Green pass sì o no? Sembra materia più per epidemiologi che per pensatori teoretici. Ma in Italia i filosofi hanno ancora buona stampa e trovano udienza anche su Internet. Il loro coinvolgimento nel dibattito – anche su posizioni controverse – ha spaccato la comunità intellettuale con un fiorire di appelli e di repliche piccate. A farne le spese può essere la ricezione del contributo che gli intellettuali possono dare alla società, in un periodo in cui gli esperti sono molto interpellati ma anche assai vituperati quando non ignorati. Ne abbiamo discusso insieme a due filosofi con esperienza internazionale che interagiscono con la biomedicina e la psicologia, Giovanni Boniolo e Lisa Bortolotti.
Gli interventi di alcuni filosofi nello spazio pubblico a proposito delle misure di profilassi sanitaria anti-Covid hanno suscitato commenti negativi anche di molti altri esponenti della "classe filosofica". Tutto ciò non sembra avere contribuito a dare più conoscenza alle persone e più efficaci indicazioni ai decisori. Perciò è utile fare chiarezza almeno sul metodo. Per prima cosa, la qualifica di filosofo – e ancora di più di "autorevole filosofo" – ha ancora una certa presa sul pubblico e se ne abusa. Ma sembra che tale attribuzione da parte dei media o l’auto-attribuzione da parte degli stessi interessati non sia priva di ambiguità. Proviamo allora a dire chi oggi si potrebbe a buon diritto definire "filosofo" e quali sono alcuni criteri, per quanto possibile oggettivi, che danno la misura dell’autorevolezza o dell’importanza del filosofo nella sua comunità di ricerca.
Giovanni Boniolo: «L’autorevolezza filosofica non è auto-decisa, o decisa dai mass media o dai social, o dalla propria claque di fan, ma dai pari, ossia dalla comunità internazionale dei filosofi cui si appartiene (se vi si appartiene). Questo significa che i propri lavori saranno accettati nelle migliori riviste internazionali del proprio settore e che si partecipa al dibattito internazionale nei luoghi e secondo le modalità propri della comunità di appartenenza».
Lisa Bortolotti: «In ogni campo scientifico che evolve, convivono scuole di pensiero e metodologie diverse, le quali a volte si presentano come rivali. Questo succede anche in filosofia, rendendo difficile e controverso il progetto di definire i criteri di autorevolezza. La filosofia richiede conoscenza, ma è anche una pratica. Quindi, dai filosofi ci aspettiamo che siano consapevoli del lavoro filosofico che li ha preceduti e li circonda, ma anche che sappiano analizzare e valutare le argomentazioni degli altri e avanzare proprie argomentazioni, solide e convincenti. L’autorevolezza dei filosofi dipende dal riconoscimento della qualità delle loro ricerche e dell’influenza di tali ricerche nel loro campo di applicazione. Un filosofo che pubblica la propria ricerca in riviste internazionali riconosciute per valutazione paritaria trasparente e rigorosa, che viene invitato a presentare la propria ricerca in convegni internazionali dove è riconosciuto come esperto può ritenersi autorevole nel suo campo».
Che cosa si intende con metodo filosofico
L’approccio filosofico prevalente che ha trovato spazio sui mass media è stato criticato, da alcuni filosofi, come poco rigoroso e poco attento ai risultati della scienza. Ma come potrebbe essere declinato dal punto di vista di un solido metodo filosofico il dibattito sui vaccini e il Green pass.
Bortolotti: «Un dibattito rigoroso sul Green Pass non può prescindere da quello che gli epidemiologi e gli immunologi ci dicono sull’efficacia e la sicurezza dei vaccini. Inoltre, studi psicologici sulla motivazione dovrebbero aiutarci a determinare il modo più efficace e meno invadente per incoraggiare comportamenti che contribuiscono alla salute pubblica. Detto questo, nei dibattiti sul Green pass occorre anche considerare certi valori che sono importanti per tutti, indipendentemente dalle appartenenze politiche e dalle scuole di pensiero. Tra questi, la salvaguardia della salute, la protezione dell’autonomia personale nelle decisioni che riguardano la propria vita e la possibilità di prosperare nella società in cui si vive. Anche i filosofi possono essere in disaccordo sulla relativa importanza di tali valori. C’è chi pensa che locali e temporanee restrizioni alla libertà individuale si debbano accettare per raggiungere certi traguardi collettivi e chi no: il dibattito filosofico può aiutare a fare chiarezza».
Boniolo: «Prima di tutto si dovrebbe conoscere ciò di cui si parla e se si parla di scienza si dovrebbe conoscere quanto basta quella di cui si intende parlare. L’improvvisazione e la presunzione di parlare di ciò che non si sa possono avere conseguenze pericolose nel dibattito pubblico, perché il cittadino può non accorgersi delle "cialtronate" dell’improvvisatore o del presuntuoso. Oltre a ciò, si dovrebbe affrontare il tema in modo rigoroso, portando argomenti e conoscendo lo stato del dibattito a livello internazionale. Anche in questo caso, improvvisazione e presunzione possono non essere riconosciute dal cittadino come arroganti "cialtronate" e ciò potrebbe avere conseguenze dannose, specie se in gioco vi è una questione di salute pubblica».
Le vere competenze richieste
Nella comunità filosofica si sta assistendo a una serie di prese di posizione a favore e contro certe affermazioni di Giorgio Agamben (soprattutto) e Massimo Cacciari. Qual è il ruolo e quale dovrebbe essere il ruolo sociale della filosofia nel mondo contemporaneo? Quali dovrebbero essere le competenze di un filosofo per entrare con profitto di tutti nel dibattito pubblico? Esiste una differenza di metodo e approccio fra filosofi continentali e filosofi analitici?
Boniolo: «Ripeto: si dovrebbe avere conoscenza di ciò di cui si vuole parlare e si dovrebbe ragionare in modo rigoroso secondo gli standard adottati dalla comunità filosofica internazionale. Forse mai come ora il filosofo ha un compito sociale enorme entrando nel dibattito pubblico relativamente a temi di filosofia politica, di filosofia della scienza e di etica applicata alla biomedicina e alla pratica clinica oltre che alla sanità pubblica. Ma può essere di enorme danno se pretendesse di parlare di ciò che non sa, senza alcun rigore e senza avere nessuna autorevolezza. Più che di differenza fra filosofia continentale e filosofia analitica, differenza che sempre più sta svanendo, bisognerebbe parlare di differenza fra buona filosofia e cattiva filosofia. Tale distinzione, ovviamente, non la crea il singolo, ma la comunità internazionale, che riconosce autorevolezza a chi pratica la prima e non riconosce nulla a chi pratica la seconda. E i cittadini dovrebbero essere (resi) consapevoli di questa diversità e con loro i mass media (almeno quelli più seri)».
Bortolotti: «La filosofia può contribuire in modo positivo al dibattito sui vaccini ma ci sono ostacoli a una proficua interazione tra esperti, cittadini, istituzioni e mezzi di comunicazione. Ricercatori di chiara autorevolezza spesso evitano di confrontarsi con il pubblico per snobismo o per paura di scontri mediatici. Alcuni media preferiscono l’esperto che fa provocazione (e quindi fa impennare gli ascolti e i "likes") all’esperto che offre una lettura equilibrata della situazione. Inoltre, c’è spesso sfiducia nei confronti degli esperti. Non è sempre chiaro su che cosa si basi la loro competenza e le tensioni all’interno della comunità scientifica possono creare confusione. Detto questo, da quali filosofi ci dovremmo aspettare un’analisi utile del dibattito sul Green Pass? Dai filosofi autorevoli che hanno un interesse per epidemiologia e immunologia e si occupano delle questioni etiche e politiche inerenti la ricerca medica e la pratica clinica».
Chi giudica gli esperti?
Se è vero, per esempio, che pubblicare un libro con un editore purchessia non garantisce l’autorevolezza del filosofo, sembra tuttavia rischioso che autonominate "commissioni" di esperti giudichino del diritto di parola di altri esperti, veri o presunti. Come se ne esce? La filosofia ha le risorse, come la scienza, di falsificare le teorie errate e di mettere ai margini gli pseudoesperti?
Boniolo: «Da sempre il pensiero filosofico è stato al vaglio dei pari che possono riscontrare errori di ragionamento o premesse false nel testo di chi si critica (si criticano le idee non i portatori di idee). Da sempre chi si propone di filosofare deve essere disposto a sentirsi criticato dai propri pari. E qui vi è anche il caso (non bizzarro in Italia) di colui che viene pensato come autorità ma che non lo è affatto e che giustamente (evento meno frequente in Italia) viene tacciato di ciarlataneria filosofica. Questo non significa impedirgli di parlare: anche il ciarlatano filosofico ha il diritto di parlare, ma deve accettare la possibilità di essere sbertucciato. Venendo ai giorni nostri e al manifesto dei 100 contro Agamben, vi sono due cose su cui mi premerebbe si riflettesse: 1) non è finito il tempo in cui a un totale inesperto di questioni pandemiche viene dato un podio da cui parlare, con grave danno per la percezione pubblica del problema e, quindi, con grave danno per la società; 2) bisogna capire che coloro che parlano di cose che non sanno e pensano in modo scorretto fanno del male a tutti noi e che forse non sarebbe da escludere di censurarli in modo deciso: il sacrosanto diritto di parlare non deve essere confuso con il sacrosanto dovere di non recare danno agli altri con il proprio parlare».
Bortolotti: «Ogni cittadino ha diritto a esprimere la propria opinione su questioni di interesse pubblico ma il titolo di esperto va guadagnato. Nella comunità scientifica ci sono processi che garantiscono la qualità della ricerca. Questi processi non sono infallibili ma per lo più espletano la loro funzione in modo efficace. Esponendo le proprie ricerche alla valutazione di altri esperti si partecipa a un processo in cui alcune posizioni vengono abbandonate e altre modificate. La filosofia non fa eccezione. Come si può garantire la qualità degli interventi dei filosofi nei dibattiti pubblici? Tutte le parti coinvolte hanno delle responsabilità. Chi invita contributi da parte degli esperti deve essere consapevole delle competenze necessarie. La comunità filosofica ha il compito di intervenire qualora i dibattiti sui media non lascino spazio a posizioni alternative e ad argomentazioni migliori. In definitiva, il pubblico deve essere aiutato a capire le proposte e a distinguere ragionamenti solidi da quelli fragili».
I partecipanti al forum di Avvenire
Giovanni Boniolo insegna Filosofia della scienza e Medical Humanities al Dipartimento di Neuroscienze e Riabilitazione dell’Università di Ferrara. È ambasciatore Onorario della Technische Universität München, presidente dell’Accademia dei Concordi (Rovigo) e responsabile della rivista scientifica "History and Philosophy of the Life Sciences". È autore o curatore di una ventina di volumi e di circa 230 saggi su riviste internazionali con revisione dei pari.
Lisa Bortolotti è professoressa di Filosofia all’Università di Birmingham, nel Regno Unito. Insegna e fa ricerca sia nel Dipartimento di Filosofia e sia all’Istituto di Salute Mentale, dove collabora con psicologi, psichiatri e sociologi. È responsabile della rivista scientifica "Philosophical Psychology" e autrice di tre monografie: "Delusions and Other Irrational Beliefs"; "Irrationality", e la più recente "The Epistemic Innocence of Irrational Beliefs", con Oxford University Press.