Come monache benedettine, abbiamo subito accolto con profonda empatia l’iniziativa della giornata di preghiera per tutti i cristiani perseguitati indetta dalla Presidenza della Cei per oggi, solennità dell’Assunta. Con una scelta certamente ben mirata, questa proposta si inserisce nel viaggio che il Santo Padre sta compiendo in Corea per la Giornata della gioventù asiatica, cui è rivolto un significativo appello: «Gioventù dell’Asia, svegliati! La gloria dei martiri risplende su di te!». Per i cristiani è sempre tempo di martirio.
Sono ancora vivissimi nella memoria del nostro cuore le persecuzioni e il martirio di tanti nostri fratelli e sorelle che nel XX secolo sono caduti vittime dei totalitarismi atei, offrendo eroiche e commoventi testimonianze di fede e di amore a Cristo e alla Chiesa. Mentre continuano ad affiorare documenti inediti che gettano nuova luce sulle atrocità di tali persecuzioni, ecco che sul "libro della storia umana" già si stanno scrivendo altre pagine di lacrime e di sangue per un crescendo di violenza e di disumanità che non trova giustificazione sufficiente nella malvagità della natura umana ferita dal peccato. Bisogna riconoscere perciò che si tratta della presenza del mistero d’iniquità; il maligno sa – e la solennità dell’Assunzione lo ricorda anche a noi – che gli «rimane poco tempo» (Ap 12,12); per questo si infuria contro la Chiesa e fa guerra contro l’umanità (cf. Ap 12,17).
Persecuzione e martirio: ecco, la conseguenza della tragica realtà del male che imperversa sulla terra causando ingiustizia, menzogna, violenza, divisione, là dove dovrebbero regnare giustizia e verità, pace e amore. Ma sappiamo che il male non ha l’ultima parola; esso può persino trasformarsi in un più grande bene, se incontra fedeli discepoli di Cristo pronti a fare della propria vita – come fece il loro Maestro – un dono per la salvezza di tutti, se sono pronti a dare la testimonianza del perdono e dell’amore senza misura.
Persecuzione e martirio non sono solo una eventualità, ma una realtà in atto in varie parti del mondo, una realtà che, se non ci colpisce ancora direttamente, tuttavia ci ferisce profondamente per la nostra intima compartecipazione alla tragica sorte di tanti nostri fratelli cristiani che vivono in Iraq, in Nigeria, in Siria, nella Terra Santa e altrove. Non possiamo inoltre dimenticare le varie forme di persecuzione più nascoste e insidiose che sono in mezzo a noi e che, se non uccidono fisicamente, uccidono, però, spiritualmente, tentando di spegnere nei cuori la fede e la sete di Dio. Ovunque il cristianesimo si trova contrastato dalla mentalità del mondo ateo o idolatrico; per questo si richiede ai cristiani una più grande vigilanza, una fede più viva, un più ardente amore.
«Non possiamo tacere» s’intitola il messaggio della Cei per questa giornata di preghiera. Davvero, non possiamo tacere di fronte alla violenza di cui tanti nostri fratelli cristiani sono vittime; non possiamo tacere davanti all’aperta violazione di uno dei diritti umani più importanti, quello della libertà di religione; non possiamo tacere di fronte alla tracotanza con cui si disprezzano i valori più sacri, si profanano luoghi di culto, si cerca di cancellare la memoria della civiltà cristiana, proprio là dove è sorta e da dove si è diffusa.
Se non possiamo tacere, non possiamo però neppure parlare con il linguaggio della contro-violenza, con il linguaggio dei forti e dei prepotenti. L’unica nostra voce, specialmente in quanto persone consacrate, può essere quella dell’umile preghiera, nella certezza di fede che essa, nella sua apparente povertà, è invece il grido più alto che arriva al cuore di Dio, è la forza buona che vince il male e insieme il balsamo più efficace per sanare le ferite, poiché attinge la grazia dal cuore di Cristo trafitto. Essa non si limita a qualche espressione verbale, ma è intessuta con i fili dell’offerta, del sacrificio, della pazienza, insieme con quelli della gratitudine e della gioia, nell’adesione pronta e generosa a ogni volere o permissione di Dio.
Noi accogliamo perciò la proposta della Cei come un invito a prendere rinnovata consapevolezza del significato e delle esigenze della nostra vocazione monastica, per viverla in pienezza nell’oggi della storia contemporanea, particolarmente segnata da un aperto o subdolo accanimento contro il cristianesimo. È molto significativo che questa giornata di orante raccoglimento coincida con la solennità dell’Assunzione, la "Pasqua di Maria". In questo giorno, infatti, il cielo si apre sulla terra, e dalla terra lo sguardo si eleva con più fiducia al cielo, dove già vede splendere il dolce volto della Vergine Madre che dall’alto rivolge su tutta l’umanità gli occhi suoi misericordiosi.
Come comunità monastica, canteremo solennemente nel cuore della notte fino all’alba, e poi ancora la Liturgia delle Ore alternata a momenti di profondo silenzio contemplativo, fino a sera, quando ci raduneremo nel chiostro per fare la "serenata" a Maria, cantandole le più belle melodie e i più struggenti canti popolari. È il modo più idoneo per noi di esprimerle il nostro grazie e la nostra devozione filiale, ponendoci sotto la sua protezione materna insieme con tutti i cristiani che ovunque soffrono per mantenersi fedeli.
* monaca benedettina, Abbazia «Mater Ecclesiæ»
Isola San Giulio - Orta (Novara)