Milano ore 9. È alla pompa di benzina che la stangata fiscale da titolo di giornale si materializza per la prima volta nel portafoglio: 70 euro per un pieno che prima si fermava a 64. Per altri lo choc arriva compulsando le tabelle sull’età del pensionamento, scorrendo le date di un futuro da avventure nello spazio: 2025, 2030, 2035. Ci si vede sempre più vecchi, ma mai abbastanza anziani per andare a riposo. Perfino per le pensioni sociali – gli assegni per chi non ha lavoro o troppo pochi contributi – dal 2013 si alza l’età di oltre un anno. E ci si interroga su come faranno quei 65enni a sopravvivere 16 mesi in più senza redditi. E ancora la nuova Ici, che solo a sentire parlare di rivalutazione delle rendite del 60% tremano i polsi: «Quanto mai vorrà lo Stato per questa casa tutta da rifare?».
La maxi-manovra ha fatto irruzione così nelle nostre vite, nelle nostre case. La crisi economica – che negli anni passati ha toccato nel profondo solo una parte della popolazione: quella che ha perso il lavoro o ha subìto il calo delle vendite – ora interessa tutti o quasi. Si è materializzata come difficoltà sistemica, economica e finanziaria, delle società private e soprattutto dei conti pubblici. Un’emergenza nazionale che ha richiesto terapie forti immediate. Parlare ancora di «medicina amara » appare eufemistico. Siamo alla chemioterapia: il cancro, quel misto di inadempienze nostre e speculazione altrui, ci stava divorando e doveva essere bloccato. E come la chemio questa manovra è difficile da 'digerire': provoca rigetto, fa cadere i capelli. Ma resta necessaria, da assumere assolutamente. Perché l’alternativa... è condannarsi a non avere i fondi pubblici per pagare le pensioni, in buona parte finanziate con le imposte, gli stipendi dell’amministrazione, l’accesso gratuito alle strutture sanitarie, i mezzi per andare a lavorare...
Restano però aperte almeno tre questioni tra loro correlate. La prima è che la terapia d’urto ha dei costi alti, provoca forte inflazione e avrà un impatto recessivo, se non verranno contemporaneamente prescritti 'ricostituenti' e vitamine per favorire la crescita economica. Ma questo non lo dobbiamo certo insegnare noi alla squadra di professori che sta al governo (e, infatti, già si comincia a ragionarci su...). La seconda questione riguarda la somministrazione del medicinale, che può essere meglio dosata. Senza stravolgere la cura, in Parlamento si può operare pensando che abitare in una casa da 100 metri in 2 o in 5 non è uguale. E che mille euro di pensione non sono un baluardo tale da mettere al riparo dalla crescita dei prezzi, trovando le entrate alternative da chi ne ha magari così tante da 'doverle' riporre all’estero.
La terza questione infine concerne, diciamo così, l’anamnesi e la diagnosi del male che ci attanaglia. La ricerca delle radici profonde della crisi del nostro modello di sviluppo. E che trovano nella questione demografica un aspetto decisivo, allo stesso tempo concausa e termometro dello stato di disagio in cui siamo. Il lungo inverno di nascite dal quale veniamo, il grande gelo calato sulla famiglia nell’ultimo quarto di secolo – insidiata nei valori fondanti, caricata sempre e solo di nuovi oneri e non aiutata a svilupparsi – non vanno tralasciati come un lusso che non ci si può permettere o come un tema politico che l’esecutivo tecnico non può affrontare di concerto con le grandi forze parlamentari e le realtà propositive della società civile. Proprio per l’onesta lungimiranza dimostrata da Mario Monti e dai suoi ministri ci si aspetta finalmente un saggio segnale di attenzione: oggi rimodulando il prelievo dell’Imu, e nei prossimi mesi impostando la riforma del fisco in chiave pro-famiglia.Ora che abbiamo «il migliore e più sostenibile » sistema pensionistico d’Europa è il momento di colmare l’enorme gap che ci separa dalle politiche familiari di Germania e Francia. Qualsiasi cura, infatti, anche la più efficace, non dà garanzie contro le recidive e non consente un duraturo recupero, se non si cambia anzitutto stile di vita. Questo serve per tornare in piedi.