lunedì 16 settembre 2024
L'assemblea di Palazzo Madama inizia l'esame del testo, che però tornerà subito in Commissione per le audizioni chieste dalla maggioranza. Tempi lunghi, in cerca di un consenso
L'aula del Senato

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La legge sul fine vita approda in aula al Senato, ma con ogni probabilità non si andrà oltre la fissazione di un percorso di audizioni nelle Commissioni congiunte Giustizia e Affari sociali e una riconvocazione che potrebbe slittare al prossimo anno. Dovrebbe essere il presidente di quest’ultima, Domenico Zaffini di Fdi a formalizzare lo slittamento, in presenza di un calendario di 90 audizioni (di cui solo 13 chieste dai partiti di opposizione) che dovranno svolgersi i prossimi martedì, con la prospettiva molto difficile, quindi, di poter arrivare in porto entro novembre, quando prenderà il via, sino a fine anno, la sessione di bilancio.
«Una forma di ostruzionismo», per il capogruppo del Pd Francesco Boccia. Anche più duro Orfeo Mazzella, capogruppo M5s in Commissione Affari Sociali, che parla di «continui e vergognosi rinvii», e apertamente di «audizioni ostruzionistiche, nonostante le forti spinte della società civile». Oltre che di «mancanza di volontà politica di affrontare seriamente la questione».

Assicura che non è così il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri, sebbene il segretario degli azzurri Antionio Tajani abbia detto nei giorni scorsi che «il fine vita e lo ius scholae non sono certo delle priorità per il governo». Ma questo non vuol dire che la maggioranza si opponga al varo di una legge: «Per fare le audizioni ci vuole tempo e ci verrà detto quanto ne occorre per fare le cose per bene. Serve calma e sangue freddo. Non ci opponiamo a una legge – assicura Gasparri –, nessun ostruzionismo, ma nemmeno possiamo farci dettare il calendario dagli altri».

La scorsa legislatura al termine di un ostruzionismo, in quel caso conclamato, delle opposizioni si arrivò all’approvazione alla Camera, della proposta di legge formulata dal dem Alfredo Bazoli, che ricalcava, ma non del tutto secondo diverse componenti dell’attuale maggioranza, le prescrizioni della Consulta per configurarsi la non punibilità del suicidio assistito. E cioè: la prognosi infausta, la piena dipendenza dai macchinari per il mantenimento in vita (i “tratametitamenti di sostegno vitale) e la non sopportabilità delle sofferenze da parte dal malato. «Viene previsto un sistema di verifica di queste condizioni rigoroso ed efficace – spiega Bazoli – e deve anche essere valutata la piena capacità di intendere e di volere».
Nel frattempo è intervenuto un nuovo pronunciamento della Consulta, lo scorso luglio, e in agosto il presidente della Consulta Augusto Barbera, intervenendo al Meeting di Rimini, nel ribadire il divieto di eutanasia nel nostro ordinamento, ha di nuovo motivato i ripetuti interventi della Corte verso l’inerzia perdurante del Parlamento. «Il fatto – sottolinea ancora Bazoli – è che il testo è stato incardinato davanti alle commissioni Giustizia e Affari Sociali del Senato circa 7 mesi fa e da allora ci sono state solo due sedute con 5-6 auditi in totale. Mi pare che il Parlamento ci faccia una brutta figura. Se si andrà avanti così l’intenzione di governo e maggioranza diventerà sempre più evidente: siccome non riescono a trovare l’accordo tra di loro neanche su questo si continuerà con un nulla di fatto. Ma io mi auguro ancora che non sia così, che la volontà di legiferare vi sia, e per questo non si può che ripartire dalla mia proposta decaduta con la fine della legislatura. D’altronde, se c’è davvero la volontà di intervenire non credo ci si possa discostare di molto da quanto avevamo previsto».

Con la nuova legislatura gli equilibri parlamentari sono però notevolmente mutati, ma restano in vigore naturalmente tutte le indicazioni della Consulta. E questo spiega i dubbi che tuttora attraversano la maggioranza circa la opportunità di legiferare. Intanto le fughe in avanti dettate dall’associazione Luca Coscioni aprono sempre nuovi squarci e nuovi casi giudiziari che poi fatalmente finiscono davanti alla Corte Costituzionale.

L’associazione Pro Vita & famiglia continua a sostenere che «l’approvazione di una qualsiasi legge sul suicidio assistito aprirebbe la strada alla morte per migliaia di cittadini sofferenti, oggi privi delle cure palliative». I partiti dell’attuale maggioranza hanno sempre insistito proprio sull’esigenza di assicurare prima sul territorio nazionale adeguate cure palliative in grado di prevenire le richieste di suicidio assistito, senza lasciare soli i malati terminali nella loro sofferenza. Ma questo richiede un massiccio investimento che difficilmente, nelle attuali ristrettezze, si può ipotizzare sin dalla prossima legge di Bilancio. E anche questo aspetto potrebbe contribuire a far slittare ogni decisione al prossimo anno.

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