Secondo l’oroscopo cinese, l’anno del drago, l’ultimo dei quali è stato il 2012, è il migliore per mettere al mondo figli e garantire loro un futuro ricco di soddisfazioni. Proprio l’anno scorso, il quotidiano
The Guardian raccontava dell’impennata del mercato degli uteri in affitto in Cina, dove vige la politica del figlio unico e la maternità surrogata consente così di aggirare la legge. Un vero e proprio business, molto florido, alimentato da un alto numero di donne che vendono il proprio grembo. Come Gao (il nome è di fantasia), che, ancora al
Guardian, raccontò la sua storia: 200mila yuan per portare avanti la gravidanza che sarebbe terminata con la consegna del figlio alla coppia sterile che aveva commissionato il bimbo. La donna, trentaduenne, espresse la speranza di trovare presto un’altra coppia bisognosa di un utero, visto che la carriera di una madre surrogata è necessariamente limitata nel tempo. L’affitto dell’utero può portare a guadagnare, in nove mesi, fino all’equivalente di 120 stipendi medi in Cina. Spesso le madri surrogate vengono reclutate da agenzie che le obbligano a risiedere in dormitori comuni, rispettando ferree regole di vita. Nel marzo scorso, una di queste agenzie è stata chiusa, grazie a una serie di controlli che avevano accertato l’esistenza di un mercato nero degli uteri in affitto. Risale infatti al 2001 la decisione con la quale il ministero della Salute cinese mise al bando la maternità surrogata. Eppure non mancano storie come quella di Gao, dai contorni estremamente inquietanti. A fine 2011, la Bbc riferiva di un caso clamoroso, risalente all’anno precedente, che riaccese il dibattito sugli uteri in affitto in Cina. Una coppia aveva fatto ricorso alla fecondazione artificiale. Degli otto embrioni concepiti in laboratorio, tre erano stati impiantati nell’utero della madre biologica, mentre gli altri cinque erano stati distribuiti su due madri surrogate, per un costo totale di quasi 160 mila dollari. Il portavoce della Commissione per la pianificazione familiare operante nella regione dove si registrarono le otto nascite dichiarò che più che per la violazione della politica del figlio unico, il caso era finito sotto la lente d’ingrandimento delle autorità proprio perché legato a pratiche illegali di affitto dell’utero. Per evitare di incorrere nelle conseguenti sanzioni, il procedimento di impianto nell’utero degli embrioni delle coppie committenti a volte viene eseguito all’estero. In India, snodo centrale del mercato della maternità surrogata che solo recentemente sta tentando di arginare queste procedure fuori controllo, ma non solo. Anche la vicina Thailandia è coinvolta nel business globale del bebè su ordinazione. Come informa la clinica Newlife Thailand, con sede a Bangkok, in Thailandia l’affitto dell’utero è una pratica legale in virtù di un vuoto legislativo in materia. La clinica propone diversi pacchetti. La semplice maternità surrogata costa poco più di 28mila dollari, di cui 9.400 sono per la donna che affitta l’utero e altri 3.600 sono per il vitto da garantirle durante i nove mesi di gravidanza. Il resto serve per pagare le spese mediche ed ogni altra necessità. Il prezzo totale può superare i 50mila dollari qualora si decida di rivolgersi a due madri surrogate per ottenere due figli. Proprio la Thailandia fu teatro di una storia drammatica venuta alla luce nel febbraio del 2011. Quattordici donne furono liberate da uno stato di vera e propria schiavitù in cui erano state ridotte da un’agenzia operante nel settore della maternità surrogata. Alle ragazze, tutte vietnamite, era stato confiscato il passaporto, con la minaccia di non restituirlo fin quando non avessero acconsentito all’impianto di embrioni nel loro grembo. A seguito delle indagini delle autorità thailandesi, furono arrestati quattro cittadini di Taiwan - tra cui la donna a capo dell’organizzazione, accusata di traffico di esseri umani - un cinese e tre uomini provenienti da Myanmar. Un racket, dunque, che si estendeva ben oltre i confini della Thailandia.A metà luglio, Fox News ha pubblicato un reportage in cui si raccontavano i viaggi di coppie che da Taiwan, Paese in cui affittare uteri è illegale, si recavano in India, Corea del Sud e Giappone. Proprio dal Giappone, nel 2008, giunse notizia di una maternità surrogata attraverso la quale una donna sessantunenne accolse in grembo il figlio di sua figlia, ovvero il proprio nipote. Yahiro Netsu, il medico che seguì il processo di surroga, già nel 1998 aveva subito un richiamo della Società giapponese di ostetricia e ginecologia per aver eseguito una fecondazione artificiale eterologa. Il 6 agosto scorso poi, la sua clinica, la Suwa Maternity Clinic di Nagano, è finita al centro di uno scandalo legato all’ammissione di aver eseguito aborti su feti con malformazioni. Tra le mete di chi cerca uteri in affitto c’è anche la Corea del Sud, dove nel 2011 fu arrestato un uomo che dal 2008 ad allora aveva organizzato 29 maternità surrogate. Tra i capi d’accusa, quello di aver organizzato commercio di gameti femminili, che servivano a creare gli embrioni da impiantare.