Caro direttore, ai più deve sembrare, in questi giorni, che le adozioni in Italia – sia nazionali sia internazionali – comportino una facile acquisizione di figli legittimati: questa è la corretta definizione dopo la legge 184 del 1983. Ero la prima firmataria, da deputato, della proposta di legge per l’adozione internazionale ma, al Senato, la collega Iervolino aveva presentato a sua volta una proposta di riforma delle adozioni. E poiché al Senato questa era stata messa all’ordine del giorno prima che alla Camera, ci accordammo per unificare i testi in quella sede, pur di concludere in un tempo ragionevole l’iter (bei tempi quando non si cercava la visibilità personale ma il risultato. Tanto gli interessati conoscevano tutto...). L’articolo 1 recita quanto non può né deve essere, sovvertito: «Il minore ha diritto alla propria famiglia». Pertanto solo quando non si realizza questo diritto, lo Stato si preoccupa di individuare soluzioni che assicurino al minore la crescita come per gli altri figli, secondo il dettato costituzionale. I media non di rado segnalano quanto sia burocratica la procedura per ottenere una adozione; e ricordano anche che sono molti i minori «negli istituti» (che non ci sono più...), ma non spiegano che, invece, gli 'adottabili' sono meno di quanto si creda. Ci sono state trasmissioni televisive che hanno ben raccontato quanto sia difficile dimostrare l’abbandono dei figli da parte di genitori o la loro incapacità genitoriale. Per questo la legge prevede un istituto 'eroico' di grande generosità e disinteresse: l’affido temporaneo e non finalizzato alla adozione per i minori non adottabili. Si è fatta tanta strada nel riconoscere i diritti dei minori: recentemente anche ad avere zii e nonni. Non sembri strano, ma bisogna ricordare che i minori hanno già subito, e per anni, le conseguenze delle scelte degli adulti portando con sé titoli di illegittimità, di figliastro, di fratellastro, di nato fuori dal matrimonio... e, quindi, una condizione di separati dal parentado. Discriminati a causa dei genitori biologici. Voglio dire che è materia da trattare con cura la dignità inviolabile dei minori, che è più fragile della pari inviolabilità di tutti noi. Ebbi l’onore di poter contare sulla consulenza di due straordinari protettori dei minori, due giudici: Meucci e Carlo Alfredo Moro. Non ho mai dimenticato il loro insegnamento. Temo che in Parlamento i legislatori che difendono l’art. 5 sulla
stepchild adoption non conoscano le difficoltà e i drammi di assegnazione dei figli fra genitori separati o divorziati e quanto siano tragici i conflitti per l’affidamento reciproco o esclusivo. Si pensi alle conseguenze di liti fra adulti nel caso di figli 'acquistati' o di un coniuge che non condivide il nuovo status del suo coniuge separato. Infatti, in tutto ciò l’aggravante è data dalla diversa e doppia procedura: gli adulti si rivolgono al tribunale ordinario, mentre è il Tribunale dei minori che decide sui figli. Da tempo giace in Parlamento (da quando ero deputata, firmata allora con Maria Eletta Martini), ed è stata da me ripresentata in Senato nella passata legislatura, una proposta di legge per l’istituzione del 'Tribunale della famiglia e dei minori'. Gli attuali legislatori, se intendono davvero affrontare i seri problemi che hanno di fronte in questi giorni e non vogliono farne una questione ideologica, stralcino il tema adottivo dal ddl sulle unioni civili e con la stessa determinazione affrontino la discussione della riforma delle adozioni e, complessivamente, le norme attinenti che, davvero, dimostrano inadeguatezze rispetto alla più avvertita sensibilità attuale in merito ai diritti dei più deboli.