«Questo disco ha una grande cantabilità. Era nelle mie intenzioni costruire una melodia infinita. Con il pianoforte dobbiamo cantare e celebrare la bellezza e la gioia della vita soprattutto in un periodo come questo». A due anni dall’album Hope , Giovanni Allevi torna sulla scena musicale con un nuovo album pianoforte solo nato in piena pandemia, Estasi (etichetta Bizart/distribuzione Artst First), uscito il 5 novembre scorso. Allevi conduce per mano l’ascoltatore attraverso 11 brani fra luci e ombre, in un ottovolante di emozioni fino all’emozione suprema, l’estasi, nel senso letterale greco dell’“uscire fuori da sé”. Il nuovo tour Estasi partirà il primo gennaio dall’Auditorium Parco della Musica di Roma mentre l’artista ha appena pubblicato il suo nuovo libro, Le regole del pianoforte. 33 note di musica e filosofia per una vita fuori dall’ordinario (Edizioni Solferino).
Quanto la pandemia si riflette sul suo nuovo lavoro?
Questa musica è nata in un periodo buio, particolare, ma anche ricco di slanci e di speranze per il futuro come quella della pandemia. Racconta i momenti contrastanti che tutti abbiamo vissuto, l’angoscia, il senso di chiusura e anche il desiderio di rompere le catene della quotidianità per arrivare a una dimensione più ampia e, oserei dire. una dimensione superiore.
È vero che l’ispirazione le arriva da una esperienza quasi mistica?
Estasi è il brano che dà il titolo e chiude il lavoro arriva da una mia esperienza personale di Sindrome di Stendhal. Mi piace pensare che l’estasi sia una condizione dello spirito che tutti possiamo raggiungere. La statua che mi ha ispirato è la Santa Teresa d’Avila del Bernini a Santa Maria della Vittoria a Roma. La mattina di un anno fa ero andato a visitarla come un normale turista e non avevo idea dell’esperienza sconvolgente che avrei fatto. Ho incontrato lì per caso padre Giuseppe che aveva studiato quell’opera tutta la vita. Mi ha tenuto una lezione di un’ora e condotto nei recessi più profondi e misteriosi delle tante simbologie di quella statua. Fino a capire che il volto estatico di Teresa, trafitta dal dardo d’amore del messaggero divino, è il nostro volto, la sua condizione è la nostra condizione, sospesa fra cielo e terra, il momento in cui usciamo dalla nostra quotidianità e ci troviamo proiettati in una condizione che ci fa paura ma che ci attrae.
E cosa le è successo? A un certo punto ho sentito il respiro che mi mancava. Uscito dalla chiesa, sentivo una sorta di distacco dalla realtà, l’ultima cosa che ricordo è che ho dato l’elemosina a una donna e poi sono svenuto: mi hanno rianimato dei passanti in piazza Barberini, ero a terra con una costola fratturata.
Così ha cercato di trasformare quell’esperienza in musica?
Da quel momento ho voluto che l’estasi fosse l’oggetto della mia ricerca sia musicale sia intellettuale e l’album è stato il coronamento di questa ricerca. Ho riflettuto molto e penso che il fine della vita sia l’estasi. L’estasi è l’esperienza della rottura della nostra vita quotidiana e la nostra unicità inizia a brillare. Ritroviamo il contatto con la scintilla divina che ognuno ha dentro di noi. Sarebbe bello un giorno portare in quella chiesa un pianoforte e suonarlo al cospetto di quell’opera immensa che parla di me, che parla di noi.
Nell’album lei dedica anche due brani all’angelo custode e a Lucifero.
My Angel e Lucifer sono due conduzioni dello spirito presenti in ognuno di noi. My angel è una sorta di preghiera al nostro angelo custode che ci osserva e ci protegge. Lo immagino in una ambientazione scura, il brano è estremamente malinconico, ma al suo interno si apre una luce. Le riflessioni musicali e interiori di Estasi partono da una malinconia e da un buio che tutti continuiamo a vivere, ma è a partire a questo buio che io cerco una luce, che talvolta è delicata e filtra, in altri casi si fa accecante. Lucifer è un altro angelo, caduto dal cielo, il più bello di tutti. Come è possibile che il mondo presenti anche il male, si sono chiesti per secoli i teologi? L’immagine dell’angelo caduto, è bellissima perché, nonostante tutto, reca in fondo al cuore la scintilla dell’origine da cui proviene. Tutti noi siamo angeli caduti dal cielo, e nella scintilla divina che ognuno ha dentro di sé trovo quella connotazione positiva iniziale, la nostra missione ad essere portatori di luce nel periodo buio che stiamo vivendo.
Dal cielo alla terra, c’è un suo impegno ecologista concreto in quanto ambasciatore dell’Earth Day European Network. Il video di “Our Future” è stato lanciato a Glasgow alla Cop26.
Il videoclip di Our Future offre una intensa riflessione sul destino del mondo, osservato dallo sguardo pensieroso dei bambini. Gli adulti, presi dalla frenesia del lavoro e dalla smania dell’arricchimento, saccheggiano la Terra e trascinano i popoli nel baratro della guerra. Solo i più piccoli riescono a mantenere un contatto diretto e privilegiato con la natura, ad assaporarne la bellezza ma soprattutto a comprenderne l’inestimabile valore. Ricominciamo allora a vedere il mondo attraverso i loro occhi, affidiamoci alla loro innocenza e purezza, per poter almeno invertire la rotta, verso la costruzione di un futuro migliore. Nel rapporto con la natura si gioca il destino della nostra felicità.
Lei dedica anche un coinvolgente brano alle donne.
Woman warrior è la celebrazione della donna guerriera, che affronta la vita quotidiana come una battaglia. Le donne oggi sono discriminate, molte portano avanti il loro lavoro e la loro missione con fatica tripla e compensi dimezzati. Soprattutto non è riconosciuto il valore del modo di pensare femminile che è diverso, che non è ipercompetitivo, che non porta i popoli alle guerre come fanno gli uomini. Dobbiamo assolutamente invertire la tendenza, fare in modo che il femminile sia riconosciuto in tutto il suo lato innovativo, dirompente e in tutta la sua dignità.
Ad essere dirompenti, nel suo album, sono alcuni brani con cascate di note.
Tengo molto a Prog me che recupera una brillantezza tutta italiana, atmosfere che ho amato moltissimo in autori come Vivaldi, Monteverdi, Rossini, Scarlatti, una tendenza venuta meno nel Novecento. Desidero e considero questo brano uno schiaffo a questo minimalismo edulcorato, a questo pianismo eccessivamente semplice che è poi diventato di gran moda, che sembra aver dimenticato il brivido della ricerca. L’artista deve esplorare sempre nuovi mondi, manifestare il coraggio anche di non essere compreso e di non essere di moda perché sarà lui a creare la moda del futuro.