Piazze piene e classi vuote oggi in tutta Italia per lo sciopero della scuola proclamato dai
sindacati del settore - di nuovo insieme dopo 7 anni - contro il progetto di riforma dell'istruzione targato Renzi.
In migliaia - insegnanti, bidelli, studenti ma anche genitori
con prole al seguito - hanno sfilato a Bari (25.000), Cagliari
(ai 5 mila in corteo si sono uniti gli operai del Sulcis),
Catania, Milano (30.000), Palermo (una cinquantina di insegnanti
ha occupato l'assessorato alla Pubblica istruzione), Roma
(100.000) e in tante altre città. Lo hanno fatto per dire "no"
ai superpoteri dei presidi, per reclamare un piano di assunzioni
che riguardi tutto il personale docente e Ata impiegato da anni
precariamente, per opporre un deciso "no" a incursioni per legge
su materie contrattuali come le retribuzioni e la mobilità del
personale e anche per sollecitare il rinnovo di un contratto di
lavoro scaduto da "troppi" anni. Nelle piazze si sono fatti
vedere anche Camusso, Furlan, Barbagallo e il leader della Fiom,
Maurizio Landini. L'adesione allo sciopero é stata alta: sfiora
l'80% secondo i sindacati (in attesa del dato ufficiale della
Funzione Pubblica).
"Noi ascoltiamo la protesta, è giusto affrontarla ed entrare
nel merito" ha commentato Renzi da Bolzano dove un migliaio di
studenti ha sfilato per le vie del centro, a poca distanza dal
teatro Rainerum dove il premier partecipava a una convention del
Pd. "Del merito continueremo a discutere nei prossimi giorni:
sulle assunzioni di determinate categorie piuttosto che di altre
e sull'organizzazione del sistema scolastico" ha spiegato,
stavolta da Trento, il presidente del consiglio che però resta
convinto di una cosa: "il governo ha messo più soldi sulla
scuola ed è pronto a incentivare la grande intuizione che è
l'autonomia, cioè la possibilità per la scuola di non essere in
mano alle circolari ministeriali o sindacali ma alle famiglie e
agli studenti: se facciamo questo sulla scuola cambiamo l'Italia
sennò non andiamo da nessuna parte".
Toni concilianti da parte del ministro Giannini. Se alla
vigilia della protesta, in un'intervista, aveva parlato di
"sciopero politico" e "strategia elettorale" oggi ha assicurato
"rispetto per lo sciopero, come è doveroso che sia" pur
chiedendo analogo rispetto "per il governo che fa il suo lavoro,
propone un progetto educativo molto innovativo e rispetto per il
Parlamento che è il portatore delle istanze di cambiamento del
provvedimento stesso".
Certo è che il dissenso espresso, al di là dei numeri
sulle adesioni (il balletto di cifre tra questure e
organizzatori è un rituale a cui difficilmente si sfugge),
almeno a parole, non può essere ignorato. La protesta "merita
di essere considerata con grande rispetto e attenzione" ha
scritto su Fb la presidente della Camera, Laura Boldrini. E
Piero Grasso ha offerto la disponibilità del Senato a sentire i
docenti che oggi hanno scioperato perché per la Buona scuola
"serve un confronto positivo per arrivare a soluzioni
possibilmente condivise".
I sindacati - le cui ragioni sono sostenute e condivise anche
da una fronda del Pd, da Sel e dal M5S - non vogliono
accontentarsi di promesse o interventi di maquillage. L'iter parlamentare del ddl va avanti, la
commissione Cultura della Camera ha lavorato anche oggi e lo
stesso farà nei prossimi giorni. Il testo che uscirà dall'Aula
dimostrerà quanto le "aperture" del Governo sono state tradotte
nero su bianco.