mercoledì 23 ottobre 2024
All’Università di Torino un confronto tra voci di estrazioni ideali differenti per cercare punti in comune sulla questione sempre più attuale del “morire con dignità”. Una "palestra" di rispetto
Accompagnare nel fine vita? È l’«università dell’esistenza»
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Il Master in Bioetica, Pluralismo e Consulenza etica dell'Università di Torino ha organizzato un convegno dal titolo “Che significa accompagnamento alla fine della vita? Approcci e paradigmi etici a confronto”, il 26 ottobre 2024. Accompagnare qualcuno nel fine vita significa non abbandonare, ma essere presenti accanto a chi vive il momento più fragile. Le domande che emergono sono molte: la morte è davvero una fine definitiva o è un passaggio verso altro? E qual è il ruolo di chi accompagna: attendere la morte o accettare la richiesta di anticiparla?
Il convegno si apre con una riflessione sul principio dell’autodeterminazione, con l’invito di Maurizio Mori a considerare come la libertà individuale, anche nel momento della morte, sia un elemento essenziale della dignità umana. Giuseppe Battimelli, invece, esamina come, nel corso delle diverse epoche, l’accompagnamento alla morte abbia conciliato la libertà individuale con l’idea di lasciare che il processo si compisse senza interventi che ne accelerassero il decorso.
Paolo Malacarne, Mariella Immacolato e Mario Riccio sollecitano la riflessione sui dilemmi etici e medico-legali posti dal suicidio medicalmente assistito e dall’eutanasia, sollevando interrogativi sulla tensione tra la libertà individuale e il valore della vita.
Sull'importanza delle cure palliative, Michele Corengia mostra come queste rappresentino un modo per alleviare la sofferenza senza interferire con il naturale corso della vita, mettendo al centro la dignità e la compassione per il paziente fino all'ultimo respiro.
Luigi Marini, sacerdote, offre una riflessione sul significato dell’accompagnamento nel fine vita dal punto di vista della tradizione cattolica, ricordando come attraverso l’accompagnamento spirituale-religioso, il morire può acquisire un senso profondo.
In una visione globale, Ana Cristina Vargas mostra poi come le diverse culture del mondo declinino l’accompagnamento nel fine vita, evidenziando le differenze e le somiglianze nelle esperienze di morte. A ciò si collegherà l’intervento di Italia Buttiglione, che esplora l’importanza del contesto familiare e sociale nel sostenere chi si avvicina alla fine della vita. Sonia Ambroset si concentra invece sugli aspetti psicologici che coinvolgono sia i malati che coloro che li accompagnano, mettendo in luce quanto la dimensione emotiva sia cruciale in questo percorso.
Le sfide etiche legate ai bambini e ai pazienti con malattie degenerative vengono affrontate da Elisabetta Bignamini e Manuel Soldato. Bignamini si concentra sull’accompagnamento dei più piccoli, mentre Soldato discute i bisogni specifici di chi affronta malattie degenerative, con attenzione alle questioni pratiche ed etiche.
Come moderatrice del convegno, sottolineo che l'accompagnamento nel fine vita è una sorta di “università dell’esistenza”: un’esperienza che ci insegna cosa significa essere umani quando il tempo diventa fugace e le priorità si ridefiniscono. È il momento in cui si recuperano legami, si pronunciano parole taciute. Accompagnare non è solo una scelta individuale, ma un atto di responsabilità collettiva. È fondamentale garantire che nessuno si trovi a chiedere di morire perché si sente solo o abbandonato, ma che, invece, ognuno venga sostenuto per vivere con dignità fino al termine della sua vita.

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