Un paizente che dipende da strumenti tecnici di ausilio vitale
Una forzatura mediatica su un discutibile parere di un comitato etico, per un diritto che non c’è: accade sulla richiesta di Mario di accedere in Italia al suicidio assistito secondo la sentenza 242/2019 della Consulta. Innanzitutto non c’è alcun via libera, per ora. Non è del Comitato etico l’ultima parola, e il Servizio sanitario non ha doveri verso chi chiede il suicidio assistito, anche se dovessero sussistere i requisiti previsti: ogni medico può rispondere sì o no caso per caso, senza invocare l’obiezione di coscienza perché non ci sono diritti esigibili, come spiega la Corte costituzionale. Manca poi la procedura da seguire, e non è un dettaglio burocratico: non solo quale farmaco e come somministrarlo, ma cosa fare se la persona non morisse velocemente.
Il parere del Comitato etico marchigiano, non vincolante, lascia a dir poco perplessi sui trattamenti di sostegno vitale: scrive che non sono presenti «macchinari» – ventilazione, idratazione e alimentazione artificiali – ma spiega che Mario «ha impiantato un pacemaker, è fornito di un catetere vescicale a permanenza ed è sottoposto a manovre di evacuazioni manuali», che «svolgono un ruolo sussidiario per le funzioni fisiologiche ed intervengono in caso di aritmia cardiaca». Se si interrompessero questi trattamenti, specifica il Comitato, Mario avrebbe complicanze che lo farebbero morire con dolore e senza dignità, e per evitarlo si dovrebbe intervenire pesantemente. Il Comitato lascia al lettore la conclusione: considerare tali presidi come sostegni vitali.
Questo sembra l’orientamento del Comitato, che però non l’ha scritto: forse perché chiamare sostegno vitale un catetere o una evacuazione manuale, equiparandoli alla ventilazione assistita, è sembrato eccessivo? È un’interpretazione che non ha niente a che fare con i paletti della Consulta: se definiamo sostegno vitale un trattamento la cui sospensione causa la morte, dobbiamo includere ogni trattamento sanitario, a partire da antibiotici e tachipirina. È più onesto parlare di morte assistita su richiesta, quando la persona ha una situazione cronica inguaribile che causa una sofferenza – non dolore fisico – insopportabile, dove la soglia della sopportabilità non può che essere indicata dal malato. Quindi, tranne rare eccezioni, tutti gli anziani e i disabili avrebbero accesso al suicidio. E perché escludere chi soffre di depressione profonda? Una morte assistita per chiunque ritenga che vivere sia una sofferenza insopportabile: è il punto cui ci stiamo velocemente dirigendo.