Il Parlamento Europeo di Strasburgo - Ansa
Il riferimento alla maternità surrogata nel testo di compromesso adottato dalla Commissione Libe (Libertà, Giustizia e affari interni) del Parlamento Europeo il 5 ottobre nel quadro della riforma della direttiva sulla lotta al traffico degli esseri umani non implica un divieto completo. Colpita è esclusivamente la surrogata attraverso l’uso della forza e della coercizione. In effetti, come ha spiegato Avvenire, il testo esplicita chiaramente «surrogata a fini di sfrutta mento riproduttivo», escludendo quindi dalla condanna ogni altro tipo di surrogazione di maternità. Adesso a confermare che il bando totale non c’è interviene un comunicato ufficiale del Parlamento Europeo, firmato dalle due eurodeputate incaricate del dossier, Malin Björk (svedese del gruppo della Sinistra), per la Commissione Libe, e Maria Eugenia Rodriguez Palopp (spagnola, anche lei del gruppo della Sinistra) per la Commissione Diritti Umani e parità di genere.
«Ci sono state affermazioni – scrivono – secondo cui il testo implichi un bando generale della surrogata. Non è questo il caso. Il testo adottato si riferisce esclusivamente alla surrogata per sfruttamento riproduttivo nel quadro del traffico. Il riferimento esplicito a “surrogata per sfruttamento riproduttivo” assicura che se una donna viene costretta attraverso minacce a diventare strumento di surrogata per lo scopo di sfruttamento riproduttivo sarebbe considerata vittima del traffico e beneficerebbe dei diritti nel quadro di questi di queste norme, e i trafficanti sarebbero perseguiti». Dunque, sottolineano ancora le due eurodeputate, «solo quando tutti questi elementi si verificano siamo di fronte a un crimine, altrimenti non può essere considerato un caso di traffico».
In sostanza, sintetizza Björk, «unicamente la surrogata attuata attraverso l’uso della forza, della minaccia o della coercizione ricade nel campo della direttiva». Non sono dunque coperte del divieto non solo le pratiche di surrogata “solidale” (gratuita, per “solidarietà” con coppie omosessuali o che non possono avere figli), ma anche quelle a pagamento, se non sarà possibile dimostrare che vi è stata coercizione. Tradotto: la vasta pratica attuale del cosiddetto “utero in affitto” non è coperta dal divieto.
La battaglia comunque non è finita, visto che il testo adottato in sede di Commissione Libe dovrà poi essere votato dalla plenaria del Parlamento Europeo, e oltretutto negoziata poi con il Consiglio dell’Ue, che rappresenta gli Stati membri. Una battaglia ardua, visto che alcuni Stati non prevedono il divieto di questa pratica e non hanno alcuna intenzione di introdurla.