Tra meno di quattro mesi 7 regioni di peso ( Veneto, Liguria, Campania, Toscana, Umbria, Marche e Puglia) andranno al voto. Mezza Italia sarà in campagna elettorale. E, per quanto strano possa sembrare, questo appuntamento c’entra eccome con la vita del governo, c’entra con quanto è accaduto nella partita del Colle e su cosa sta succedendo sull’asse Renzi-Alfano-Berlusconi. La divisione in Ncd va oltre il «metodo» utilizzato dal Pd nell’indicare Mattarella al Quirinale. Nel partito di Alfano si vive una tensione fortissima tra la calamita Renzi e il suo progetto di allargare il Pd al centro e l’istinto 'naturale' di ricostruire un centrodestra però frammentato dalle difficoltà di Berlusconi e dalle posizioni di Salvini inconciliabili con l’aria popolare. È chiaro che il premier sente odore di 'cappotto', in particolare se riuscisse a guadagnare voti 'moderati' nelle tre regioni più complicate, Veneto, Campania e Liguria. Il punto è che Renzi è molto più di una tentazione per tanti di Ncd. Un segnale inequivocabile è arrivato venerdì scorso, quando, prima ancora che Ncd decidesse cosa fare con Mattarella, undici senatori, fregandosene delle liturgie di partito, già avevano diramato una nota in cui ufficializzavano il proprio «sì» al nuovo capo dello Stato. Segno che i 'renziani', i 'governativi', non sono disposti ad assecondare l’ipotesi di causare la crisi dell’esecutivo e lo scioglimento delle Camere. Perciò Renzi è così sicuro e baldanzoso sui numeri in Parlamento, sulla prosecuzione delle riforme e sulla possibilità di portare la legislatura a compimento nel 2018. Se davvero Alfano strappasse, in diversi non lo seguirebbero. E se anche si perdessero pezzi per strada, il premier ha dimostrato di avere tra gli ex Cinquestelle e i dissidenti grillini le 'carte di riserva' per andare avanti. Scenario non auspicabile, ma comunque da tenere presente. Il chiarimento in corso tra premier e ministro dell’Interno probabilmente porterà ad una tregua. D’altra parte anche il premier ne ha bisogno. Le sue riforme, specie quelle più indigeste alla sinistra Pd, hanno bisogno di uno 'stimolo' a destra altrimenti molta carica innovativa dei provvedimenti in cantiere risulterebbe quantomeno sfumata. Un rischio che l’ex rottamatore non può correre di fronte all’Europa, specie su lavoro e fisco. Nello schema del premier, i prossimi giorni aiuteranno tutti a recuperare giudizio. Lavorando su fisco e jobs act, chiudendo la legge elettorale nella formula uscita dal Senato, Renzi dimostrerà ad Alfano di non aver rinnegato l’asse per il governo e le riforme. Anche se il tema vero, la composizione delle alleanze per le regionali, nei fatti è solo rinviato. E prima o poi andrà affrontato. È il vero bivio al quale è atteso Alfano.