La sera in cui è stato eletto, questo Papa mi ha fatto battere il cuore prima ancora che lo vedessi in faccia: quando ho sentito il nome che aveva scelto per sé, Francesco. Poi, appena si è affacciato, sono rimasto colpito dal suo modo di presentarsi alla gente, senza grandi gesti, quasi senza muoversi, eppure esprimendo attraverso il sorriso una serena bontà. Mi è apparso subito come una presenza rassicurante e una certezza per tutti noi, soprattutto per i giovani. La piazza San Pietro e quella folla che in diretta con il mondo intero scandiva quel nome mi ha emozionato e... fatto arrossire. Qualche mese più tardi, il 22 di maggio, ho avuto però la fortuna di incontrarlo da vicino quando, alla fine di un’udienza in piazza San Pietro, ha ricevuto le delegazioni delle squadre. Mancava qualche giorno alla finale di Coppa Italia ed era una giornata di sole sfolgorante. Io stringevo in mano la maglia della Roma personalizzata per lui, con stampato sulla schiena il numero 1 e il nome papa Francesco. Mi è venuto incontro con un sorriso aperto e divertito, ha preso la maglia che gli porgevo, ha letto e ha riso di gusto. Ma c’è un episodio che non mi aspettavo: quando il Papa mi ha teso la mano, io per istinto mi sono chinato a baciarla, mentre dal suo gesto mi sono accorto chiaramente che lui non ci pensava nemmeno, me l’aveva porta solo per stringerla come si fa tra amici. Con la sua umiltà mi ha messo subito a mio agio e avergli potuto dare la maglia giallorossa è stato per me un piacere indimenticabile. Anche perché, diciamolo, avere un Papa tifoso, che se ne intende davvero e che a Buenos Aires andava allo stadio non è cosa da poco per noi calciatori, significa che apprezza il nostro lavoro e che anche lui un pochino ammira noi. In agosto ai giocatori delle nazionali argentina e italiana ha detto che prima di essere campioni siamo uomini, con la responsabilità dell’esempio che diamo... non è facile, ma ci proviamo! In fondo anche lui si è chiamato Francesco per seguire l’esempio del santo e in questi mesi lo ha dimostrato tutti i giorni. Da Francesco a Francesco, lo aspetto al ritorno da Assisi: forse resterà un sogno, ma in fondo non mi meraviglierei se un giorno me lo trovassi lì allo stadio, vestito di bianco, in tribuna o addirittura a bordo campo. Io ci spero, anzi, ci credo.
(testo raccolto da Lucia Bellaspiga)