lunedì 28 luglio 2014
Con la gente anche alcuni parlamentari e consiglieri regionali M5s che polemizzano con Chiamparino.
Eterologa, i paletti del ministero
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Omessa risposta, violazione del processo democratico ed evidenti contraddizioni. Per queste ragioni il Comitato europeo per Uno di Noi, l’iniziativa che aveva portato a raccogliere due milioni di firme per il riconoscimento della dignità dell’embrione umano, ha presentato ricorso presso la Corte di giustizia dell’Unione europea in Lussemburgo contro la Commissione europea, il Consiglio d’Europa e il Parlamento europeo. Il ricorso è volto a chiedere l’annullamento della comunicazione 355 con cui la Commissione stessa aveva deciso di non trasmettere la proposta legislativa “Uno di noi” al Parlamento europeo e al Consiglio Ue. Il 28 maggio scorso infatti, nell’ultimo giorno del suo mandato, l’ex Commissione Barroso aveva posto il veto all’iniziativa dei cittadini “Uno di noi - One of us”, la più grande petizione della storia delle istituzioni europee, sostenuta da 1.721.626 firme certificate di cittadini da 28 nazioni, promossa per chiedere la fine dei finanziamenti pubblici europei a pratiche che comportino la deliberata distruzione di vite umane prima della nascita.Già all’indomani della decisione Grégor Puppinck, rappresentante del Comitato, aveva espresso «profonda delusione per una Commissione sorda che esercita un potere illegittimo, poiché spetta al Parlamento europeo pronunciarsi politicamente sul merito dell’iniziativa». Secondo quanto rilevato dai promotori della campagna, la Commissione, invece di riconoscere il successo della campagna, con la bocciatura aveva frustrato il meccanismo di partecipazione popolare istituito dal Trattato di Lisbona che, in questo modo, risulta svuotato delle sue finalità.Anche Carlo Casini, presidente del Comitato Italiano aveva parlato di responso «inaccettabile», perché «evita di esaminare i punti critici e non prende neppure in considerazione la domanda fondamentale relativa alla necessità che le istituzioni europee riconoscano il concepito come un essere umano, cioè come uno di noi fin dal concepimento». Contestualmente, Casini aveva anche lanciato un appello internazionale a scienziati, giuristi e politici per riproporre l’iniziativa al nuovo Parlamento con ancora maggior forza.Puppinck, dal canto suo, aveva assicurato che per il Comitato la procedura non era affatto chiusa: «da una parte la decisione della Commissione è suscettibile di ricorso presso la Corte di Lussemburgo, dall’altra è stato eletto un nuovo Parlamento e verrà nominata una nuova Commissione». E il ricorso è arrivato. Il Comitato, nell’istanza al tribunale del Lussemburgo presentata il 25 luglio, deduce l’assenza di una risposta appropriata in merito alle questioni sollevate contestando in primo luogo alla Commissione di non aver risposto all’affermazione secondo cui l’embrione umano è un essere umano e, in seconda battuta, di aver ingiustamente ed erroneamente messo da parte la decisione Oliver Brüstle contro Greenpeace, pronunciata il 18 ottobre 2011, anche se pienamente rilevante per la definizione dello status dell’embrione. Secondo quanto riportato nel ricorso inoltre, la Commissione non ha affrontato evidenti contraddizioni, come il sostenere che non viene “incoraggiata” la ricerca sull’embrione, mentre, di fatto, viene comunque finanziata la ricerca che presuppone la distruzione degli embrioni. Infine, si contesta alla Commissione un’evidente violazione del processo democratico, laddove gli obiettivi del trattato di Lisbona sono volti a migliorare la legittimità democratica delle istituzioni e incoraggiare la partecipazione dei cittadini europei nel processo democratico. «Se un ECI può essere respinta dalla Commissione per ragioni soggettive o arbitrarie senza essere esaminata dal Parlamento», denuncia Grégor Puppinck, «gli obiettivi del Trattato sono contrastati e la ECI è un meccanismo falso di democrazia partecipativa».
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