giovedì 3 ottobre 2024
Dalla Consulta scientifica del Cortile dei Gentili, luogo di riflessione tra laici e cattolici sui grandi nodi etici, un documento che cerca una via condivisa per una legge sul suicidio assistito
L'immagine sulla copertina di "Dialogo sul suicidio medicalmente assistito"

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Il suicidio medicalmente assistito (Sma) è senza dubbio una delle realtà più complesse da affrontare, sia a livello etico che nella vita reale e nella pratica clinica, qualsiasi siano i riferimenti valoriali e le convinzioni etiche di partenza. E la complessità è andata aumentando nel tempo mano a mano che terapie e tecnologie mediche sempre più avanzate hanno permesso di mantenere in vita pazienti in passato destinati a morire molto rapidamente e ad accompagnare con cure palliative e contro il dolore le fasi più avanzate di molte patologie.

Non meraviglia quindi che non si sia ancora riusciti a varare una norma completa, che stabilisca criteri di autorizzazione e modalità attuative concrete e definite, e che si sia fermi a livello normativo alla legge n. 219/2017, che regolamenta il consenso informato e le disposizioni di trattamento, e alla sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019, che identifica i criteri di non punibilità dell’assistenza al suicidio medicalizzato, ribaditi nella recentissima ulteriore sentenza della Corte n. 135/2024 dello scorso luglio. Disposizioni normative importanti, ma che non definiscono i criteri cui attenersi nei casi nei quali si ponga la necessità di autorizzare lo Sma nel rispetto dei principi costituzionali.

Nell’ambito della sua attività di confronto e dialogo tra cattolici e laici sui temi di maggiore rilevanza sociale ed etica, il Cortile dei Gentili ha varato ora un documento dal titolo Dialogo sul suicidio medicalmente assistito (Edizioni Cnr, 125 pagine) con l’obiettivo di indicare una strada di necessaria regolamentazione nazionale lungo il «crinale tagliente» – come lo ha definito il cardinal Ravasi nella presentazione al Senato – tra due posizioni apparentemente inconciliabili, quella della tutela della vita a tutti i costi e quella del rispetto della sofferenza estrema e della autodeterminazione della persona. Sulla base dei vari contributi contenuti nel documento a firma dei componenti della Consulta scientifica del Cortile dei Gentili, il capitolo introduttivo (curato da Cinzia Caporale e Laura Palazzani) offre due contributi di rilievo, il primo relativo ai «massimi etici condivisibili», vale a dire i punti di incontro a livello etico tra le varie posizioni, da porre alla base delle decisioni di etica pubblica; e il secondo relativo alle proposte di regolamentazione, controllo e pratica clinica.

Per quanto riguarda i principi bioetici su cui la Consulta nel suo insieme ha trovato un accordo, i principali sono i seguenti: il rispetto del diritto universale alle cure, a qualsiasi latitudine, in qualsiasi fase della malattia e con tutti i mezzi possibili; il rifiuto dell’accanimento terapeutico, come già stabilito dalla legge 219; il rifiuto dell’eutanasia, da tenere ben distinta dal suicidio medicalmente assistito; la prudenza rispetto ai rischi di un “pendio scivoloso” verso una svalutazione della vita, e in particolare delle cosiddette “vite non degne”; la considerazione dei rischi insiti nell’attuale situazione di “staticità normativa”. Per ciò che attiene alle proposte di regolamentazione, il documento del Cortile riprende e amplia i criteri autorizzativi già prefigurati dalla sentenza della Corte, soffermandosi in particolare sui seguenti: irreversibilità della patologia, ingravescenza della perdita di autonomia funzionale, complessità clinica assistenziale e limitate aspettative di vita, ovvero «quell’insieme di elementi che determinano una condizione nella quale la malattia diventa l’esistenza stessa del paziente, il suo unico orizzonte»; sofferenza insopportabile, refrattaria e non lenibile; competenza e capacità autonoma di decisione del paziente, rilevata dal curante con l’aggiunta del parere di uno specialista terzo; dipendenza da trattamenti di sostegno vitale invasivi e onerosi per la vita del paziente e per la sofferenza indotta.

A ciò si aggiunge che il Cortile non ritiene in questa fase di prevedere tra i criteri di autorizzazione quello della malattia psichica, se con in presenza degli altri criteri. Sul piano delle procedure il documento propone il superamento urgente per via normativa dei Comitati etici territoriali come soggetti della valutazione e l’istituzione di Comitati per l’etica clinica, con la partecipazione di esperti clinici e bioeticisti. Si richiede inoltre il rafforzamento dell’impegno nelle cure palliative, nell’ascolto del malato e della sua famiglia e nel sostegno psicologico, e si condivide l’opzione dell’introduzione di una clausola di coscienza per gli operatori coinvolti. Infine si sollecita un maggiore impegno nella ricerca scientifica e biomedica, attinente al fine vita, e nella formazione degli operatori. Presentando il documento, Giuliano Amato, presidente del Cortile e della sua Consulta scientifica, ha posto l’accento sul ruolo fondamentale del terzo settore e del mondo del volontariato e dell’associazionismo nel sostenere i malati, le loro famiglie e gli operatori nel difficile processo di accompagnamento nella fase del fine vita, un accompagnamento di cui ci sarà comunque ancora bisogno dopo la definizione necessaria delle norme.

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