con una Toppi, appartenente a una famiglia di modelli sia maschili che femminili; e in seconde nozze con la sorella di questa, morta prematuramente. Mentre l’anticolano Luigi Massimiani, detto “Giggi il Moro”, poteva fregiarsi di aver posato per Giulio Aristide Sartorio e Mino Maccari. Tra gli artisti residenti nel borgo, vanno menzionati De Carolis, Mancini, Carena, Ferrazzi, con la certezza di tralasciarne diversi altri. Un nome, però, va assolutamente ricordato: quello del pittore Fausto Pirandello, che ad Anticoli sposerà di nascosto la modella Pompilia D’Aprile, da cui avrà il primogenito Pierluigi, senza farne parola col padre fino al 1930. Dal canto suo, lo scrittore Luigi Pirandello si ispirerà ai paesaggi di Anticoli Corrado per l’ultima opera incompiuta: I giganti della montagna. Citiamo infine il poeta antifranchista Rafael Alberti che qui, nella valle dell’Aniene, tra il 1963 e il ’75 scelse di trascorrere l’esilio lontano dalla Spagna.