Cristina Magrini con il papà
«La sua è stata una storia bellissima di difesa e custodia della vita, fino alla fine, grazie all’aiuto di tutta una comunità. Ci fa capire che è sempre necessario 'fare famiglia', e non lasciare mai nessuno solo, specie se è debole e indifeso». Così monsignor Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, commenta la morte ieri a Bologna, dove viveva accudita dal papà Romano, di Cristina Magrini, la donna che da ben 38 anni era in stato di «minima coscienza».
I funerali saranno sabato a Villa Pallavicini. Zuppi non ci sarà per precedenti impegni, ma manderà un messaggio. Un periodo lunghissimo, quello vissuto da Cristina in stato di minima coscienza: si trovava infatti priva di coscienza da quando aveva 15 anni, dal 18 novembre 1981, quando a Bologna venne investita sotto casa «mentre, sulle strisce pedonali, correva dalla mamma a raccontarle che aveva preso un bel voto», ricordava con immenso dolore il papà.
La mamma Franca Gandolfi è morta nel 1992, stroncata da un tumore ad appena 54 anni. Da allora Romano è rimasto solo ad accudire la figlia. Con lei e la moglie si trasferì nel 1984 a Pioppe di Salvaro (Grizzana Morandi) e nel ’91 a Sarzana (La Spezia). Poi Cristina e Romano hanno trovato la loro casa al Villaggio della Speranza di Bologna, nel complesso di Villa Pallavicini. Qui hanno trovato l’affetto e il sostegno dei direttori – prima monsignor Antonio Allori e oggi don Massimo Vacchetti – e dei tanti volontari che si sono alternati attorno a Cristina e che hanno costituito un’associazione onlus a suo nome, «Insieme per Cristina» pubblicando un libro su di lei e sui tanti che vivono in stato di minima coscienza («E se mi risvegliassi domani?»). Qui Zuppi ha visitato più volte Cristina, a cominciare dal giorno dell’ingresso in diocesi, nel 2015.
Nonostante le condizioni della figlia, suo padre ha sempre detto no a soluzioni di morte: «Fino a quando le forze mi sosterranno – disse nel 2009 –, preferisco stare dietro a Cristina piuttosto che portarle i fiori sulla tomba». E proprio Romano, racconta Gianluigi Poggi, presidente di «Insieme per Cristina», «l’ha voluta di nuovo con sé, dopo che era stata per due settimane in una clinica privata. Poi sono sopravvenuti problemi ed è stata ricoverata in ospedale, dove è deceduta». «Cristina – prosegue Poggi – con la sua esistenza ha dimostrato che la vita va vissuta comunque, perché è un dono di Dio che nessuno può togliere. Nel suo nome continueremo a sostenere tutte le persone come lei e i loro eroici congiunti, troppo spesso lasciati soli».