martedì 15 novembre 2022
I partenopei volano in vetta, ma la sosta Mondiale potrebbe rimescolare le carte Le due milanesi e la Juve da gennaio alla ripresa puntano alla grande rimonta
Victor Osimhen, bomber del Napoli

Victor Osimhen, bomber del Napoli

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È la prima volta, e speriamo sia anche l’ultima, che come in Argentina, anche la Serie A sperimenta il doppio titolo: quello argentino di apertura e di clausura. Peccato per il Napoli però che, il suo primato con distacco dalle seconde non verrà omologato come apertura e quindi con il titolo nazionale. E mercoledì 4 gennaio 2023, quando riprenderà il campionato, dopo l’assurda sosta del primo Mondiale invernale, la clausura, nel nostro caso, il proseguimento dalla 16ª alla 38ª giornata, potrebbe riservare molte sorprese. L’unica nota positiva è il potenziale ritorno alle “sette sorelle” dei tornei anni di massima serie ’90, anche se di fatto la corsa allo scudetto sarà probabilmente una questione a quattro, Napoli, le due milanesi e la Juventus. Andiamo con ordine, partendo ovviamente dalla capolista.

Napoli: un inizio da “marziani”, ora un finale alla Maradona

Luciano Spalletti ce la sta mettendo tutta per sanare una tradizione che lo vuole l’eterno secondo. Dove non gli è riuscita l’impresa, alla Roma e all’Inter, potrebbe farcela con questo Napoli tecnico e artigianale, del quale giustamente ha detto «abbiamo giocato questa prima parte di campionato da marziani ». Un avvio da record, 41 punti conquistati su 45 a disposizione, frutto di 13 vittorie nelle prime 15 giornate. Miglior attacco, 37 gol realizzati (seconda migliore difesa) di cui 9 di testa, primato europeo al momento condiviso con il Tottenham di Antonio Conte. Un attacco esplosivo che ha un finalizzatore straordinario in Osimhen, capocannoniere con 9 centri che salterà il Mondiale (5 gli azzurri che andranno in Qatar), la sua Nigeria è fuori come l’Italia. Un bomber devastante il nigeriano che viene supportato da un centrocampo che ha in Lobotka e Anguissa due moti perpetui che lavorano anche a copertura di una difesa che ha trovato in Kim il degno erede di Koulibaly. Gli otto punti di vantaggio sulle seconde in questo momento rappresentano qualcosa di più prezioso dell’oro di Napoli che, dopo una partenza da marziani, ora dovrà far seguire un finale alla Maradona.

Milan, può difendere il titolo ma forse gli manca qualcosa

I rossoneri chiudono a meno 8 dal Napoli capolista, ma l’ultima prova con la Fiorentina ha confermato le zone d’ombra che si palesano da un po’ nella formazione di Stefano Pioli. A parte il 2-1 risicato (un autogol vincente, con tanto di spregiudicato 4-2-4 nel finale di partita) la sensazione è quella di una certa carenza di energia fisica – che ci può stare dopo una cavalcata cominciata due anni fa – e creativa, e questa sarebbe più preoccupante. Paolo Maldini è convinto che il Milan è da scudetto e per ora i numeri danno ragione a Pioli, quanto a Leao che, nonostante qualche svarione in modalità “sciagurato Egidio” (Calloni) si presenta al Mondiale con il Portogallo forte dei 6 gol realizzati in rossonero (34 nelle quattro stagioni a Milanello). Per concedere il bis tricolore però, questo Milan alla ripresa oltre a un Leao dirompente deve ritrovare il suo portiere titolare, Maignan, un centrocampo che faccia più muro difensivo (manca un Kessie) e da gennaio fino alla fine servirà un Theo Hernandez sprinter e un Tonali sempre in cattedra che invece ogni tanto è costretto a tirare il fiato, perché la coperta là in mezzo al campo è un po’ corta.

Inter: serve un Inzaghi più sereno, un altro Lukaku e più continuità

Simone Inzaghi a volte dà l’impressione di essere troppo nevromantico nella gestione dell’Inter e così sminuisce quello che è il suo valore effettivo di tecnico vincente. Con la vittoria di Bergamo, Atalanta-Inter 2-3, è stato il suo successo personale n. 143 in 250 gare da allenatore. Mai nessun mister in Serie A come Simone Inzaghi ha collezionato tante vittorie negli ultimi 35 anni. Però i tifosi interisti gli fanno notare che qui “Parrucchino” Conte ha vinto uno scudetto e non ne ha regalato uno al Milan come è accaduto lo scorso anno. Che la rosa interista sulla carta è la migliore, con tanto di ritorno del figliol prodigo Lukaku, l’arrivo del suo ex pupillo laziale Acerbi (preceduto da Correa) e l’esplosione di Di Marco che fa felice anche Roberto Mancini in chiave Nazionale. Il gap dell’Inter sono stati gli scontri diretti: i nerazzurri si sono arresi contro Lazio, Milan, Udinese, Roma e Juventus. Mercoledì 4 gennaio alla ripresa luci a San Siro per un Inter- Napoli che sarà una delle prime finali da non fallire. Ma servirà il miglior Lukaku per arrivare primi al traguardo, anche se sin qua, il vecchio Dzeko, dall’alto delle sue 36 primavere lo ha sostituito egregiamente, con tanto di 7 gol realizzati che ne fanno il “vicerè” della classifica cannonieri. E sette sono anche gli interisti che andranno al Mondiale, parità nel derby dei convocati perchè 7 saranno anche i rossoneri.

Juventus: con Chiesa Pogba per Allegri tutto è ancora possibile

La Juve alla causa Mondiale darà ben 11 dei suoi stranieri. Detto questo, ha ragione Max Allegri, «il calcio è molto più semplice» di come viene analizzato dagli pseudoscienziati del pallone. Perciò sei vittorie di fila certificano la premonizione di una ripresa «a piccoli passi » e Kean che realizza 5 gol in circa 500 minuti disputati, per Allegri equivale semplicemente a un attaccante che fa il suo dovere, far gol. Le assenze e gli infortuni non erano alibi. La Juventus in estate era stata impostata su un centrocampo con Di Maria e Pogba perni fissi e un attacco basato sul tandem esplosivo Vlahovic-Chiesa. Queste quattro pedine sono venute a mancare in corso d’opera, ma questo stesso poker d’assi da giocatore d’azzardo quale è e rimane anche l’Allegri incappottato stile Juventus, se saprà giocarselo al meglio nel “campionato di clausura”, è possibile che la minestra riscaldata diventi la prima portata del menù della Serie A. La concorrenza è avvertita, la Juve allegriana capace di vincere lo scudetto 201-2016 con un handicap pesante di 12 punti nelle prime dieci giornate. Uno score che ricorda quello attuale, così come per spirito e organico a disposizione sembra la stessa Juventus della seconda era Allegri che intende onorare al meglio la sua filosofia della vittoria per “corto muso”.

Lazio: il Sarrismo paga ma la rosa non basta L’incognita Milinkovic-Savic

La Lazio al secondo anno di gestione Maurizio Sarri sta facendo vedere delle cose egregie, a tratti sorprendenti: vedi la partita perfetta nel derby vinto con la Roma. Il Sarrismo sta pagando con un terzo posto che ha evidenziato una maggiore organizzazione di gioco rispetto alla passata stagione e una solidità difensiva da primato: 8 gol appena subiti in 14 giornate, prima del 3-0 impartitogli dalla Juve domenica. Ed ecco la nota dolente, allo Stadium di Torino 45 minuti di sarrismo applicato alla perfezione, un tatticismo esasperato quanto redditizio, ma per portare a casa al massimo lo 0-0, perchè in fase di finalizzazione senza Ciro Immobile non si va in gol con continuità. E questo è il limite della Lazio attuale che una volta può tirare fuori dal cilindro il baby Luka Romero, ma la seconda deve poter contare sul bomber di razza come Ciro-gol che ha già timbrato 6 volte il tabellino dei marcatori. In più c’è l’incognita Milinkovic-Savic, dato per partente a gennaio il serbo destabilizza l’ambiente laziale, anche perché quando c’è il Sergente fa sentire la sua presenza, ma nella sfida con la Juventus non c’era. E l’applauso dei tifosi bianconeri all’uscita dal campo va letto come Milinkovic-Savic è già uno di noi?

Atalanta e Roma: linea troppo verde per Gasperini e Mourinho

Il quadro delle sette sorelle si completerebbe con Atalanta e Roma, a tratti belle ed esuberanti, ma difficilmente potranno cucirsi lo scudetto al petto. Due squadre (che forniranno 4 stranieri a testa al Mondiale) guidate da due maghi della panchina agli antipodi come Gian Piero Gasperini e Josè Mourinho, che stanno ottenendo molto di più dell’effettivo valore delle loro formazioni, zeppe di giovani e di innesti che potremmo definire sperimentali. Alcuni riusciti, vedi il nuovo Lookman atalantino, l’ex Leicester ha già segnato 7 gol alla sua prima stagione in Serie A. Ma il vecchio bomber Zapata è l’ombra del cecchino del passato e Gasperini si deve affidare ai tanti ragazzi di prospettiva, come Ojlund, Okoli e l ’azzurro Scalvini che però ha 18 anni, anche se è già gravato di responsabilità da veterano. Quei veterani che aiuterebbero molto Mourinho che ha messo alla porta l’olandese Karsdorp ed ora è in lotta anche con la punta spuntata Avraham. Troppe grane per riuscire ad arrivare primi al “torneo di clausura” della Serie A.

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