giovedì 2 marzo 2017
Clamoroso risultato ottenuto all'università di Cambridge che hanno assemblato una serie di cellule in una struttura tridimensionale. Il professor Spagnolo, bioetico: un aspetto positivo e uno negativo
Embrione artificiale di topo creato in laboratorio
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Un embrione creato totalmente in laboratorio, con un sapiente mix di cellule staminali e una sorta di "ponteggio" tridimensionale per consentire alla massa cellulare di crescere e svilupparsi fuori dall'utero. È il risultato clamoroso ottenuto da un team di scienziati dell'Università di Cambridge, che hanno creato in coltura un embrione di topo (a scopo di ricerca scientifica sulle fasi preliminari dello sviluppo della vita, e con l'obiettivo di ridurre i test sugli embrioni umani) vedendo crescere di fatto una vita creata in laboratorio. I ricercatori, che hanno pubblicato lo studio sulla prestigiosa rivista Science, hanno utilizzato sia cellule staminali embrionali di topo, geneticamente modificate, che staminali extraembrionali trofoblasti, preposte alla formazione della placenta, assemblate insieme in una matrice extracellulare tridimensionale.

L'insieme ha iniziato ad auto assemblarsi e a crescere, con un'architettura molto vicina a quella dell'embrione naturale. "Sia le cellule embrionali che quelle extra-embrionali iniziano a comunicare tra loro e si organizzano in una struttura che sembra e si comporta come un embrione", spiega Magdalena Zernicka-Goetz del Dipartimento di Fisiologia, Sviluppo e Neuroscienze, che ha guidato la ricerca. "Lo sviluppo dell'embrione artificiale ha seguito lo stesso iter degli embrioni naturali, ma i ricercatori ammettono che, nonostante "questo embrione ricordi da vicino un embrione vero, è improbabile che si possa sviluppare ulteriormente in un feto sano". Sarebbe necessaria una terza tipologia di cellule staminali, quella che consentirebbe lo sviluppo del sacco vitellino che fornisce nutrimento per l'embrione e all'interno del quale si sviluppa una rete di vasi sanguigni.

Al momento la tecnica potrebbe permettere di sostituire gli embrioni umani nello studio delle primissime fasi fondamentali dello sviluppo."Pensiamo che sia possibile simulare molti eventi evolutivi che si verificano prima dei 14 giorni di gestazione usando staminali embrionali ed extraembrionali umane, con lo stesso procedimento seguito con le cellule di topo", spiega ancora la scienziata. "Sono molto ottimista sul fatto che questo ci permetterà di studiare gli eventi chiave di questo critico stadio dello sviluppo umano, e capire perché spesso prende pieghe sbagliate, senza la necessità di lavorare sugli embrioni".

Spagnolo: due aspetti bioetici, uno positivo e uno negativo

“Da questa scoperta emergono due aspetti bioetici: uno positivo e l’altro negativo”. Lo ha detto Antonio Gioacchino Spagnolo, ordinario di bioetica e direttore dell’Institute of Bioethics and Medical Humanities all’Università Cattolica di Roma, in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000, commentando la nuova scoperta di un team di scienziati dell’Università di Cambridge che è riuscito ad ottenere il primo embrione artificiale di topo.

“L’aspetto positivo – ha spiegato Spagnolo - è legato al fatto che questo tipo di esperimenti porteranno a ulteriori conoscenze sulle modalità con cui si sviluppano le malattie legate allo sviluppo iniziale dell’embrione. In futuro potrebbe essere utile per applicarlo all’embrione umano”.

“L’aspetto negativo – ha proseguito Spagnolo - è legato al fatto che se il passaggio dall’embrione di topo a quello umano si realizzasse potrebbe comportare una grossa difficoltà dal punto di vista etico: per raggiungere determinati risultati positivi per prevenire o curare le malattie legate allo sviluppo dell’embrione si andrebbero ad utilizzare inevitabilmente, nelle prime fasi di sviluppo di questa tecnica, altri embrioni umani, altre vite umane. Si tratterebbe dunque di un uso inappropriato della sperimentazione scientifica per raggiungere risultati che in sé potrebbero essere buoni”.

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