Nel caos innescato dalla pretesa di comprimere i due capi del ddl Cirinnà ("Delle unioni civili" e "Della disciplina della convivenza") in un solo lunghissimo articolo, in modo tale da trasformarlo nel maxiemendamento su cui stasera il Senato voterà la fiducia, nella penna del legislatore sono rimasti incongruenze e svarioni, sia giuridici sia lessicali. Il più clamoroso, segnalato dal giurista Marino Maglietta, docente di diritto di famiglia in varie Università e "padre" dell'affido condiviso, è nel comma 65 del nuovo articolato: "In caso di cessazione della convivenza di fatto il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall'altro convivente… "?. Che cosa? Il comma 65 non lo dice. La frase prosegue infatti con una congiunzione: "e gli alimenti qualora versi in stato di bisogno". Incomprensibile. E' stata semplicemente aggiunta una congiunzione ("e") che non doveva esserci? Oppure il legislatore aveva intenzione di inserire un altro elemento alla proposizione che poi, nella fretta, gli è rimasto nella penna? Visto che nel nuovo testo della legge è saltato il mantenimento e sono rimasti gli alimenti, dopo il fine del rapporto di convivenza, può essere plausibile la prima ipotesi. Ma, alla luce della confusione determinata anche dalla pedissequa ricopiatura degli articoli del codice civile riguardanti la separazione dei coniugi, si può immaginare anche altro. Il maxiemendamento però non ce lo dice. E, se non sarà corretto subito, i senatori esprimeranno la fiducia su un testo che, già dal punto di vista grammaticale, non ha senso. Buona fortuna.