martedì 9 novembre 2021
Provette per la fecondazione artificiale scambiate, gravidanze incrociate, figli da riconsegnare. E una vertenza giudiziaria. Si ripropone negli Usa un caso già accaduto in Italia. Con esiti diversi
Scambio di embrioni in provetta, due coppie si "restituiscono" i neonati
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È uno degli errori collaterali possibili con il ricorso alla tecnica della fecondazione in vitro per avere figli : lo scambio degli embrioni in provetta, col successivo impianto nel grembo del figlio biologico di un’altra coppia che, a sua volta, porta avanti la gravidanza del figlio della prima. Il tutto nell’ovvia inconsapevolezza di entrambe, almeno fino alla nascita – se i tratti somatici fanno sorgere subito qualche sospetto – o anche oltre.
È il colore della pelle che ha fatto insospettire Daphne Cardinale e suo marito Alexander quando, nel settembre 2019, la donna ha partorito una bimba concepita in provetta che non assomigliava per nulla a nessuno dei due per la sua carnagione scura. L’esame del Dna ha confermato il sospetto: non era la loro bambina. È accaduto in California, con la coppia che si è messa sulle tracce della figlia genetica, certa che si trattasse di uno scambio di provette e dei relativi embrioni.

Trovata la coppia che aveva partorito la loro bambina una settimana dopo, i quattro genitori hanno avviato le pratiche legali per scambiarsi le figlie. Un’operazione con la quale gli altri due hanno preferito chiudere la già dolorosissima faccenda, mentre Daphne e Alexander hanno avviato una battaglia giudiziaria contro il California Center for Reproductive Health di Los Angeles e il laboratorio In VitroTech Labs, accusati di negligenza medica e occultamento fraudolento. Le dichiarazioni di Daphne ai media americani sono lo specchio del dolore che possono provocare queste situazioni create dall’industria della procreazione artificiale: «I nostri ricordi del parto saranno per sempre rovinati dalla realtà che la nostra bambina biologica è stata data a qualcun altro – è il grido della mamma californiana durante una conferenza stampa –, la bambina che ho combattuto per mettere al mondo non era mia. Sono stata derubata della capacità di portare in grembo mia figlia. La sofferenza e la confusione della mia famiglia non possono essere sottovalutate: invece di allattare mia figlia, ho allattato e stretto un legame con una bambina che poi sono stata costretta a lasciare». Non bastasse questa ferita, si è aggiunta anche quella della figlia maggiore, sette anni, che si è vista "cambiare" sorella, come fosse un animale domestico. Ora i due genitori sono in cura per «sintomi da ansia, depressione e disturbo da stress post-traumatico». L’eco della vicenda avrebbe convinto anche l’altra coppia protagonista di questa storia a sporgere denuncia.

La vicenda ricorda il caso accaduto nel 2014 all’Ospedale Pertini di Roma, dove uno scambio di embrioni fece avviare una gravidanza gemellare a una coppia che si accorse dell’errore prima del parto. L’altra coppia, intanto, aveva perso il bambino non suo, come purtroppo accade nei casi di maternità in provetta assai più spesso che in quella naturale. Il caso sfociò in una vertenza giudiziaria al termine della quale il Tribunale di Roma decise di lasciare i gemelli alla mamma che li aveva condotti sino al parto applicando la legge nella quale è previsto che è madre colei che partorisce i bambini (argomento peraltro decisivo contro la maternità surrogata).

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