Il poeta polacco Adam Zagajewski / Vito Panico, archivio Fotogramma
«Hai visto i profughi andare da nessuna parte, / hai sentito cantare di gioia i carnefici. / Dovresti cantare il mondo storpiato». L’attualità di questi versi è sconcertante. Ma profetico, “implacabile” come “le ortiche” Adam Zagajewski, tutto sommato ancora il maggiore autore polacco, lo è sempre stato: lo dimostra l’elegante plaquette pubblicata da Interlinea, Prova a cantare il mondo storpiato (a cura di Valentina Parisi, pagine 120, euro 12), un’antologia che comprende alcuni testi provenienti da Asimmetria, penultima raccolta (l’ultima è appena uscita in Polonia, Prawdziwe zycie, “ Vita reale”), e altre liriche dall’edizione del 2010 di Poesie scelte, tra cui quella che dà il titolo al libro. Divenuta celebre in America dopo l’11 settembre, è stata «scritta un anno e mezzo prima» – informa la curatrice nella presentazione –, «ispirata in realtà a un viaggio che Zagajewski aveva compiuto insieme al padre tra i villaggi abbandonati dell’Ucraina occidentale, non lontano dalla città in cui aveva visto la luce ». Pezzi poetici davvero intensi e chiarificatori come Maratona, Sandali, Smarriti, Autoritratto non scevro da dubbi, che manifestano «quasi una fede », perfetto equilibrio tra erudizione e leggerezza, ironia e incanto, molteplicità e focalizzazione. Oggi alle ore 17, nell’Aula Magna dell’Università Cattolica a Milano, il poeta presenterà il libro con Valentina Parisi, Roberta Cicala e Giuseppe Langella. Domani, invece, a Vercelli gli sarà assegnato il premio alla carriera all’interno del Festival internazionale di Poesia civile, in programma fino al 27 ottobre con una nutrita serie di incontri.
Professor Zagajewski, si sente un poeta civile?
Quando ero molto più giovane, mi consideravo un “poeta civile”, un poeta profondamente preoccupato per le questioni politiche, che poneva domande sulla situazione concreta della società in cui vivevo. Era una situazione totalitaria, non c’erano molte scelte lasciate ai cittadini. La protesta contro tale stato di cose era quasi istintivo – la poesia non può accettare questo tipo di grigiore. La poesia difende la pluralità di scelte individuali, tende a optare per una società colorata. Più tardi, pur non abbandonando l’elemento “civile” nella mia scrittura, ho visto sempre più la poesia come una struttura molto complessa che includeva voci diverse e preoccupazioni diverse. Oggi difenderei fortemente quella parte della poesia che si occupa della nostra anima, dei misteri del mondo.
In Estate ’95, una delle liriche di Asimmetria incluse nell’antologia, parla del massacro di Srebrenica. Cosa ricorda di quei giorni?
Il ricordo è esattamente come l’ho ritratto nella poesia; per le persone delle società occidentali il periodo delle vacanze estive sembra essere un momento fuori dalla storia, un momento in cui tutti i dolori vengono dimenticati o almeno sospesi. Quando sei sulla spiaggia, mezzo nudo, sei libero da qualsiasi ob- bligo (o almeno tendi a pensarlo). Anche la conoscenza di ciò che è accaduto a Srebrenica ha viaggiato con lentezza in Occidente (allora vivevo in Francia). Quindi ci è voluto del tempo prima che comprendessi appieno quello che è successo a Srebrenica, prima che l’orrore diventasse evidente.
C’è anche un testo indirizzato a Mandel’štam, un altro ad Heisenberg e al silenzio “etico” delle particelle elementari. La Shoah è onnipresente. Gli anni Trenta e Quaranta e la Seconda guerra mondiale – sebbene lei sia nato nel ’45 – l’hanno segnata molto.
Oh sì, è vero. La Shoah, il massacro di ebrei europei che ha avuto luogo principalmente nel territorio polacco, mi perseguita di continuo. Le immagini di bambini ebrei portati nei campi di sterminio sono insopportabili e il tempo non fa nulla per ammorbidirlo. Sono nato un mese dopo che le macchine della morte in Europa fossero arrestate, quindi l’ho sempre considerato una specie di eredità difficile. Altre persone possono ereditare ville, dipinti, denaro, io ho ricevuto questo onere. Ciò non significa che non abbia alcun senso dell’umorismo, che non rida né sorrida mai, o che in alcune poesie non possa apparire una sorta di serenità.
In La valigia dice: «Sono solo un turista sbadato / ma amo la luce». Che genere di luce?
Come sai, esiste una vecchia tradizione di luce fisica, luce solare, intesa sia come fenomeno puramente naturale sia come effetto mistico. Diverse religioni parlano di “illuminazione”. Avere una “luce interiore”, eccetera. C’è un enorme divario tra la ricchezza della vita interiore e le immagini provenienti dalla natura o dal mondo visibile in generale. Non sappiamo come nominare gli elementi del nostro mondo interiore. In questa poesia la luce è certamente il sole, ma anche qualcosa che si riferisce all’esperienza interiore.
C’è un poeta italiano che l’ha influenzata in particolare?
Ci sono poeti italiani che ammiro, Dante, Leopardi e quelli come Montale, molto più vicini nel tempo. Tanto che puoi forse trarre profitto da alcune delle loro innovazioni. O almeno la pensi così.
Nel suo saggio La leggera esagerazione ha detto che non potrebbe mai essere un romanziere. Perché?
In realtà, da giovane ho scritto tre romanzi ma non ne sono mai stato molto contento. Ho visto le loro imperfezioni e, già mentre li scrivevo, sentivo che in questa cosa non riuscivo a dare il massimo. Non sono stato in grado di creare personaggi convincenti, la trama non era abbastanza ricca. Molto più tardi ho capito che ci sono due letterature, una di durata, di narrazione, in cui si sviluppa una storia, e l’altra in cui l’aspetto principale è un momento d’intuizione, di epifania: ti soffermi su quel preciso momento ed esso diventa finestra sul mondo. Che è epico e lirico, ovviamente.
Olga Tokarczuk appartiene quindi al versante epico della letteratura di durata.
Olga è un’amica, è ancora giovane e ha un immenso talento.
Cosa ne pensa della situazione politica in Polonia, l’indomani delle elezioni?
Il partito al governo, PiS, antidemocratico, cercando di creare una società con un solo centro di potere, con la giurisdizione schiavizzata dalle decisioni politiche praticamente di un solo uomo, ha vinto di nuovo ma ci sono alcune crepe nella sua salita al potere. Sembra che per il PiS sia iniziato un processo di decadenza. Hanno perso il Senato e questa è una buona notizia: un lento ritorno al pluralismo politico che è l’essenza della democrazia.