Lo hanno trovato che piangeva in un bagno di un centro commerciale di Lauria, in provincia di Potenza. A sentire i vagiti è stata una signora, che ha dato l'allarme. Il 118 lo ha trasportato il neonato all'ospedale di Lagonegro. È un maschietto, di carnagione e lienamenti europei. È stato abbandonato poco dopo essere stato partorito e le sue condizioni sono buone.
I Carabinieri stanno facendo indagini e stanno
visionando anche le immagini riprese dall'impianto di
videosorveglianza del centro commerciale.
Sulla vicenda sono intervenuti alcuni sostenitori del progetto "Ninna ho", che cerca di combattere gli abbandoni e aiutare le mamme in difficoltà. "È con grande sgomento e dispiacere che apprendiamo della triste notizia del ritrovamento
di un neonato abbandonato in un centro commerciale. Si tratta di un fenomeno che ultimamente ritorna con una tragica regolarità, anche se non rende la reale dimensione del problema, considerato tutto il sommerso", dicono
Mariavittoria Rava (presidente della Fondazione Francesca Rava) e
Giovanni Rebay (partner di Kpgm), partner del progetto "Ninna
ho".
Il progetto, avviato nel 2008, con il patrocinio del
ministero della Salute e della Società italiana di neonatologia,
"nasce proprio per contrastare simili episodi, per aiutare le
mamme in difficoltà e tutelare i neonati a rischio di abbandono
e infanticidio".
"Ci appelliamo ai media nazionali, territoriali, in
particolare a Potenza e nelle città dove le culle sono state
installate, alle istituzioni e agli enti ospedalieri, affinché -
aggiungono Rava e Rebay - ci aiutino ad amplificare sempre più
la conoscenza di queste possibilità per le mamme in difficoltà
salvando così preziose vite".
"Il progetto Ninna ho - proseguono - è nato proprio con
l'obiettivo di ridurre e arginare questo grave fenomeno,
attraverso l'informazione sulla possibilità consentita dalla
legge italiana di partorire in anonimato e, se la madre è in
grave disagio, di lasciare in ospedale il neonato che verrà
affidato a una nuova famiglia. Ogni donna può ricorrere alle
strutture pubbliche e avvalersi del diritto all'anonimato, senza
temere l'espulsione, se clandestina, ma vivere l'ospedale come
luogo amico, dove può essere aiutata".