sabato 25 luglio 2015
Conti al fallimento. Con 12mila addetti officine meccaniche aperte solo al mattino.
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L’Atac sta per aprire le officine di riparazione anche al pomeriggio. Si stenta a crederlo, ma finora chiudevano alle 13 e 30. Mentre un terzo degli autobus dell’azienda capitolina dei trasporti è fermo per guasto nei depositi in attesa del meccanico, i 16 centri di riparazioni dell’azienda fanno una sorta di part time. Si può partire da questo 'piccolo' particolare per raccontare la lunga agonia dell’azienda romana dei trasporti, la municipalizzata che di salvataggio in salvataggio continua a drenare enormi risorse pubbliche in cambio di un pessimo servizio e che dovrebbe ora aprirsi a un socio privato. Come si può ricordare che fino a poco tempo fa risultavano in servizio in azienda solo una settantina di controllori dei biglietti: 70 persone (su quasi 12mila dipendenti) per presidiare le oltre 300 linee di autobus e tram utilizzati da quasi un miliardo di passeggeri l’anno. Il risultato, ovviamente, è che l’evasione tariffaria è altissima (stimata in oltre il 30%) e i proventi della vendita di biglietti rispetto alle spese sono tra i più bassi del settore. O ancora, tornando a questi giorni, raccontare dello «sciopero bianco» partito all’inizio di luglio quando l’azienda ha deciso di far timbrare il cartellino anche ai macchinisti della metropolitana, che attualmente guidano circa 750 ore l’anno a fronte delle 1.250 dei loro colleghi milanesi. Da allora, come per incanto, i treni hanno iniziato a rompersi più spesso. I convogli scartati dai macchinisti per malfunzionamento sono triplicati rispetto a giugno e quadruplicati rispetto al luglio del 2014. Le corse si sono dimezzate e anche dopo l’accordo tra azienda e sindacati confederali per un rinnovo dell’integrativo basato su una maggiore produttività la situazione non è affatto migliorata. In Atac l’assenteismo è intorno al 13-14% ma il 70% delle assenze cade vicino ai giorni di risposo. E lo scorso capodanno sulla linea A della metro si sono presentati in servizio solo 7 macchinisti sui 24 necessari (una 'epidemia' che colpì negli stessi giorni anche i vigili urbani). Del resto non è semplice chiedere efficienza ai dipendenti in un’azienda che tradizionalmente ha avuto un esercito di dirigenti superpagati, a partire dall’ex ad Adalberto Bertucci che tre mesi dopo la nomina nel 2010 divenne anche consulente dell’azienda che guidava per 219mila euro annui aggiuntivi allo stipendio. L’ex ad è uno dei sei rinviati a giudizio (5 dirigenti e l’ex assessore Marco Visconti) per la 'parentopoli' dell’Atac, l’infornata di oltre 800 nuovi dipendenti nel 2009 quando era sindaco Gianni Alemanno. Sulla municipalizzata sono aperte diverse inchieste, una delle quali riguarda il presunto accumulo di fondi neri attraverso la clonazione dei biglietti dei bus.  Va detto che l’attuale dirigenza, nominata nel 2013 e ora sfiduciata dal sindaco Marino, ha tentato di cambiare direzione, a partire da una maggiore sobrietà. L’ad uscente, il milanese Danilo Broggi, ha una retribuzione di 67mila euro e il presidente Roberto Grappelli di 82mila. I dirigenti sono scesi da 97 a 80 negli ultimi anni e i quadri da 240 a 190. Ma il buco nero del bilancio non è stato arginato. Negli ultimi 5 anni l’Atac ha accumulato perdite per circa 900 milioni di euro e ha debiti complessivi per oltre un miliardo verso banche e fornitori. L’azienda romana vale da sola la metà delle perdite di tutto il trasporto pubblico locale italiano. Il rosso è stato nel 2013 di 220 milioni su circa un miliardo di ricavi. Per i 2014 i dati non sono ancora ufficiali ma si parla di 140 milioni di perdita (che sarebbe proseguita bruciando altri 58 milioni nel primo quadrimestre 2015). L’erosione del capitale sociale obbliga ora il Comune alla ricapitalizzazione, unica alternativa al fallimento. Ma i 200 milioni di finanziamento annunciati da Marino sono solo in parte cash, mentre il grosso avverrebbe attraverso il conferimento di treni delle metro di proprietà del Comune, un passaggio che non convincerebbe il Mef. Non sarà facile in queste condizioni trovare un partner privato, operazione che i sindacati vedono come il fumo negli occhi. Del resto la proposta della francese Ratp di prendere in gestione la linea ferroviaria Roma-Ostia (ora servita da Atac) è ferma da oltre un anno nei cassetti della Regione Lazio, proprietaria dell’infrastruttura. Almeno in teoria, i margini di miglioramento ci sarebbero: secondo la ricerca di due economisti se i costi sostenuti da Roma Tpl (la società che ha in gestione alcune linee periferiche a Roma) fossero estesi a tutta la rete dei trasporti romani la città potrebbe risparmiare circa 440 milioni l’anno. In pratica tutti i romani potrebbero viaggiare gratis.
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