giovedì 26 settembre 2019
La Corte costituzionale "si corregge" e allarga il campo delle possibilità. Filippo Anelli, presidente dell'Ordine: non sia un medico ad avviare il procedimento. E da Roma: per noi non cambia nulla
Archivio Ansa

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All’indomani della sentenza - o, meglio, dell’annuncio dei suoi contenuti -, la Corte Costituzionale corregge il proprio comunicato e amplia la finestra entro la quale è possibile ricorrere al suicidio assistito. Ieri, infatti, tra i prerequisiti di questa scelta si leggeva (anche) la presenza di “una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche”. In mattinata, invece, l’ufficio stampa ha comunicato la necessità di correggere “un errore materiale”, cioè un refuso, presente nel testo diffuso ieri sera: non “sofferenze fisiche “e” psicologiche, ma “o” psicologiche.

Vale a dire che per accedere alla morte programmata non serve la presenza di entrambe, ma solo di una, ovviamente unita agli altri criteri (esistenza di una patologia irreversibile, sottoposizione a trattamenti di sostegno vitale, assunzione di una decisione libera e consapevole, rispetto delle norme su consenso informato, cure palliative e sedazione profonda, e parere del comitato etico territorialmente competente).

“È ora che il Parlamento calendarizzi in aula il dibattito”, ha detto questa mattina in conferenza stampa Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione radicale Luca Coscioni. E Filomena Gallo, segretario dello stesso sodalizio: “Ora ha non soltanto una traccia, ma una base da cui non potrà discostarsi”.

Di segno opposto Filippo Anelli, presidente dell’Ordine dei medici: “Ad avviare formalmente la procedura del suicidio assistito, essendone un responsabile, sia un pubblico ufficiale rappresentante dello Stato e non un medico”, ha scandito a caldo. E se già ieri sera ipotizzava come probabile una forte resistenza del mondo medico a irrogare deliberatamente la morte, stamattina il suo timore è già un dato di fatto: diversi Consigli dell’ordine, tra cui quello di Roma e Novara, hanno infatti preso le distanze dalla sentenza della Consulta.

“Per noi – ha fatto sapere Antonio Magi, che rappresenta i medici della capitale - non cambia assolutamente nulla. Il Codice parla chiaro e all’articolo 17 stabilisce che anche su richiesta del paziente non dobbiamo effettuare né favorire atti finalizzati a procurare la morte”.

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