Italia-Germania anno zero. Non sbilanciamoci e freniamo sul
contismo, perché anche il roco Antonio (Conte) sa che i conti si fanno soltano alla fine. Perciò cara Italia questa sera, al tramonto di un’alba che potrebbe diventare, si spera, «troppo azzurra e lunga», prima del fischio d’inizio del match tra la Nazionale e i tedeschi azzeriamo i ricordi. Riponiamo l’arsenico e i vecchi giochetti, tipo «Italia sei spacciata!», made in “Bild”. Cancelliamo, almeno per 90 minuti, le immagini vintage dei trionfi del passato e le cattive alleanze (specie quelle belliche). Beviamoci un bicchiere di Bordeaux – si gioca qui, allo stade Atlantique – e vediamo l’effetto che fa... In campo, lo sappiamo, questa è la replica di una sfida che vinciamo puntualmente dal 1962 e in dieci secondi passiamo in rassegna volti e nomi dei ct che fecero l’impresa contro il calcio “crucco”:Valcareggi, Bearzot, Lippi, Prandelli... Resettiamo, e teniamo a mente, solo ad onor di storiografia di cuoio, che ognuno di quei signori delle panchine italiche sono stati all’occorrenza difensivisti e pure catenacciari senza vergogna. Del resto ai Mondiali di Italia ’90 Azeglio Vicini, l’unico ct azzurro che osò schierare tre “trequartisti” (Roby Baggio, Donadoni e Giannini) alla Germania non la vide mica, e in finale al posto nostro andò l’Argentina di Maradona e Caniggia. Probabilmente all’Olimpico quella del luglio 1990 sarebbe stata un’altra notte magica e mondiale quanto la notte del Mundial di Spagna ’82. Ma l’abbiamo detto, vietato l’amarcord. Perciò concentriamoci con cautela sul presente. §Quello di una Nazionale che era partita per la mission di France 2016 accompagnata da pernacchiette e sorrisini (tipo quelli Merkel-Sarkozy all’ex premier Berlusconi) di chi pensava che la rosa di Conte fosse un mix tra l’Armata Brancaleone e il Borgorosso Football Club. E invece... E invece “nein”. Ma siamo solo nel mezzo del cammin di un gruppo che ha riscoperto il valore del collettivo sindacale, dell’orchestra sinfonica che suona a memoria uno spartito ben preciso: prima non prenderle, poi colpire chirurgicamente l’avversario lavorato ai fianchi. E lo fa con difensori d’assalto (Chiellini), con bomber generosi e data la serata germanica “Low cost”, come la coppia diventata intoccabile Eder-Pellè. Squadra quadrata, operaia, in cui la fantasia raramente va al potere perché il nostro non è più un Paese per numeri “10” (l’ultimo in attività è il vecchio Francesco Totti). E infatti dobbiamo accontentarci di un fantasista mascherato, riciclato dal Brasile, Thiago Motta, peraltro assente per squalifica questa sera. Ed è proprio il centrocampo che fa grattare la chioma felina al nostro Ct. È là in mezzo al mar delle maglie azzurre che fin qui abbiamo deciso a nostro favore le battaglie, puntando sul dinamismo da ciurma di Candreva, del capitan futuro De Rossi, di “Giaccherinho” Giaccherini e di Parolo. I primi due sono fermi ai box, con De Rossi che supplica: «Conte aspettami, stringo i denti e provo a farcela». Florenzi e De Sciglio promossi a pieni voti dopo la scampagnata di Spagna. Nello stato d’emergenza si scalda Sturaro, preziosa ruota di scorta della Juventus di Allegri, ma sempre pronto a recitare la sua parte da gregario specializzato. Del centrocampo tipo a galla resta dunque Parolo, rivisitazione (in tono minore) da tempi moderni di Giancarlo Antognoni, il quale se ci vogliamo concedere un solo istante di nostalgia canaglia era assente pure lui al Santiago Bernabeu nella finalissima con la Germania di Spagna ’82. Corsi e ricorsi inducono a un Pablito Rossi versione europea cercasi in Graziano Pellè che con un terzo gol salirebbe al vertice della classifica cannonieri. E pensare che era partito da «tronista di Maria De Filippi», come l’hanno battezzato in Rete gli esilaranti “Autogol”. Il peggiore degli autogol odierni sarebbe quello di crederci migliori di ciò che siamo e interrompere di colpo quei sani bagni d’umiltà quotidiani. Evitare colpi di testa e cartellini gialli perché l’astag azzurro recita: “#siamo tutti diffidati”, Buffon compreso. Ma forse nulla può fermare l’onda anomala italiana. «Se dovessimo tornare a un mese fa – per la maggior parte di voi – non ci sarebbe stata partita, e anche giustamente vedendo i valori», sgasa l’ambiente Conte che da «strafastidio» all’ultrà tedesco Marco Travaglio. Conte non sarà un mister simpatia, ma se supera anche questa prova...
chapeau, si candida sul serio come il miglior guru del momento, pronto a stupire anche l’extracomunitaria Premier League (sponda Chelsea). «Viviamo e ci alleniamo per vivere questi momenti – dice il ct al Paese – , queste sono le partite che ti fanno sentire grande». Sottoscriviamo e, se permettete, anche a nome di Travaglio.