«Ecco il codice che origina la vita e che regola le funzioni di tutte le cellule: il codice epigenetico. I ricercatori di tutto il mondo hanno creduto di trovarlo nel Dna, ovvero in quello genetico, investendo enormi capitali per il suo sequenziamento e nei vari tentativi sempre in corso di manipolarlo per i più svariati scopi. Invece questa funzione spetta solamente a quella sorta di software in grado di regolarne l’espressione genica, ovvero il codice epigenetico». <+Ev_nero>Pier Mario Biava<+Ev_testo>, medico del lavoro e ricercatore presso l’Irccs Multimedica di Milano, ha raggiunto dopo quasi trent’anni di studi sul differenziamento cellulare la più grande conferma possibile, che anticipa in esclusiva ad <+Ev_cors>Avvenire<+Ev_testo>. E il traguardo raggiunto apre un cambio di paradigma.
Ci spiega il significato di questo traguardo?Sono riuscito a comprendere come funziona nelle sue componenti specifiche il codice che origina la vita all’inizio della vita stessa. Per capire il significato di questa scoperta dobbiamo immaginare il nostro genoma come il disco rigido di un computer che non sa fare nulla se non è programmato. Ecco, l’insieme degli elementi che lo programma, ovvero che regola l’accensione o lo spegnimento di pacchetti di geni responsabili della sintesi delle diverse proteine, è il codice epigenetico, il "codice che sta sopra a quello genetico". Come un direttore d’orchestra regola il concerto della vita.
In cosa consiste?È l’insieme dei fattori che modulano l’espressione del genoma, essenzialmente proteine ma in piccola parte anche acidi nucleici ad attività regolatoria, ad esempio i micro-Rna.
In che modo è riuscito ad analizzarlo? Ho studiato il codice epigenetico nel breve momento della vita in cui esso è presente nella sua totalità, ovvero durante l’embriogenesi. Solo allora è in grado di regolare i geni che codificano tutte le proteine del nostro corpo. Quando la differenziazione è terminata e tutti gli organi si sono formati, infatti, non è più possibile studiarlo per intero perché viene spezzettato in ogni organo dove ne controllerà la funzione.
Che tipo di esperimenti sono stati condotti?Ho studiato negli ultimi due anni staminali adulte umane isolate dal tessuto adiposo chiarendone gli aspetti fondamentali. Precedentemente avevo individuato nell’embrione di Zebrafish, un pesciolino tropicale utilizzato come modello di studio, tutti e cinque gli stadi di differenziazione delle cellule staminali, e così ho fornito i fattori specifici presenti nei cinque stadi all’équipe di Carlo Ventura, ordinario di Biologia molecolare dell’Università di Bologna, che le ha testate. Gli esperimenti hanno dimostrato che ci sono diverse specifiche funzioni del codice e ognuna è in grado di regolare l’espressione di geni diversi. Inizialmente abbiamo dimostrato la possibilità di mantenere attivi i geni staminali impedendo l’invecchiamento cellulare. Questo lavoro è stato pubblicato nel 2015 sulla rivista
Current Pharmaceutical Biotechnology, mentre l’intero progetto di ricerca è stato condotto sotto l’egida del Consorzio interuniversitario Istituto nazionale biostrutture biosistemi (Inbb), che riunisce ben 23 università italiane.
Quali sono le principali conseguenze di questa scoperta? Mantenere giovani le cellule impedendone l’invecchiamento apre la strada alla rigenerazione dei tessuti e alla prevenzione di fenomeni degenerativi. Precedentemente, lo studio di altre fasi del codice di regolazione mi ha permesso di identificare altri fattori in grado di rallentare la moltiplicazione cellulare e dunque, di frenare o bloccare la crescita incontrollata delle cellule come accade nei tumori o in malattie come la psoriasi. Questa regolazione rallenta la crescita dei tumori perché attiva i geni "oncorepressori" che tentano, in prima battuta, di riparare i danni ma, se troppo estesi, innescano il processo della morte cellulare programmata.
Quali differenze ci sono con la tecnica di riprogrammazione ideata da Yamanaka?La frazione del codice epigenetico che abbiamo isolato per la prima volta al mondo si è rivelata in grado di mantenere attivi in modo naturale i geni staminali capaci di impedire l’invecchiamento cellulare. Sono gli stessi geni che Shinya Yamanaka, il ricercatore giapponese premio Nobel per la Medicina 2012, aveva introdotto in modo artificiale nella cellula adulta per farla ritornare bambina ottenendo le ormai famose "staminali pluripotenti indotte" o Ips. Ma la loro applicabilità è ancora incerta perché questa manipolazione genetica blocca le cellule allo stadio proliferativo. E queste, una volta trapiantate, danno facilmente origine a tumori. Nelle nostre ricerche, viceversa, le cellule rimangono giovani senza manipolazioni, proprio sulla base di una regolazione "fisiologica".
Un cambiamento radicale...La vita si organizza sulla base di programmi informativi che forniscono, alla stregua di applicazioni, pacchetti di istruzioni precise: queste sono unità inscindibili, che non vengono utilizzate se sono frammentate. È come scaricare una app sul telefonino: non funziona se non la si scarica tutta. Nasce, perciò, una medicina che considera l’organismo non come la somma di singole parti o cellule ma come un sistema complesso in cui scorrono flussi di informazione, dove la malattia è data dall’alterazione dei meccanismi con cui avviene questa comunicazione. Ripristinandola, la guarigione è possibile. E, soprattutto, la biologia non è solo materia ed energia ma informazione intelligente che informa di sé il tutto: l’equilibrio dell’Universo è assicurato da questa informazione che ha già in sé tutto ciò che serve per la vita.