domenica 5 maggio 2013
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L’Anno della fede passa anche per Santa Marta. È ormai evidente, infatti, che le omelie delle messe feriali celebrate da papa Francesco presso la sua residenza non sono solo una parte importante della sua tipica oratoria ma costituiscono un riferimento, un appuntamento atteso, seguito come stimolo, anzitutto, per il cammino alla fede di tutti. Cada dia, ogni giorno. «Proponendosi», secondo le stesse parole pronunciate da papa Francesco all’inizio del suo pontificato nella ripresa delle catechesi del mercoledì, come «una sorta di pellegrinaggio verso ciò che per ogni cristiano rappresenta l’essenziale: il rapporto personale e trasformante con Gesù Cristo, Figlio di Dio, morto e risorto per la nostra salvezza». La cadenza di queste omelie è nella strada dell’ordinarietà, della dimensione familiare, perché è la quotidianità della fede che aiuta la fede. Ed è proprio in questa scelta del vissuto ordinario la loro forza, che le rende paradigmatiche del magistero di Francesco. Sono omelie caratterizzate dalla brevitas, mai più di otto minuti, secondo il criterio da sempre adottato da Bergoglio, e che egli prepara ogni mattino dalle sei alle sei e trenta, dopo il tempo non breve dedicato alla preghiera e alla meditazione personale. Traggono tutte ispirazione dalle letture della liturgia del giorno e si articolano alla luce dei passi delle Sacre Scritture per aprire al mistero delle fede e della vita cristiana, al cammino della Chiesa nella storia degli uomini. Secondo l’intento che è stato centrale anche per l’avvio della Riforma liturgica affinché questa potesse riattivare la sua funzione di annuncio evangelico: dare al Popolo di Dio la ricchezza e la forza attrattiva che è propria della Parola di Dio, portarla, seminarla nella ferialità. Un aspetto, questo, che era rimasto offuscato dai contrasti postconciliari sull’applicazione della Riforma e anche dalle successive tendenze che della liturgia hanno fatto un terreno di battaglia di diverse sensibilità ecclesiali. Ma proprio l’ordinarietà quotidiana dei credenti è stato ed è l’orizzonte del Concilio stesso. Al culmine dell’avventura conciliare l’allora teologo bavarese Ratzinger affermava che l’orizzonte ultimo del Concilio rimaneva «sempre l’ordinarietà quotidiana vissuta dai credenti e dai loro contemporanei». Per lui, già allora, «nessun Concilio per quanto grande sia il suo impeto può di per se portare il rinnovamento della cristianità. Esso è piuttosto il punto di partenza, l’impulso iniziale che deve prolungarsi nella ordinarietà della vita cristiana quotidiana. Un Concilio non porta da nessuna parte se poi ognuno di noi non vive della fede, della speranza, della carità». Seguire anche da lontano le messe feriali di papa Francesco è allora uscire dai propri recinti, trovarsi o ritrovarsi nel bel mezzo della fede, nel bel mezzo del vento conciliare, senza nessun incantesimo, nessuna chiusura farisaica, senza fatica. Portati, semplicemente, così. Nel discorso a braccio ai parroci e al clero di Roma del 14 febbraio scorso Benedetto XVI aveva detto: «Mi sembra che cinquant’anni dopo il Concilio appare il vero Concilio con tutta la sua forza spirituale. Ed è nostro compito, proprio in questo Anno della fede, cominciando da questo Anno della fede, lavorare perché il vero Concilio, con la forza dello Spirito Santo, si realizzi e sia realmente rinnovata la Chiesa». Anche questo è il magistero di Santa Marta.
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