Dunque, si comincia. Un mese e un giorno dopo la rinuncia di Benedetto XVI, il momento tanto atteso è giunto. E porta con sé il consueto apparato di domande. Che conclave sarà? Breve o lungo? Dall’esito prevedibile o sorprendente? E alla fine chi sarà il prescelto? Come sempre, però, quando si guarda all’elezione di un nuovo Papa, la tentazione di inforcare gli occhiali che di solito servono a leggere altri tipi di consultazioni elettorali (quelle politiche in primis) è tanto forte quanto fuorviante. Il Conclave, invece, è ben più che un computo di voti e completamente differenti devono essere le sue categorie interpretative. Prendiamo ad esempio una delle caratteristiche più oggettive dei 115 cardinali elettori. Le statistiche pubblicate in questi giorni dicono che 72 porporati (cioè appena cinque in meno dei "fatidici" due terzi richiesti per l’elezione) sono tra i 70 e gli 80 anni, 38 fra i 60 e i 70 e solo cinque hanno meno di 60 anni. Un’età media molto alta, quindi. Ebbene, quali sono le caratteristiche che di solito vengono associate a questa fase della vita? L’esperienza e la saggezza, innanzitutto. Meno, molto meno, la fantasia, anzi la creatività, che nell’immaginario collettivo (e spesso anche nei fatti) è più appannaggio della gioventù. Tuttavia, se guardiamo alla storia degli ultimi 150 anni, possiamo facilmente smentire proprio questo tipo di osservazione, perché quasi sempre i Conclavi – a dispetto dell’elevata età media dei loro membri – sono risultati degli autentici laboratori di creatività. Prima ancora di fare l’esempio più evidente – la svolta assolutamente imprevista e innovativa legata alla scelta di Karol Wojtyla – ricordiamo quanto avvenne il 20 febbraio 1878. Quel giorno ad essere eletto fu un cardinale 68enne (per quell’epoca in un’età già molto avanzata), per il quale i più previdero null’altro che un Pontificato di transizione, dopo quello molto lungo di Pio IX. Quel cardinale si chiamava Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci e, quasi in contrasto al carattere mite di cui era accreditato, scelse di chiamarsi Leone XIII. Leone poi lo fu non solo nel nome, dando vita a un pontificato assai fecondo, coronato dalla straordinaria "invenzione" della Dottrina sociale della Chiesa. Da allora e fino ai nostri giorni, la creatività del Conclave ha tornato a produrre risultati sorprendenti e Papi santi ed eccellenti. Si pensi alla scelta di Giovanni XXIII, altro Pontefice «di transizione» e che "inventò" il Concilio Vaticano II. Oppure allo stesso Papa Pacelli e al suo ruolo in uno dei frangenti forse più tragici dell’intera storia umana. Non ci voleva forse grande creatività per affidare la Barca di Pietro a un diplomatico, unica eccezione nella serie di Pontefici pastori dall’inizio del Novecento? E non fu originale anche la scelta di Benedetto XV, profetica voce contro la guerra in un’epoca che considerava i conflitti come «l’igiene dei popoli»? O l’elezione di Albino Luciani, che nei suoi 33 giorni di raccordo tra due giganti (Paolo VI e Giovanni Paolo II) riscaldò il cuore dei fedeli con la sua parola alta e il suo umile sorriso? Del resto non può essere un caso che su undici Vescovi di Roma, da Pio IX in poi, uno sia già santo (Pio X) tre beati (lo stesso Pio IX, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II) e per altri tre (Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo I) sia in corso la causa di beatificazione. Perché questa è in fondo l’unica categoria che conta quando si parla del Conclave: la forza creativa della santità. In sostanza la capacità di scegliere l’uomo giusto al momento giusto, secondo l’identikit che lo Spirito Santo detta alla «razionalità allargata» – direbbe Benedetto XVI, altro Pontefice presentato come "conservatore" che ha dato prova di grande e rivoluzionaria creatività - dei cardinali elettori. Nel ’68 andava di moda uno slogan: «la fantasia al potere». In un certo senso è ciò che avviene dentro la Sistina. Ma lì il potere è solo quello di Dio. E la fantasia, anzi la creatività, consiste nel sapergli fare spazio. Avverrà anche in questa occasione.