La crisi uccide anche dentro. Anche di solitudini e vergogna, che «derivano dalle povertà» e che «più spesso le avvolgono, le amplificano, le esasperano. Ibernando un numero crescente di persone e famiglie in una sorta di vuoto, dal quale non paiono esserci vie di uscita. A meno di voler praticare quelle, estreme, che possono condurre fino all’autoannullamento o al suicidio». Era la prima giornata di lavoro dei gruppi, ieri, al "Convegno nazionale delle Caritas diocesane". Quasi 600 rappresentanti delle 220 Caritas diocesane riuniti dall’altro ieri per confrontarsi su cinque tematiche: migranti, famiglie, solitudine, giovani e dipendenze.Chi si rivolge al centro d’ascolto di una Caritas ha bisogni sempre più complessi «la cui componente materiale può essere acuta o impellente, ma non spiega l’intera condizione di disagio, di malessere e di esclusione». La crisi incendia la solitudine. La esaspera. E spesso la vergogna l’avvita in una spirale senza fondo. Anche perché le solitudini segnalate da quasi tutti gli operatori Caritas sembrano essere "orizzontali", legate alle rotture familiari, come «gli uomini che restano senza casa, gravati in maniera abnorme dagli obblighi economici nei confronti dei congiunti», ma anche «donne fragili, violate, spesso madri sole con figli che faticano a mantenere e crescere».Anche anziani privati di relazioni familiari e comunitarie che aiutino a sopportare mali fisici e fragilità economiche. Minori «isolati perché figli dell’esclusione economica delle proprie famiglie», ma anche strozzati «in una rete di relazioni virtuali o in una frenesia di impegni che li condannano all’incapacità di coltivare relazioni significative e formative». E infine ci sono mille e mille volti altri di solitudine. Quelli dei disoccupati e quella degli imprenditori oppressi dal proprio fallimento.Ecco perché c’è ormai una «preoccupazione costante della Chiesa all’interno della società», spiega monsignor Francesco Soddu, il direttore di Caritas italiana: «Però l’obiettivo del nostro convegno è la testimonianza del nostro essere cristiani proprio all’interno di quella preoccupazione, proprio con l’attenzione primaria alle povertà». Senza neppure chiedersi se ci sia una aumento della testimonianza: «Dev’esserci una costante tensione alla vigilanza», ripete Soddu.Lo ribadisce Leonardo Becchetti, docente di economia, «abbiamo bisogno di testimoni credibili e operatori competenti, oggi soffriamo la distanza tra operatori che dimenticano l’anima quando diventano esperti addetti ai lavori e testimoni sensibili, che però non hanno strumenti e sono bollati come anime belle». Per ribaltare questa situazione, va rilanciata l’esigenza di formazione e «l’identificazione delle vie di partecipazione economica e politica» attraverso le quali «tutti siano protagonisti del cambiamento verso il bene comune».