Idee chiare, strategia per applicarle ancora da definire. E se sulla carta si parla di nuove linee guida per l’applicazione della fecondazione eterologa, la realtà è che da oggi a lavorare sull’argomento penserà un gruppo di esperti selezionato appositamente dal ministero e che all’orizzonte si profila – ormai quasi certamente – un passaggio della questione in Parlamento.Legge 40, la “ferita” aperta dalla recente sentenza della Corte Costituzionale resta aperta (e dolorante). Via il divieto di eterologa, si è stabilito, ma i nodi da sciogliere sono talmente tanti che lo stesso ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha pensato ieri di smorzare gli entusiasmi: tutto, per ora, resta fermo: «Ci sono ancora molte questioni organizzative e di tutela della salute da chiarire – ha detto –. La legge sulla procreazione medicalmente assistita era pensata per la fecondazione omologa, dunque con cellule della coppia. Questa è una nuova attività». E per la nuova attività in questione, ecco la lunga lista di paletti da sistemare con attenzione: una selezione diversa e molto più attenta dei donatori (con test infettivi e genetici stringenti), un limite massimo di donazioni (tra 5 e 10 è un’ipotesi), la tutela delle donne donatrici di ovuli (no a iperstimolazioni eccessive e qualsiasi forma di sfruttamento), il divieto di cataloghi con le caratteristiche genetiche dei gameti (ci saranno solo garanzie sanitarie) e di rimborsi per chi li mette a disposizione. Ancora, il punto cruciale e di più difficile soluzione: il diritto all’anonimato del donatore, che si scontra tuttavia con il diritto inalienabile del figlio a conoscere le proprie origini biologiche.Che fare? La via che il ministro Lorenzin ha annunciato di voler percorrere è quella di nuove linee guida sull’argomento. Precedute, però, da un passaggio tecnico non di poco conto: una fase istruttoria, per cui già da oggi saranno al lavoro 20 esperti, che dovrebbe chiudersi alla fine di luglio. «È il percorso giusto, anzi, indispensabile – ha commentato il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù –: questioni come queste vanno affrontate con prudenza e consapevolezza». Sì anche ai controlli sui gameti e ai test infettivi, come chiede il ministro, «e sì al numero limitato di donazioni. Cinque o al massimo dieci. Soprattutto – ha ribadito Dallapiccola – nessuno può pretendere di scegliere il gamete a seconda delle caratteristiche estetiche di chi dona». Sulla stessa linea Eugenia Roccella, deputato del Nuovo Centrodestra: «Quella della Lorenzin – ha detto – è una presa di posizione molto chiara, che mette punti fermi per una regolazione efficace e sicura in tutta Italia, non affidata a contrattazione dei singoli nei centri privati, che spingono per evitare di passare per il Parlamento perché vogliono meno regole possibili». Perplessità sulle sole linee guida ha invece sollevato il vicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica Lorenzo D’Avack: «Sono necessarie ma decisamente insufficienti. Per la fecondazione eterologa, che nulla ha a che vedere con l’omologa, saranno necessari interventi legislativi, non se ne potrà prescindere». Critica l’Associazione italiana dei medici cattolici (Amci): «Tra 5 e 10 donazioni di gameti per ogni donatore? Significa – ha fatto presente il presidente, Filippo Boscia – che ci potranno essere una decina di fratellini e sorelline che, pur se con una possibilità molto bassa, potrebbero arrivare inconsapevolmente a unioni tra consanguinei». Spiazzati, infine, i radicali dell’Associazione Luca Coscioni, che continuano a dare già per operativa la fecondazione eterologa: «Le frasi della Lorenzin creano confusione», hanno rimarcato. Ma quella, a ben vedere, è iniziata con la sentenza della Consulta. Tanto che i centri, ancora, non sanno che fare.