Doveva essere l’occasione per riaprire un dialogo, rischia invece di riaccendere le polveri della protesta. Le tre ore di confronto di ieri pomeriggio a Palazzo Chigi tra governo e sindacati sulla riforma della buona scuola non solo non ha portato ad alcun passo avanti, ma ha addirittura irrigidito le posizioni, con un fronte sindacale che parla apertamente di «mobilitazione che continua » ipotizzando un nuovo sciopero generale - sull’onda di quello del 5 maggio scorso - e di arrivare al blocco degli scrutini. Uno scenario tra i più foschi, alla vigilia dell’approdo in aula di Montecitorio del testo della riforma passato al vaglio della commissione Cultura. E oggi a varcare il portone di Palazzo Chigi saranno le associazioni dei genitori, mentre ieri alcune sigle studentesche hanno boicottato le prove Invalsi alle scuole superiori. Un clima pesante, che però non sembra togliere serenità al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che parla di «confronto e di dimostrazione concreta che il governo continua a dialogare, mentre il provvedimento fa il suo corso». Parole che stridono con le dichiarazioni di fuoco di tutti i leader sindacali (generali e di categoria) all’uscita dall’incontro. Ad irritare l’assenza di qualsiasi apertura del governo sui tre punti della discordia: assumere più precari, cambiare la valutazione dei docenti, approvare il contratto nazionale. «È ancora come se avessimo la pistola puntata alla tempia – dichiara il leader della Uil Carmelo Barbagallo –. Valuteremo con i sindacati di categoria eventuali iniziative di mobilitazione. Non ci sono risposte soddisfacenti». E anche la leader della Cgil Susanna Camusso parla di «mobilitazione che prosegue. È chiaro a tutti che il ddl così come è anche rispetto alle poche modifiche apportate è un modello non condiviso nella scuola. Continueremo perciò a batterci per cambiarlo». Più possibilista la segretaria generale della Cisl Anna Maria Furlan: «Ci sono ancora momenti in cui si può cambiare il provvedimento – dice –, il governo si è impegnato al confronto, ci sarà un nuovo incontro tra il ministro Giannini e le categorie». Durissimi i commenti anche dei sindacati autonomi (Cobas, Gilda e Snals), per i quali il documento nonostante le modifiche «non cambia lo spirito e l’impianto», che hanno portato alla mobilitazione unitaria del 5 maggio scorso in tutta Italia con migliaia di docenti in piazza a esprimere il proprio dissenso verso il documento all’esame del Parlamento. Eppure 'smussamenti' e 'variazioni' al testo sono stati apportati al testo (come riferiamo in altro articolo,
ndr), ma per i sindacati non basta. A mancare sono le aperture sui tre punti già citati e questa assenza, specialmente dopo una mobiltazione nazionale come quella dello scorso 5 maggio, brucia moltissimo ai sindacati, che si attendavano un atteggiamento differente da parte del governo. Quest’ultimo, pur non chiudendo al dialogo, ha voluto ribadire che su alcuni punti chiave non intende spostarsi. È, dunque, andato a vuoto l’invito del presidente del Consiglio Matteo Renzi a «non fare divisioni politiche sulla pelle della scuola», lanciato in mattinata al videoforum di Repubblica.tv. «Siamo disposti ad ascoltare i sindacati su tutto – aveva detto il premier –. La scuola funziona se è di tutti e non siamo disposti a bloccare la qualità nella scuola». Durissima anche la polemica sul boicottaggio dei test Invalsi alle superiori. «Boicottare le prove significa usare gli studenti a fini politici. La battaglia politica va fatta fuori dalle aule scolastiche» scrive in un tweet la responsabile nazionale scuola del Pd, Francesca Puglisi, seguita da analoghe dichiarazioni da parte di altri suoi colleghi del Pd. Durissimo anche il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone che parla di «indecenza».