venerdì 4 gennaio 2013
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​«Quando Mario Balotelli, prima degli Europei 2012 di Polonia e Ucraina disse che in caso di cori razzisti avrebbe abbandonato il campo, il presidente della Uefa Michel Platini lo redarguì pubblicamente, dicendogli che se lo avesse fatto, l’arbitro per regolamento era tenuto ad ammonirlo. Questo è lo stato dell’arte dell’antirazzismo nel calcio internazionale». È il commento crudo, eppure reale, del sociologo Mauro Valeri, responsabile dell’Osservatorio sul razzismo e l’antirazzismo negli eventi sportivi.Però, professor Valeri, riconoscerà che il caso di Busto Arsizio, con il “ritiro” del Milan dal campo della Pro Patria, crea un precedente importante.È sicuramente un segnale forte, amplificato dal fatto che a compierlo è un club di prestigio e di risonanza mondiale come il Milan.Finora, almeno sui nostri campi professionistici, una cosa del genere non si era mai vista.A memoria, ricordo di società dilettantistiche o di calcio giovanile che hanno ritirato la propria squadra, passando però dagli insulti alla beffa, quando il giudice sportivo ha sanzionato la legittima e civile decisione con lo 0-3 a tavolino a loro sfavore.Eppure esiste una norma specifica del regolamento che invita lo stesso arbitro a sospendere una gara in caso di cori oltraggiosi di stampo razzista.Vero, ma tranne l’arbitro Farina, che durante un Chievo-Bologna (stagione di Serie A 2008-2009) convocò i due capitani per informarli che era pronto a sospendere la partita, mi pare che nessun direttore di gara si sia mai preso la responsabilità di riportare le squadre negli spogliatoi a causa dei cori o per l’esposizione in Curva di striscioni razzisti.Ora però il Milan ha trovato il coraggio di farlo.L’auspicio è che questo “coraggio”, che io chiamo senso di responsabilità civile, non sia isolato e soprattutto venga fuori anche durante la partite di campionato. Dall’inizio della stagione a oggi, il nostro Osservatorio ha registrato 24 episodi (25 compresa l’amichevole Pro Patria-Milan) di razzismo, tra la Serie A e la Lega Pro.Sta dicendo che le tifoserie italiane sono le più razziste d’Europa?Questo, dati alla mano, non possiamo affermarlo perché negli altri Paesi non esiste un Osservatorio sugli eventi sportivi come il nostro. È anche vero che noi l’abbiamo istituito perché rispetto a Germania e Inghilterra, dove certi episodi rappresentano l’eccezione e sono puniti con sanzioni esemplari e individuali (il tifoso dello Stoke City che ha insultato Balotelli ha rimediato 450 sterline di multa e il Daspo permanente: non potrà più entrare allo stadio), nel nostro calcio la casistica va continuamente aggiornata.Eppure si parla sempre di un’«esigua minoranza» protagonista di certi episodi di razzismo da stadio.Già, ma esiste anche una “connivenza silenziosa” da parte della maggioranza del pubblico, che di solito non prende le distanze e non contesta apertamente i cori di quella minoranza curvarola e forcaiola che oltretutto arreca un danno anche economico alla propria società.La passata stagione infatti le multe per cori razzisti sono ammontate complessivamente a 300mila euro.Una cifra importante, che però le varie Leghe o la Federcalcio dovrebbero iniziare a mettere a disposizione della sezione italiana della rete antirazzista “Fare” (Football against racism in Europe). Sarebbe un ulteriore segnale forte dopo quello che ha dato il Milan, il quale ora potrebbe servire un altro assist a tutto il calcio italiano.E quale sarebbe questo assist?Il capitano dei rossoneri, Ambrosini, che mi pare abbia preso consapevolezza della gravità del problema, diventi testimonial di una campagna forte e mirata e inviti i suoi colleghi a metterci la faccia per espellere i razzisti dai nostri stadi.
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