Una «nuova prospettiva etica universale, attenta ai temi del creato e della vita umana», con l’obiettivo di «rilanciare con forza l’umanesimo della vita che erompe dalla passione di Dio per la creatura umana»: è l’impegno culturale al quale papa Francesco chiama la Pontificia Accademia per la Vita, a 25 anni dalla sua fondazione per opera di san Giovanni Paolo II su impulso del grande genetista Jerome Lejeune, del quale è in corso il processo di canonizzazione. In una lettera al presidente dell’Accademia monsignor Vincenzo Paglia, il Santo Padre indica tre fondamentali obiettivi ai quali l’istituzione deve puntare nel suo futuro per animare il dibattito bioetico, sapendo «elaborare argomentazioni e linguaggi che siano spendibili in un dialogo interculturale e interreligioso, oltre che interdisciplinare».
1. La bioetica globale
Il criterio di riferimento per la tutela e la promozione della vita umana, secondo il Pontefice, è oggi la ricostruzione di un umanesimo, che «in tanti decenni» è stato invece logorato e confuso «con una qualsiasi ideologia della volontà di potenza», ideologia che oggi «si avvale dell’appoggio convinto del mercato e della tecnica» e che è da «contrastare». La «differenza della vita umana – spiega Francesco – è un bene assoluto, degno di essere eticamente presidiato, prezioso per la cura di tutta la creazione». Questo nuovo «orizzonte umanistico», da «riaprire» anche «in seno alla Chiesa» e fondato sulla visione cristiana dell’uomo come creatura a immagine del Padre, è in grado di produrre una «sintesi antropologica all’altezza di questa sfida epocale». Si tratta infatti di «rendere la riflessione su questi temi sempre più attenta al contesto contemporaneo, in cui il ritmo crescente dell’innovazione tecnoscientifica e la globalizzazione moltiplicano le interazioni, da una parte, tra culture, religioni e saperi diversi, dall’altra, tra le molteplici dimensioni della famiglia umana e della casa comune che essa abita». La risposta a questo scenario è la «bioetica globale, con la sua visione ampia e l’attenzione all’impatto dell’ambiente sulla vita e sulla salute».
2. Le manipolazioni dell’umano.
La riflessione bioetica della Chiesa deve puntare sulle «nuove tecnologie oggi definite "emergenti e convergenti". Esse – spiega il Papa – includono le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le biotecnologie, le nanotecnologie, la robotica». Evidente la preoccupazione di Francesco: «Avvalendosi dei risultati ottenuti dalla fisica, dalla genetica e dalle neuroscienze, come pure della capacità di calcolo di macchine sempre più potenti, è oggi possibile intervenire molto profondamente nella materia vivente. Anche il corpo umano è suscettibile di interventi tali che possono modificare non solo le sue funzioni e prestazioni, ma anche le sue modalità di relazione, sul piano personale e sociale, esponendolo sempre più alle logiche del mercato. Occorre quindi anzitutto comprendere le trasformazioni epocali che si annunciano su queste nuove frontiere, per individuare come orientarle al servizio della persona umana, rispettando e promuovendo la sua intrinseca dignità».
3. Diritti umani e fraternità
La bioetica come riflessione sulla vita umana a partire da una riconoscibile visione dell’uomo non può prescindere secondo il Papa da una chiara visione della «giustizia che mostri il ruolo irrinunciabile della responsabilità nel discorso sui diritti umani e la loro stretta correlazione con i doveri, a partire dalla solidarietà con chi è maggiormente ferito e sofferente». Questa premessa rende possibile affermare che «la medicina e l’economia, la tecnologia e la politica che vengono elaborate al centro della moderna città dell’uomo, devono rimanere esposte anche e soprattutto al giudizio che viene pronunciato dalle periferie della terra». Giustizia e diritti umani parlano la lingua degli esclusi, anche dal progresso: «Di fatto, le molte e straordinarie risorse messe a disposizione della creatura umana dalla ricerca scientifica e tecnologica – spiega il Papa – rischiano di oscurare la gioia della condivisione fraterna e la bellezza delle imprese comuni, dal cui servizio ricavano in realtà il loro autentico significato. Dobbiamo riconoscere che la fraternità rimane la promessa mancata della modernità. Il respiro universale della fraternità che cresce nel reciproco affidamento – all’interno della cittadinanza moderna, come fra i popoli e le nazioni – appare molto indebolito. La forza della fraternità, che l’adorazione di Dio in spirito e verità genera fra gli umani, è la nuova frontiera del cristianesimo».
Il Papa ricorda anche il grande impegno dell’Accademia lungo un quarto di secolo «per la promozione e la tutela della vita umana in tutto l’arco del suo svolgersi, la denuncia dell’aborto e della soppressione del malato come mali gravissimi, che contraddicono lo Spirito della vita e ci fanno sprofondare nell’anti-cultura della morte. Su questa linea – aggiunge – occorre certamente continuare, con attenzione ad altre provocazioni che la congiuntura contemporanea offre per la maturazione della fede, per una sua più profonda comprensione e per più adeguata comunicazione agli uomini di oggi». Francesco chiede però anche di presare attenzione alla «distanza fra l’ossessione per il proprio benessere e la felicità dell’umanità condivisa», che «sembra allargarsi» sino «a far pensare che fra il singolo e la comunità umana sia ormai in corso un vero e proprio scisma». Uno sguardo umanistico ed esistenziale che allarga l’orizzonte dell’Accademia e la stessa frontiera della bioetica senza negare nulla di ciò che ha segnato il suo percorso storico ma espandendo a tutto campo l’energia della passione per l’uomo figlio di Dio.