Sono cresciute nel 2021 rispetto all’anno precedente le coppie che hanno fatto ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma) nel tentativo di avere un figlio. La circostanza era quasi scontata dopo le restrizioni dell’anno dei lockdown, ma la crescita del 2021 ha portato l’accesso alla Pma a numeri superiori anche a quelli del 2019. Sono dati che emergono dalla relazione al Parlamento, diffusa nei giorni scorsi dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, sullo stato di attuazione della legge 40/2004, presentata a poche settimane dall’ingresso delle tecniche di Pma nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), tra le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, previsto a partire dal 1° gennaio 2024. La fotografia complessiva indica che, tra il 2020 e il 2021 le coppie trattate – sia con tecniche di I livello (inseminazione) sia di II-III livello (fecondazione in vitro, distinte tra quelle eseguibili con anestesia locale o anestesia generale) – sono passate da 65.705 a 86.090, i cicli effettuati da 80.099 a 108.067 e i bambini nati vivi da 11.305 a 16.625, che rappresentano il 4,2% del totale dei bambini nati nel 2021. « I centri di Pma di II e III livello privati – scrive il ministro – sono in numero superiore a quelli pubblici + privati convenzionati (113 vs 72 + 17), ma svolgono meno cicli di trattamento con tecniche di II-III livello che utilizzano gameti della coppia». E aggiunge che «il 62,1% dei cicli di trattamenti di II e III livello con gameti della coppia si effettua all’interno del Servizio sanitario nazionale (in centri pubblici + privati convenzionati), mentre solo il 27,4% dei cicli con gameti donati viene effettuato in centri pubblici o privati convenzionati a fronte del restante 72,6% che viene eseguito in centri privati». I gameti “donati” – cioè estranei alla coppia – indicano la fecondazione eterologa. Nel complesso, nel 2021, erano attivi 340 centri, di cui 100 pubblici, 19 privati convenzionati e 221 privati (138 di I livello e 2020 di II e III livello). Il ministro segnala che «resta elevata l’età media delle donne che si sottopongono alle tecniche a fresco (cioè senza crioconservazione di gameti o embrioni, ndr) con gameti della coppia, 36,8 anni» e che, «in generale, l’efficacia dell’applicazione delle tecniche di II-III livello con gameti della coppia è leggermente migliorata». Inoltre osserva che «diminuisce il numero di trasferimenti con più embrioni in utero» e quindi i parti gemellari e plurimi (con variabilità tra i diversi centri di Pma) e che «diminuisce la percentuale di esiti negativi sulle gravidanze monitorate».
Infine Schillaci ricorda l’istituzione di due tavoli tecnici al ministero: uno «per approfondire le tematiche relative alla ricerca e alla formazione nella prevenzione e cura dell’infertilità», e un secondo «per approfondire le tematiche concernenti gli stili di vita per favorire la fertilità». Se si valuta l’efficacia delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, il discorso si fa molto più complesso. La relazione spiega che per calcolare i tassi di successo delle tecniche di Pma si è scelto di adeguarsi al criterio cumulativo, adottato anche all’estero, «sommando, nell’anno valutato, il numero delle gravidanze ottenute (o dei parti) sia da cicli a fresco che da scongelamento diviso per i cicli iniziati a fresco».
Ne deriva che «il tasso di gravidanza cumulativo per ciclo iniziato a fresco nel 2021 è stato del 33,4%», il 19% in più di quello delle tecniche solo a fresco. Peraltro con significative differenze a seconda dell’età della donna: se infatti si tocca il 50,3% di gravidanze nelle donne di età non superiore a 34 anni, questo dato scende al 36,9% tra i 35 e i 39 anni, al 18,7% tra i 40 e i 42 e al 10,5% dai 43 anni in su. Più avanti, facendo una panoramica più che decennale, la relazione del ministero segnala che «le percentuali di gravidanza per le tecniche a fresco sono stabili, dimostrando la stessa efficacia dal 2010». Invece «aumentano le percentuali di gravidanza per le tecniche di scongelamento degli embrioni (+ 2,6%) e degli ovociti (+ 0,6%)».
Tuttavia, se si considera che l’obiettivo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita non è solo dare inizio a una gravidanza, ma avere un figlio, allora i numeri sono meno positivi. Infatti il tasso di parti per ciclo iniziato a fresco, cumulativo con quelli che utilizzano ovociti o embrioni congelati, è del 21,8% (un dato che sale al 24% se si guardano i parti per prelievo effettuato a fresco, ovviamente un numero minore dei cicli iniziati). E, anche in questo caso, se si suddividono i risultati a seconda dell’età della donna, si evidenzia un dato ancora più differenziato: i parti sono il 35,2% dei cicli iniziati per le donne che hanno non più di 34 anni, il 24,3% di chi ha fra i 35 e 39 anni, il 10,5% delle età comprese tra 40 e 42 anni e il 4,1% dai 43 anni in su. Un’altra conseguenza delle tecniche di Pma che non si può trascurare emerge da un altro passaggio della relazione (pag. 9).
« A seguito dell’applicazione delle tecniche di Pma di II-III livello sono stati formati 101.035 embrioni trasferibili, ne sono stati trasferiti 39.823 (39,4%) e ne sono stati crioconservati 61.212 corrispondenti al 60,6% dei formati e trasferibili totali». Se sono nati in totale 16.625 bambini, risulta che 23.198 embrioni trasferiti in utero sono già andati persi. E altri 61.212 restano abbandonati nel gelo, nel solo anno 2021.