Francesca Di Maolo con un giovane ospite del Serafico di Assisi
Nei giorni scorsi ad Assisi abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci su temi che toccano il cuore della nostra società: la disabilità, l’inclusione, il rispetto della dignità umana. E l’incontro con il ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli, ha rappresentato un momento di riflessione importante: abbiamo potuto affrontare con lei un dibattito sulla necessità di un nuovo corso, di un nuovo cammino, di una trasformazione culturale che ponga al centro la dignità umana e la persona con le sue complessità e sfaccettature. Troppo spesso, infatti, la disabilità viene percepita come un problema da gestire, un onere sociale, uno stigma. Ed è un gravissimo errore considerarla tale, perché in realtà è una condizione che riguarda tutti, non deve essere relegata a una minoranza: non è la persona disabile a dover adattarsi alla società ma è la società che deve diventare accogliente, inclusiva e realmente accessibile. E questo richiede un cambiamento veramente profondo, che inizi dalle nostre menti e dai nostri cuori e abbatta tutte quelle barriere fisiche e mentali che impediscono una vera inclusione: solo superandole sarà possibile creare ponti che uniscono e creano legami reali.
Sono profondamente orgogliosa del nostro Paese, di un'Italia che su questi temi ha saputo essere all'avanguardia e fare da traino per tutti gli altri. Nonostante le difficoltà che attraversiamo in tanti settori, nel campo della disabilità e dell'inclusione abbiamo saputo tracciare una strada che oggi molti altri Paesi guardano come un esempio da seguire. Penso, ad esempio, alla terminologia che usiamo: parole che, seppur apparentemente piccole, racchiudono una rivoluzione culturale. Penso anche alla recente riforma sulla disabilità, un passo nella giusta direzione che ci invita a non fermarci, a continuare a lavorare per garantire che tutti abbiano accesso alle stesse opportunità. E penso al primo G7 su Inclusione e Disabilità che tra poche settimane si terrà proprio qui in Italia, in Umbria. Sarà un G7, come ci ha garantito il ministro Locatelli, che andrà oltre le parole e punterà davvero a investire su competenze e talenti di ogni persona, affinché tutti possano contribuire alla vita sociale in modo pieno e significativo. A volte la disabilità viene ancora percepita come una condizione di infelicità o di povertà umana. I nostri ragazzi, dopo un sorriso di circostanza, vengono apostrofati come “poverini” o “infelici”. Ma che errore! Che gravissimo errore commette chi non conosce la straordinaria felicità che si può sperimentare accanto a qualcuno che ha bisogno di una mano tesa.
Noi al “Serafico” di Assisi diventiamo le braccia, le gambe e la voce dei nostri ragazzi, offrendo loro quella libertà che ogni essere umano merita di vivere e di esprimere in tutte le sue dimensioni, fisiche e mentali. Ed è bellissimo. La dignità della persona passa attraverso la cura, certo. Ma non si esaurisce in essa. È necessario garantire anche una dimensione sociale e affettiva, perché tutti hanno diritto alla piena partecipazione alla vita sociale. La vita è degna di essere vissuta, sempre. Anche quando sembra più difficile, anche quando sembra che non ci sia una via d’uscita, anche con la disabilità grave. Non permettiamo che qualcuno pensi il contrario, combattiamo per cambiare i cuori e le menti. Perché è nostra responsabilità, come comunità, rendere la vita di ciascuno degna e piena. Dobbiamo far capire alla politica e alla società che la persona è un insieme di tante e diverse dimensioni; siamo tutti diversi, abbiamo migliaia di sfaccettature, ma tutti condividiamo una cosa in comune: la dignità.
È scritto anche nella nostra Costituzione, all’articolo 2: « La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo», e quindi tutti siamo chiamati a essere solidali. Il rispetto non è solo una questione di gentilezza o di buone maniere; il rispetto è il riconoscimento dell’altro, è il vedere davvero l’altro per quello che è, al di là delle sue disabilità. Non può esserci sviluppo senza inclusione, lo abbiamo ribadito tantissime volte anche durante “The Economy of Francesco”. Sì, è vero: serve uno sforzo. Ma è dalla tessitura dei fili che uniscono le comunità che nasce la vita. Ecco perché la disabilità non può essere considerata un problema di una minoranza, ma deve riguardare l’intera comunità. Ed ecco perché, come ho ribadito anche durante i miei incontri con le istituzioni, la vita è sempre degna, sempre! Siamo noi che dobbiamo renderla tale.
* Presidente dell’Istituto Serafico di Assisi