«Sono contrario ad approvare leggi elettorali con il 51 per cento». Luigi Zanda, capogruppo del Pd al Senato, ammonisce a «non fare gli errori compiuti nel 2005», quando il centrodestra approvò il Porcellum «a colpi di maggioranza, con il solo intento di creare difficoltà al futuro governo Prodi. Obiettivo che poi fu peraltro centrato». Quanto all’eventuale spostamento dell’esame della legge elettorale alla Camera, Zanda risponde diplomaticamente: «Nessuno scippo, non è importante dove si incardina la legge elettorale. È importante che si faccia una buona legge».
Senatore Zanda, anche lei è stato eletto con una legge incostituzionale. Si sente delegittimato?Da un punto di vista giuridico no, come ha efficacemente ricordato il capo dello Stato. Da un punto di vista politico avverto tutto il peso e il disagio di essere stato eletto con una legge viziata all’origine e di far parte di un Parlamento che non è stato ancora in grado di riformarla.
Ha ragione Grillo a dire che sarebbe ora di mandare tutti a casa?No. Vorrei far notare che esistono dei gradi diversi di responsabilità. C’è chi il Porcellum, nel 2005, l’ha pensato, scritto e votato a stretta maggioranza. E chi l’ha sempre combattuto, come il Pd e, all’epoca, l’Ulivo.
Ci sono state molte critiche all’indirizzo della Corte Costituzionale per una sentenza definita da alcuni stupefacente.Sono stupefatto dello stupore. Basta rileggersi gli atti parlamentari: durante il dibattito per l’approvazione del Porcellum gli esponenti dell’Ulivo presentarono numerose eccezioni di costituzionalità alla legge, che furono però respinte da un centrodestra blindato. E ricordarsi che la Consulta aveva già parlato, in tempi non sospetti, della necessità di cambiare alcuni profili del Porcellum, ritenuti incostituzionali. Chi attacca la Consulta, mettendone in dubbio l’imparzialità e provando a delegittimarla, compie una scelta grave dal punto di vista politico e morale.
La Corte ha parlato, il Porcellum azzoppato, ma la babele di lingue sulla nuova legge elettorale rimane. Realisticamente: ce la farete a fare la riforma?Dobbiamo farcela contando i giorni e le settimane, non i mesi o gli anni. Durante il governo Monti le forze politiche si erano avvicinate moltissimo all’obiettivo di un’intesa su una legge elettorale che avrebbe garantito la governabilità. Non vedo perché non dovrebbe succedere di nuovo.
Perché tante cose sono cambiate, il centrodestra si è spaccato, così Scelta Civica e perché a capo del Pd sta per arrivare Renzi...Le fibrillazioni politiche, le scissioni al centro e nel centrodestra, i cambi di leadership hanno sicuramente reso più difficile, negli ultimi mesi, il cammino della legge elettorale. È fisiologico. Un tempo, quando c’erano i congressi dei grandi partiti, si sospendevano addirittura i lavori parlamentari.
Il Pd cosa farà? Ripartirà dal doppio turno?Sarebbe utile. Non per un nostro interesse di parte, ma perché è l’unico modo per assicurare rappresentatività, con il primo turno, e governabilità con il secondo. Dopo di che si aprirà il confronto.
È possibile immaginare una legge elettorale votato dalla maggioranza larga di governo (Pd, Ncd, Scelta Civica, Udc) più Sel?Le leggi elettorali, così come le riforme costituzionali, devono essere approvate da una maggioranza più larga possibile. Fatta salva l’ipotesi che qualche gruppo faccia ostruzionismo e si autoescluda strumentalmente.
Ma appare difficile, allo stato, che si trovi un accordo con il M5S o con Berlusconi. Andrete avanti lo stesso?Resto dell’idea che bisogna lavorare per un’intesa, la più larga possibile. Vedremo...
Renzi e Letta collaboreranno?Sono due personalità politiche molto rilevanti. Sarebbe impensabile che non lo facessero. E poi al di sopra di tutti noi ci sono gli interessi dell’Italia.